giovedì 25 settembre 2014

Altre immagini sulla via del ritorno

 Piccoli ganassa crescono.

L'emozione per la maglia è sempre la stessa, da tutte le parti!!!


Non so se si legge bene, ma mi sembra chiaro il messaggio...


Non sudo mai...

martedì 23 settembre 2014

El me meste'!

Cochabamba giorno 5

Posso vivere sempre così? Mi basterebbe solo aver Silvia con me, poi sarei completo! Sveglia presto, allenamento, doccia e in campo con i bambini fino a mezzogiorno; pausa pranzo e nel pomeriggio si torna in campo per poi alla sera giocare la partita con gli allenatori (se poi gioco sempre come ieri sera è ancora più divertente…o no, Ciccio??? Sul campo c’è ancora la buca dove sei caduto!!!). Spettacolo!!! Niente sveglia controvoglia, nebbia, freddo, treno stile carro bestiame con mille persone…”in un minuscolo spazio vitale”; niente ufficio…e qui mi fermo; niente genitori dei bimbi della scuola calcio che parlano e si lamentano per ogni cosa, senza senso e con arrogante ignoranza (l’ultima: genitore di un 2006, che dalla tribuna in occasione dell’ultima partita, che è stata anche la prima dell’anno, urlava che nella nostra squadra manca un incontrista…la, dove si gioca a 5, dove si hanno 9 anni, dove ancora non si conosce il proprio corpo e non si sa bene come muoverlo, figuriamoci con un pallone da inseguire, controllare, calciare…già, la, servirebbe un incontrista…),;niente di tutto ciò che non mi piace quando sono a casa. Niente. Perché quando sono in giro le giornate sono intense, arrivo a sera che sono un cadavere, provato fisicamente, emotivamente e mentalmente, ma cacchio sono giornate che ruotano totalmente intorno al calcio, all’allenamento, a ciò che più mi piace e che più mi riesce di fare, senza distrazioni esterne, senza sciocchezze che portano nubi nella serenità dei miei giorni, senza banalità rese importanti eventi che mi intralciano nella sostenuta corsa quotidiana. Naaa, niente di tutto questo: qui e ovunque nel mondo in neroazzurro i problemi sono veri, reali e grandi, grandissimi, per tutte le persone che incontro e io/noi, col nostro lavoro sul campo cerchiamo di affrontare questi problemi non certo con la presunzione di risolverli, ma con l’entusiasmo e la determinazione per cercare, per lo meno, di alleviarli, di ridurre la loro pressione sulle schiene dei nostri bambini. E questo mi è sufficiente per stare sempre bene. Magari non ci si riesce, magari non è con l’allenamento che posso veramente aiutare questo o quel bambino, questo che non ha i soldi per pagarsi la scuola, o quello che a casa subisce le violenze del sempre ubriaco padre; ma ci si prova, ci si butta con tutte le nostre forze in campo e si tenta di dare al primo qualche nozione extra calcistica che possa aiutarlo anche al di fuori del rettangolo verde e al secondo un posto di serenità, gioia e spensieratezza ove stare, lontano dalle mura di casa. Ripeto, non ho la presunzione di credere che il gioco del calcio sia la panacea di tutti i mali e con il mio allenamento posso garantire la risoluzione di tutti i problemi, così come non credo di essere madre teresa di calcutta in calzoncini e maglia da allenamento, però ci provo, ci proviamo. E mi piace da matti provarci.
Per questo poi mi scaldo quando incontro gli allenatori in aula e faccio loro formazione: vado in tanche agonistica, parlo per ore con gli occhi a volte “spaventati” dei vari mister puntati addosso, togliendo la parola ai miei partner (cazzo, mi ero ripromesso di lasciar parlare solo Gabri, ma anche questa volta ho fallito…): perché sono convinto che anche se poco, almeno faccio qualcosa e quel poco che so e so fare, voglio condividerlo con più persone possibile, come me amanti del calcio, come me sportive e come me convinte che questo sia il vero sport calcio e questo sia lo strumento educativo principe, dal quale tutto può partire. Piutost che nigot l’è mei piutost e quindi…sotto con gli allenamenti!

