sabato 8 aprile 2017

A San Isidro

SAN ISIDRO
Era da un po’ che non mi divertivo così tanto in campo con i piccoli, come è successo oggi:  nel “nostro” barrio, con i “nostri” bimbi di 8-9 anni, l’entusiasmo, la partecipazione collettiva, l’attenzione, la voglia di giocare di tutti e 28 i bimbi coinvolti  hanno fatto si che tutto l’allenamento si sviluppasse con semplicità e intensità, facendomi volare letteralmente tra le mani i novanta minuti di seduta. Bimbi e bimbe da subito affamati (ahimè anche letteralmente affamati: qui non c’è nemmeno da mangiare nei supermercati e la’ dove ancora si trova qualcosa, il prezzo esagerato rende inaccessibile ai più qualsiasi bene di prima necessità) di calcio, di divertimento e di apprendimento, hanno appiccicato i loro occhi su me e il prof dal primo minuto e hanno ascoltato e applicato ogni nostro suggerimento, ogni nostra correzione, tra risate, grida di entusiasmo e incitamento per i compagni e salti (veramente salti: i bimbi che aspettavano il loro turno saltellavano in attesa!) di gioia. Bellissimo. Finita la seduta ero stanchissimo, ma allo stesso tempo contentissimo per quel che si era da poco concluso. La palla, quella palla, si è rivelata una volta di più magica ed è stata capace anche qui, in questa situazione al limite della catastrofe, di portare spensieratezza e gioia, allontanando i bambini da tutti i problemi che quotidianamente devono affrontare. Il paese sta sprofondando, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, in una crisi sempre più nera, crisi economica e sociale, che coinvolge, ovviamente, soprattutto quella gente che già normalmente è relegata ai margini della società e che ora sta annaspando, boccheggiando, cercando di sopravvivere, vivendo alla giornata. “Oggi no, non ho ancora mangiato”, “un bel piatto di riso, ma solo ieri, perché oggi non ne ho più”, sono alcune delle risposte che ti danno se domandi loro se hanno pranzato prima di scendere in campo. E sembra non ci sia via di scampo: i politici stanno lottando per mantenere il comando tanto che il presidente dopo aver promulgato una legge che di fatto toglie ogni potere all’opposizione, in maggioranza, per accentrarlo su di se, promuovendo nemmeno troppo velatamente una sorta di dittatura, sta ora reprimendo con la forza le proteste che ogni giorno portano per strada milioni di persone, bloccando, paralizzando la città, alimentando così il malcontento della gente, ma soprattutto impedendo al governo di cercare una soluzione, degli interventi validi, efficaci, per provare a risollevare l’economia del paese e ridare così ossigeno ai cittadini più poveri. È una situazione, quella che sto conoscendo, realmente drammatica: padri di famiglia che non riescono a portare a casa cibo per i propri figli, perchè non ci sono scorte ai supermercati e perché non hanno soldi sufficienti; intere famiglie che scappano, emigrano in colombia, alla ricerca di una situazione migliore, spingendo così le autorità di Bogotà a chiudere i confini, vista l’enorme massa di gente; persone che cercano quotidianamente al mercato nero prodotti di base come riso o farina, giunti oggi a costare quasi sei volte di più, rispetto a soli sei mesi fa, quando eravamo qui l’ultima volta. E ogni tanto la testa si sgombra, si libera e si torna a sorridere, inseguendo quella palla. Ma è veramente troppo poco.