mercoledì 29 ottobre 2014

L'angolo dell'allenatore



Da questa visita vorrei iniziare a concludere le mie “memorie”, i miei racconti di viaggio, con delle brevi riflessioni esclusivamente tecniche, relative al lavoro sul campo, alle proposte realizzate e ai diversi “stili” di calcio che incontro nel mondo.
E qui, in occasione di questa missione, si toccano sempre due mondi diversi, due stili diversi, pur calpestando la stessa terra. Da un lato, quello israeliano, l’allenamento è impostato in maniera molto severa, rigida, quasi militaresca: partono subito con la palla, per quel che abbiamo visto anche nelle esperienza con i professionisti del Maccabi, ma non seguono un solo obiettivo nel corso della seduta, passando spesso da esercitazioni dedicate a un gesto, ad altre dedicate a un altro e prediligono proposte analitiche, senza grande cura degli aspetti ludici, del divertimento puro. Il loro punto di partenza è “il bambino con la palla si diverte a prescindere”, quindi non si curano di proporre gare, sfide, competizioni, non partecipano “emotivamente” all’allenamento, non sono in campo coi bimbi. Propongono, esercitazioni anche belle e interessanti, ma è raro vedere uno dei loro piccoli giocatori sorridere e manifestare quel divertimento dato per scontato per via della presenza della sfera magica. Questo loro “proporre da fuori” rende gli allenamenti un po’ sotto ritmo, con scarse intensità, e il fatto di privilegiare esercitazioni analitiche limita un po’ la capacità dei giocatori di imparare a risolvere situazioni di gioco, problemi con cui si trovano a fare i conti durante la partita.
Dall’altra parte del Paese, invece…è un gran casino! L’allenamento si svolge spesso con più di 20 bambini insieme, senza materiale, palloni che si contano sulla punta delle dita di una mano, e si limita, per quel che abbiamo visto in questi anni, ad un riscaldamento “classico”, ossia delle gran corse intorno al campo, con della gran mobilizzazione stile Valcareggi, seguito da un’esercitazione per lo più analitica poco definita e strutturata per via della carenza di materiale, con file chilometriche, e si conclude con la partita. Anche quando eravamo a Nazareth, la struttura era più o meno questa e anche li la disciplina dei ragazzi lasciava un po’ a desiderare.
In questi due contesti tanto diversi abbiamo quindi cercato nel corso delle missioni di portare da una parte il divertimento, proponendo esercitazioni iniziali molto ludiche, legate al consolidamento degli schemi motori di base o allo sviluppo delle capacità coordinative, e lavorando prevalentemente sui gesti tecnici, mentre dall’altra l’ordine, proponendo in maniera anche piuttosto rigida sedute di allenamento divise nelle nostre classiche quattro fasi, limitando al massimo i tempi morti e cercando sempre il massimo coinvolgimento dei giocatori nel corso dell’ora e mezza loro dedicata. E infatti si esce dal campo distrutti, perché…ci si allena insieme a loro tutte le volte, per raggiungere i nostri obiettivi. Ma ne vale sempre la pena!

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