lunedì 22 settembre 2014

Immagini Cochabambine





Il sabato al carcere

IL SABATO NEL CARCERE

La giornata inizia presto quest’oggi: c’è da andare in carcere a prendere i bambini con i quali da due anni giochiamo, grazie all’opera di Massimo Casari e al suo progetto. Bambini-carcere? Strano connubio, vero, ma fatemi spiegare. Da queste parti c’è “l’usanza” di costringere in carcere anche i figli dei detenuti, mamma o papà che siano se non entrambi, chiudendoli in queste strutture sovraffollate di delinquenti di ogni genere, per tutto il giorno, tutti i giorni, togliendoli così il diritto al gioco e la possibilità…di essere bambini. Sovraffollate perché nella struttura dove siamo andati, San Sebastiano, così come nelle altre dove però io non sono stato, le persone “ospitate” sono 700, laddove sarebbe possibile contenerne 150!!! Che folla quando siamo entrati: nel piazzale di ingresso sembrava di essere nella piazza del paese, con gente ovunque; chi camminava, chi mangiava seduto ai tavoli messi per le visite, chi in piedi, appoggiato alle colonne a perder tempo. E intorno a loro, sopra di loro, nei piani superiori, fuori dalle celle, altre centinaia di persone a guardare, a parlare, a ciondolare, a…perder tempo! Caspita, si respirava proprio la noia, l’apatia, la lentezza dello scorrere delle ore in quel posto e il pensiero immediato camminando tra quelle persone sia mio che di Gabri è volato proprio ai bambini, che li dentro devono passare le loro giornate. Che palle!!! Nulla da fare e troppo poco spazio per inventarsi qualsiasi cosa. Fortuna loro due anni fa una suora che lavora all’interno di queste strutture e attua mille progetti per il benessere di questi bambini, ha incontrato la foundacion Casari, nostra partner, e con loro ha iniziato a organizzare un’uscita settimanale per una cinquantina di bambini, il sabato: maglia neroazzurra addosso e via, insieme a noi, quando ci siamo, e ai nostri mister, Thomas su tutti, per provare a tornare per un paio d’ore veri e propri bimbi, per giocare a calcio, con noi, a pallavolo, a calcetto o semplicemente per lanciarsi dallo scivolo, rincorrersi e…giocare! Bello, bella giornata, anche se…anche se credo si possa fare di più, o meglio che noi possiamo fare qualcosa di più. Ci limitiamo a organizzare partitelle, torneini, ma in fin dei conti non lasciamo loro qualcosa in più. Non sono pienamente soddisfatto. Mi sono divertito, per carità, i bambini erano contenti e sono andati via felici, per quel che mi è parso, ma potevo fare di più: dobbiamo organizzare meglio queste giornate, per lo meno quando ci siamo, e fare in modo che queste ore non siano solo gioco libero, ma gioco utile per raggiungere qualcosa in più del semplice divertimento. Ripeto, è già tanto ed è bellissimo quello che si fa, ma si può fare di più. Vedremo. Anzi, ci lavoreremo.
Al termine della giornata, riaccompagnamo i bambini nel centro rieducativo dei genitori con il “nuovissimo” pulmino messo a disposizione dalla fondazione, che ospitava bimbi da tutte le parti, in ogni angolo, su ogni sedile…con il portone aperto (spettacolo. Per un attimo mi è sembrata l’ Africa), contenti e felici, con le loro belle maglie e con il pensiero già rivolto a sabato prossimo.

sabato 20 settembre 2014

Incontri Boliviani

GIORNATE DI 48ORE.

