mercoledì 29 febbraio 2012

Congo's pictures...



Congo, Lubumbashi, 27 febbraio

Tutto ciò che inizia, prima o poi finsce, e questa ennesima, grandiosa esperienza, non è da meno. Si parte quindi per affrontare una vera e propria Odissea, visto che da Lubumbashi andremo a Lilongwe, da li ad Adis Ababa, dove ci fermeremo 4 ore, dalla capitale Etiope ci muoveremo verso Roma, per poi finalemente arrivare a Milano! Infinito! Avrò così modo e tempo di elaborare tutte le emozioni e i pensieri che ora rimangono un po' confusi nella mia testa e nel mio cuore, per cercare di spingerli fuori dalle mie dita e trasmetterli attraverso la tastiera, su questo diario virtuale.
Ma ora si parte...

lunedì 27 febbraio 2012

Congo Lubumbashi, 26 febbraio

 Torneo! bambini e bambine uniti sotto un'unica maglia, scatenati sui campi fangosi, gibbosi, sconnessi, eppure immensamente magici, con palloni o troppo duri per esser calciati a piedi nudi, o troppo molli da colpire con le ciabatte ( guai poi a chiedere ai bambini in ciabatte di levarsele per giocare!), circondati da migliaia e migliaia di curiosi, sorpresi nel vedere tante maglie neroazzurre e divertiti nell'assistere ad ingressi in campo "ufficiali", con annesse strette di mano e saluto al pubblico, per ore e ore ininterrotte di calcio, senza mai vincitori, ne vinti, ma solo un entusiasmo ed un divertimento diffuso, contagioso. Torneo...in ogni posto l'atmosfera che si respira e la magia che si ricrea e' sempre questa, anche se cambia paesaggio, clima, colore dei bambini e della gente che mi sta attorno, così come cambia l'approccio, l'atteggiamento degli stessi nei confronti di questo evento, a seconda della cultura dominante, dell'educazione dei nostri giovani calciatori. Nient'altro, a mio parere, come il momento del torneo, mi da informazioni importanti sui bambini, sugli allenatori, non unicamente dal punto di vista tecnico, ma soprattutto educativo/comportamentale; nessun altro momento trascorso con loro mi aiuta così tanto a capire, o meglio a farmi un'idea, delle persone con le quali vivo queste esperienze. Durante la seduta di allenamento infatti, il bambino e' concentrato a capirmi, a mettere in pratica ciò che gli chiedo, a giocare, certo, ma secondo regole, modalità da me proposte, quindi il suo "essere" viene limitato, viene in un certo senso imbrigliato e quindi non si manifesta nella sua più sincera totalità; in partita, invece, durante il torneo, il bambino ha poche regole  e subisce pochi interventi correttivi da parte mia, quindi e' più se stesso, e' più vero, per cui riesco ad osservare chi, all'interno del gruppo, spicca per personalità, chi e' il più timido, chi e' il più curioso, chi accetta gli altri e chi vuole sempre sopravanzarli, chi e' più egoista, chi invece e' capace di aiutare anche gli altri...insomma, nei tornei si capiscono un sacco di cose, per questo sono importantissimi e per questo mi piace chiudere le trasferte in questo modo. E oggi la giornata e' stata dedicata proprio al torneo.  Oggi un po' particolare, perché la presenza di Franco, il fotografo, ha un po' cambiato le cose, pur mantenendo intatta la sostanza; ha cambiato un po' le cose, perché il desiderio di apparire, di farsi fotografare, di farsi vedere e potersi mostrare e' grande in tutti e questa cosa condiziona gli atteggiamenti, le azioni, falsando sempre un po' il tutto, facendomi perdere il gusto per l'autenticità, la purezza di cui son sempre a caccia e, non posso nasconderlo, facendomi un po' arrabbiare. Ma mi basta allontanarmi dal contesto, entrare per un attimo in una realtà vicina fisicamente, ma lontana concettualmente, da quella condizionata dall'apparecchio fotografico, che ecco ritornare tutto alla normalità e farmi entrare un po' più in contatto con il mondo sul quale vivo. Oggi mi e' bastato allontanarmi di poco dai campi e sedermi su di un prato, per osservare l'andirivieni della gente del villaggio, della zona di Baganja; li, seduto, ho attirato immediatamente l'attenzione di un paio di ragazzi, che mi si sono avvicinati chiamandomi Mzungo e chiedendomi chi le scarpe, chi la maglia, chi l'orologio. Mi son messo così a parlar con loro, chiedendo il perché delle loro continue richieste e cercando di mitigare un po' la distorta idea di mzungo che quasi tutti sembrano coltivare nel continente nero e che loro mostravano di condividere con tante altre persone che ho incontrato, attraverso le loro continue richieste; ho iniziato quindi a  discutere con loro, dicendo che invece di chiedere sempre e passare il tempo ad aspettare che qualche bianco regali loro qualcosa, potrebbero rimboccarsi le maniche, impegnarsi in qualcosa e trovare da soli il modo di ottenere cio' che cercano, senza dipendere sempre da questo maledetto uomo bianco che tanto male ha generato e continua a generare. Uno di loro, mi ha interrotto, ad un certo punto e mi ha detto: " e' impossibile quello che dici: i mzungo ci hanno sempre dato tutto, perché noi non abbiamo la vostra saggezza, la vostra cultura. Noi siamo diversi da voi"...Ho cercato quindi di capire in che modo, secondo lui, fossimo diversi e il dibattito si e' acceso, coinvolgendo altri ragazzi, ognuno con la propria, seppur identica, idea distorta, o meglio idea creata dal bianco, secondo cui il mzungo regala e loro possono solo ricevere. Certo, questa visione non e' di tutti, ho trovato persone che la vedono molto diversamente e altre che l'aiuto del bianco lo considerano un offesa, ma tanti, troppi ragazzi, mi hanno manifestato questa loro visione. Purtroppo il mio pellegrinaggio interculturale si e' presto interrotto, a causa del richiamo degli altri per andare a pranzo, in un posto da mzungo, per riprendere nel pomeriggio, quando siamo andati ad un mercato di oggetti artigianali, maschere, batik, bastoni e altro, cui non ero interessato, ma che, come sempre, mi danno l'occasione di incontrare gente. Questa volta il mio incontro e' stato con Pauline, "artista" e pastore della chiesa evangelista, col quale ho parlato nuovamente di questa idea distorta della realtà, così diffusa tra i giovani e non. Essendo poi Pauline impegnato come allenatore di un gruppo di ragazzi aiutati, seguiti dalla sua chiesa, la cosa si e' rivelata ancor più interessante, perché attraverso lo stesso strumento educativo, possiamo intervenire, educare, ragazzi e ragazze in condizioni "particolari" e magari mitigare un po' questa visione delle cose, considerando che anche lui era d'accordo con me sulla questione. Il tempo, ahime', si e' dimostrato tiranno anche in questa occasione e il richiamo a salire in macchina ha interrotto nuovamente le mie "indagini", lasciandomi comunque spunti interessanti di riflessione fino al mio prossimo ritorno in Africa. Purtroppo non tanto prossimo, perché prima ho Brasile e Cuba...purtroppo! che vita fantastica. Se solo potessi portarmi Silvia sempre in giro sarebbe perfetta!

domenica 26 febbraio 2012

Congo Lumumbashi, 25 febbraio

...e infatti, rieccoci qui. ore 8 pronti, colazione lampo e via in macchina con il già mitico Stephane, direzione aeroporto, per prendere Franco e tuffarci insieme in questa giornata di fotografie. Purtroppo pero' non avevamo fatto i conti con la Kenya Airway, perennemente in ritardo, e così insieme ai bambini convocati per le foto, abbiam dovuto aspettare due ore e mezza l'arrivo del tanto agognato aereo, il quale, toccata terra, ha pensato bene di non sputar fuori il bagaglio celato in pancia, lasciandoci così un'altra ora in speranzosa attesa. inutilmente, perche' scopriamo presto grazie a polydore che solo domani il bagaglio si unira' al suo propietario. Che palle! se c'e' una cosa che odio e' buttare via il tempo senza nulla da fare; altro che africano! Anyway, alle 13 finalmente si parte, direzione montagna della Jacamina! Un enorme e altissima montagna, si stimano le 2500 tonnellate di  peso, composta di cio' che fino a vent'anni fa veniva considerato scarto dell'estrazione del rame e che oggi invece viene riutilizzato per produrre, o meglio estrarre, zinco e cobalto; lei e' la nostra meta, dove far sbarcare i nostri piccoli amici neroazzurri per fare le foto necessarie per il libro dedicato ai 15 anni di Inter Campus. In questo paesaggio quasi lunare, su questa terra nera, dominante, in ogni dove, Franco da libero sfogo alla sua fantasia artistica e ottiene in breve tempo ciò che cercava. Io intanto, mentre il fotografo professionista da fondo alla sua vena artistica, gironzolo per la montagna e scopro che dietro di essa si sviluppa una vera e propria città, fatiscente e sporca come tante altre città africane, ma una città. Che stranezza! Per me vedere questa immensità nera, fonte di enormi ricchezze, che nasconde la povertà, la miseria estrema, e' un ossimoro al quale difficilmente riuscirò ad abituarmi, visto che comunque e' esageratamente diffuso. Ottenuto ciò che cercavamo, abbandoniamo dunque il monte nero, alla volta di un'enorme fattoria, posta a circa 30 km dalla città, di propieta' di Moises, governatore del Katanga, nonche presidente del Mazembe, squadra leader non solo in ambito congolese, ma africano in generale. Fattoria questa che si estende a dismisura nella foresta circostante la città, che accoglie zebre, giraffe, impala, kudu...un sacco di animali locali. Un posto mozzafiato, capace di regalarmi l'incontro con una giraffa e con le zebre, come mai prima mi era successo. Anche qui libero sfogo alla vena artistica di Franco che, esauritasi, riporta il fotografo sulla nuda e fredda terra, accompagnato insieme a noi da un acquazzone preoccupante e gelato. Terminata quindi anche questa operazione rientriamo in città per una brevissima sosta, visto che con Gabriele, come sempre da quando siamo qui, decidiamo d andare in palestra, dove trascorriamo le ultime ore che ci separan dalla cena, tra bilancieri, pesi e volontà di far fatica. Serata quindi alla casa degli italiani, dal genovesissimo signor Zunino, console onorario e impegnato in mille e più attività, tra cui la ristorazione appunto, congolese da 25 anni, con ancora un marcatissimo accento, che ci prepara specialità non esattamente africane (risotto coi funghi del monte Beigua...), per una serata tutta italiana, insieme alla scarna comunità tricolore del posto (si contano non più di 50 persone). Tutto  fila via piacevolmente, tra risate e prese in giro con Elio, bergamasco di Lovere, Ernesto, Biellese, Renzo, Novarese principalmente, guardando Milan-Juve, che, vista la bella serata, rimane contagiata dall'atmosfera positiva, risultando anch'essa piacevole.ora branda:sono a pezzi! Domani e' un altro, grande, giorno!