Sarà l’altura, sarà l’entusiasmo contagiante del viaggio, sarà la consapevolezza di una pancia importante, ma oggi Gabri si è allenato! Spettacolo! Son proprio contento: finito il doppio allenamento con i bambini ci cambiamo e, lui in campo io fuori, abbiamo iniziato le nostre corse, concluse insieme con un piccolo lavoro di forza. Grande ciccio! E non contento si è lasciato anche consigliare per il pranzo e a cena ha mangiato bene: avanti così. Correre a queste altezze non è facile, si fa fatica a respirare in affanno e si recupera con più difficoltà, per cui il suo sforzo di oggi è doppio. Ora però lo aspetto al varco, o meglio domani mattina lo aspetto con le scarpe da corsa ai piedi…vediamo.
Ciccio a parte, la giornata che si va concludendo è stata una lunga, intensa e bellissima giornata. Allenamenti mattina e pomeriggio con i bambini divertenti e sempre utili, a mio modo di vedere, per noi e per loro, ma soprattutto in mezzo, tra una seduta e l’altra, oltreché dopo, incontri con gente speciale, con italiani fuggiti dal nostro paese anni fa per donare la propria vita agli altri, con ragazzi (una volta ragazzi) che mi trasmettono sempre qualcosa, che hanno tanto da insegnarmi e tanto da raccontarmi, che ammiro, anche solo per la coraggiosa scelta di vita affrontata e per la devozione che mettono nel perseguire il proprio obiettivo di vita. Persone che ho avuto l’opportunità di incontrare in questo mio personalissimo pellegrinaggio in neroazzurro, lontani anni luce dai classici, e ahimè numerosi, volontari italiani “gratta cu” che incontri in giro per il mondo; questi ragazzi non sono i classici fricchettoni con problemi a casa che partono per un’esperienza all’estero portando con se tutte le problematiche e riversandole nel posto già pieno di casini ove teoricamente sarebbero presenti per aiutare. No, no, niente a che vedere con quei baget! Questi di cui parlo sono coloro i quali un bel giorno hanno deciso di abbandonare la propria esistenza, magari positivamente avviata, per tuffarsi in qualche buco di culo del mondo e non uscirne più, per mettere la propria vita nelle mani degli altri, bisognosi e in difficoltà, e sacrificarla in toto. Uno di questi, l’ultimo in ordine di apparizione nel libro della mia vita,  è sicuramente Danilo: bergamasco puro e semplice, tagliat giò cul falciot, che quasi trent’anni fa si è trasferito qui a Cochabamba per far qualcosa per gli altri e che oggi gestisce una associazione che accoglie nelle proprie case bambini, ragazzi, adulti con ritardi mentali più o meno conclamati, e che dona a tutti questi altrimenti derelitti una possibilità, una chance da giocarsi sul tavolo della vita. 24 ore su 24, 7 giorni su sette, 365 giorni l’anno: la casa di Danilo è sempre aperta, pronta ad accogliere un altro emarginato, un altro caso disperato e lui è sempre a disposizione di tutti. Non conosce vacanza, non conosce pausa... e quando si lavora con ragazzi "speciali” non staccare mai vuol dire impazzire, eppure si tiene botta. Un incontro veloce nel pomeriggio il nostro, dopo allenamento, direttamente alla casa, insieme a tutti i “suoi” ragazzi, per poi rivedersi un po’ più tempo la sera, chiacchierare e chiedere un po’ di lui e della sua lunga esperienza boliviana, quindi la mia è più che altro una prima impressione, una sensazione, derivata da ciò che mi ha raccontato e da ciò che a pelle, a naso, mi ha trasmesso, ma per me è già un altro Stefano, un altro Marco, un altro Chicco, un altro dei miei incontri positivi nel pellegrinaggio neroazzurro.  

venerdì 19 settembre 2014

Si comincia

SI PARTE SUBITO IN QUINTA!!!

Arrivati! Ore 7, eccomi finalmente sbarcare all’aeroporto di Cochabamba, ore 13 italiane…buono, direi! Considerato che sono in ballo dalle 12:15 di ieri, non male. Deve essere per questo motivo che mi sento un po’ in coma, come se mi fossi svegliato nel mezzo della notte per andare a far pipì; la sensazione è la stessa. Ma l’emozione di tornare in questa parte di mondo è più forte della stanchezza e dopo aver rivisto e salutato con piacere Massimo Casari, il nostro referente locale, e lasciato lo zaino oltre a quel pigro sovrappeso di Gabri in Hotel, mi tuffo per strada per un bell’allenamento rigenerante. In programma ho 20’ di corsa continua cercando di stare sotto i 4 al km…in programma! Già, perché la realtà vuole che la città sia dentro una valle a 2700 metri di altitudine, attraversata dalla cordillera de Cochabamba, che forma la parte orientale della Cordillera del Tunari e quindi risulta splendidamente ornata dalle sue gigantesche montagne, abbarbicata sulle pendici di questi giganti scuri, rendendo così ogni strada, ogni via, ogni spazio per correre inevitabilmente in atroce pendenza. E che pendenza! Uscito dall’hotel inizio subito la mia “scalata, puntando una strada in cima apparentemente, secondo quello che ho sbirciato con google earth, isolata e pianeggiante, ma per raggiungerla metto subito a dura prova la mia forza di volontà: l’altitudine e l’impervio percorso mi sfiancano in breve, ma…l’obiettivo è lassù, dove voglio partire. Non sufficientemente provati dai gradi delle salite che devo affrontare, la mia frequenza cardiaca e il mio passo sono ulteriormente stimolati dai numerosissimi randagi che girano per le strade in cerca di rumenta umana con cui sfamarsi, incuriositi e un po’ infastiditi dalla mia presenza, che mi guardano, mi abbaiano e alcuni mi rincorrono anche, costringendomi ad accelerazioni o a cambi di direzione improvvisi, utili per l’allenamento, un po’ meno per la mia tranquillità. Nonostante tutto, comunque, i 4 al km sono mantenuti per tutta la durata dell’allenamento come richiesto (4.03 a dir la verità fino in fondo) e soddisfatto e contento rientro in hotel per svegliare ciccio, avvolto nelle lenzuola, e preparare la seduta di allenamento pomeridiana. Alle 15 infatti arriva Massimo a prenderci e dopo un piccolo salto nel passato, per me, col saluto fatto al centro, dove torno dopo 4 anni, eccoci in campo: questi non è più quella distesa di sassi e ghiaia dove abbiamo avviato il progetto, ma è diventato uno splendido e sicuro sintetico posto un po’ più centralmente rispetto alla città, capace così di attirare molti più bambini e evitare infortuni e problemi vari. Su questo morbido manto diamo vita a tre allenamenti per i tre gruppi di bambini coinvolti ogni pomeriggio nelle attività sportive inter campus, al termine dei quali…sono a pezzi!!! Altro che cena: io voglio dormire adesso!!! Ma tengo duro, anche se solo per un paio d’ore, ma ora…la penna crolla. E io con lei. Buona notte!