Congo Lumumbashi, 24 febbraio

Svegliarmi alle 6 mi mette sempre un po' di angoscia,  anche se in trasferte africane mi e' capitato più volte di farlo. Questa volta poi la sveglia all'alba e' finalizzata ad una visita ad una fattoria nella brousse, a circa 30 km dalla città, una fattoria che punta a pulire circa mille ettari di foresta per renderla terra coltivabile, per dar da mangiare alla gente del posto e per dar loro, contemporaneamente, lavoro e futuro. Per ora gli ettari puliti e resi terra coltivabile son solo 300, ma già i primi frutti iniziano ad esser colti e con essi sorgono iniziative bellissime oltreché interessanti. La più bella di queste iniziative parallele e' la scuola, all'interno del terreno della fattoria, gestita dagli stessi che hanno ideato il progetto agricolo(un ragazzo di origine iraniana ma trapiantato in congo di soli 23 anni e sua moglie, americana, entrambi di religione Baha) dedicata ai figli dei lavoratori e a tutte le famiglie dei villaggi vicini; scuola che sfrutta un metodo simile a quello montessori, di pedagogia attiva, dunque, che comprende scuola dell'infanzia e scuola primaria, coinvolgendo circa, al momento, 100 bambini dai tre ai 14 anni. La nostra visita e' dedicata proprio a questi bambini, possibili fruitori anche del nostro progetto; aprire una cellula congolese anche qui sarebbe infatti interessante, pur tra mille ostacoli e difficoltà, principalmente di natura logistica, ma anche organizzativa e prettamente tecnica. Ma a noi piacciono le sfide difficili, quindi...si vedrà. Messa in bagaglio questa visita e i relativi, eventuali, sviluppi per Lubumbashi, rientriamo di corsa in città, visto che alle dieci ci aspettano i nostri allenatori per l'ultimo incontro formativo. Arriviamo in fretta e furia e le due ore trascorrono in fretta e soprattutto molto positivamente, con un generale coinvolgimento e una generale partecipazione da parte di tutti e proprio per questo riusciamo a cogliere con maggior precisione le lacune, i lati ancora oscuri della nostra presentazione nelle menti dei nostri mister, consentendoci così un immediato intervento, per schiarire un po' le loro idee ed iniziare così con loro un cammino fondato su basi solide. Son contento. Molto contento. Nel pomeriggio, poi, l'allenamento ci mette a dura prova: numeri imprevisti di bambini e bambine, in assenza quasi totale di materiale creano, per lo meno in me, una iniziale preoccupazione, che svanisce immediatamente quando leggo la noia negli occhi dei bambini che mi fa scattare la molla dell'adattamento inter campus, consentendomi cosi, anzi consentendoci perché anche raffaele si e' trovato nella mia stessa situazione e ha reagito in puro stile inter campus, di dar forma comunque, nonostante tutto, ad un allenamento divertente ed utile ai nostri allenatori. Ancor più contento! Dopo allenamento con Gabri sono andato ad allenarmi alla palestra del Mazembe, per coronare degnamente una giornata lunga, intensa, ma molto positiva. Ora si dorme. Tra poco si riparte!