giovedì 18 settembre 2014

Dall'alto...

si ringrazia Annalisa per le foto...




Cochabamba!

Bolivia 2014.

Dopo una sosta record a casa, finalmente si torna in viaggio! Finalmente!
Si, si, non ce la facevo più a starmene a casa e posso essere apertamente sincero senza temere ritorsioni “silviesche”, tanto so che non legge quasi mai il blog. Si, certo, a Villasanta sei tranquillo, con Silvia tutti i giorni, senza limitare il tuo rapporto con la moglie ad una chiamata telefonica serale e a un paio di sms quotidiani; si, va bene, quando sei a casa riesci a seguire con attenzione le attività in Calva, in questo caso l’inizio delle attività della stagione,  senza affidare agli altri misters i tuoi compiti, intervenendo subito in campo in caso di bisogno, senza rimandare le cose a quando rientri a casa; si, si, ok, se non viaggi controlli personalmente la crescita dei tuoi ’98, tari i tuoi interventi giorno dopo giorno, sulla base dei segnali che ti lanciano allenamento dopo allenamento, senza dover ricorrere ad altri occhi (quest’anno quelli di Davide) validi come i miei, magari di più, ma…non miei; caspita, riconosco poi che stare sempre a casa ti permette di allenarti quotidianamente come nemmeno quando giocavi facevi, di giocare con costanza e di massacrare Lillo a tennis con continuità, ma…ma io ho bisogno di viaggiare, di allenarmi ad altre latitudini, di allenare altri bambini, gialli, neri o mulatti che siano, di adattarmi a situazioni sempre nuove e diverse dalle classiche “routinarie” e quotidiane, di muovermi e cambiare spesso orizzonti. La distanza da Silvia, poi, mi sembra sempre rigenerante, rinfrescante: sia chiaro, non che mi annoi, mi stufi  a vivere con lei quotidianamente e abbia bisogno di andarmene per potermi liberare di qualche peso, anzi, abbiamo passato questo mese insieme senza sosta alla grandissima, vivendo da coppia “classica” la nostra vita con grande entusiasmo, ma l’allontanamento da lei, per quanto ogni volta più difficile, mi piace, perché lo vivo come un azzeramento, è un evitare la caduta nella banale routine, nella ripetitività delle cose, è un mezzo per rendermi conto di certe sue, nostre, peculiarità, fantastiche caratteristiche, che altrimenti dopo un po’ smetterei di notare perché assuefatto, abituato; il mio ritorno a casa è sempre un rinnovamento, è sempre un nuovo inizio e anche questa cosa mi piace da matti nella mia vita. Cresciamo giorno dopo giorno insieme e i miei viaggi cementano, aereo dopo aereo, la nostra unione, come mai avrei pensato prima di quel 16 settembre di tre anni fa. 
Insomma, mi piace tantissimo la mia vita, quello che faccio e come per tutti, quando una cosa che ti piace ti manca per lungo tempo, ne senti la mancanza e non vedi l’ora che torni. E ora, seduto sul sedile di questo aereo un po’ sgarrupato della BOA (Boliviana de Aviacion), diretto a Cochabamba, con ancora davanti 18 ore di viaggio, sono felice! 
Mi aspettano 7 giorni intensi, in campo coi nostri bambini e nel carcere dove abbiamo attivato il progetto con i figli dei detenuti, costretti in minuscole celle per le colpe dei genitori, con Massimo che non vedo da più di tre anni, ossia dall’ultima mia visita a Cochabamba (era l’agosto del 2010: mi ricordo che avevamo finito l’allenamento proprio quando a Monaco l’Inter perdeva la supercoppa europea con Benitez in panchina, dopo il trionfo di Madrid) e con i nostri allenatori, curioso di vedere e capire come e quanto sono migliorati. 
Via, allora, alla grande: il terzo viaggio della stagione 2014/15 ha inizio sotto i migliori auspici.