Congo Lumumbashi, 23 febbraio

Archiviata desolatamente la partita dell'Inter, rieccoci presto in moto, alla volta della scuola st.bernardette, ormai sede ufficiale del seminario inter campus. Solita, emozionante, accoglienza, all'arrivo con un numero smisurato di bimbi neri come la notte e sorridenti che ci corre incontro; accoglienza questa alla quale spero di non abituarmi mai, per le emozioni e i sorrisi che riesce ancora a regalarmi. qui, insieme ai nostri 13 allenatori parliamo e discutiamo di allenamento e fasi della seduta e fra domande, risposte ed esempi vari, eccoci velocemente catapultati nuovamente in macchina, insieme al nostro gia' fidato Stephane. Direzione Chawama, villaggio nella brousse, a poche decine di chilometri da Lubumbashi, immerso nel verde, nella savana della stagione delle piogge e strapopolata di bambini e bambine...in neroazzurro. Gia' lo scorso anno io e Lorenzo venimmo qui, insieme al mitico Padre Angelo, per dar vita ad un allenamento, e per questo motivo i bambini, vedendomi, iniziano a chiamarmi per nome, a corrermi incontro e a salutarmi, cercando tutti di darmi il cinque, per poi chiuderlo e sbattere col proprio pugno contro il mio...emozione indescrivibile! Qui, a Chawama, io e Raffaele diamo vita ad un allenamento, coinvolgendo direttamente i 40 giocatori, 20 bambini e 20 bambine, facenti parte del progetto,  e indirettamente i restanti...boh, 100 forse, abitanti del villaggio,richiamati dalle risate, dal vociare, dai rumori, generati dalla truppa in neroazzurro e assiepati a bordo campo. L'ora e mezza di allenamento vola via repentina, lasciandoci nuovamente in macchina, intenti a percorrere la strada dissestata, rossa viva, che congiunge la città al villaggio a ritroso; strada questa che corre attraverso la savana, attraverso la natura vera e selvaggia, attraverso baracche e baracchini vari che combattono quotidianamente con la natura per continuare a mantener vivo e saldo il proprio spazio, il proprio metro quadro, strappato, sottratto alla foresta selvaggia. Rientrati alla procure mi cambio velocemente per poter correre velocemente con Gabriele in palestra, unico luogo dove poter correre liberamente, senza correre il rischio di venire investito, o di contrarre una qualche malattia alle vie respiratorie. 5km sono il lavoro di oggi, per poi riunirmi ai miei compagni di viaggio e con loro muovermi verso un bellissimo ristorante "agriturismo": una fattoria nel centro della citta, con animali di ogni tipo, che cucina in maniera molto accurata carne fresca e, a mio dire, molto buona. Archiviata anche la cena, eccomi ora nel letto, pronto per il sonno, in vista della infinita giornata di domani!

Congo Lumumbashi, 22 febbraio

Arrivati alla scuola st.bernardette, migliaia di formichine nere, vestite tutte con la stessa divisa bianca, armate tutte della stessa curiosità nei confronti del bianco che si sta loro avvicinando, mi viene incontro e mi fa entrare nel proprio formicaio. Mi guardano, mi toccano, mi stuzzicano poi ridono e scappano, mi parlano in una lingua impossibile e a gesti accompagnano i loro messaggi, mi studiano e cercano di capire cosa sono e cosa voglio li, con loro. In breve, pero', i miei compagni mi richiamano all'ordine e mi accompagnano in aula, dove 18 allenatori, armati di penna e quaderno, aspettano solo che io inizi a raccontar loro la favola di Inter Campus.  Due ore volano fin troppo brevemente, tra accenni all'educazione attraverso il gioco del calcio e metodologie di allenamento da far proprie e sviluppare individualmente, tra domande pertinenti, e meno, dei "miei" allenatori, ed esempi pratichi messi in atto con Raffaele. Bello, divertente e diverso, pur trattando gli stessi argomenti già affrontati altre volte, volge al termine la prima lezione e ci trasferiamo velocemente, dopo un leggero e altrettanto rapido pranzo in compagnia di padre Jona, al campo, dove 53 bambini aspettano solo noi due per dar sfogo alla loro esuberanza, per dar fondo alle proprie energie. Solo 53, perché abbiamo chiesto di dividerli per giorno, in modo da riuscire ad allenare tutti, mantenendo alta la qualità delle proposte, senza cadere nella confusione e nell'approssimazione. 53 perché con largo anticipo e avevo chiesti meno di 40 al giorno...ma si sa, qui e' cosi', e quando arrivi al campo non puoi certo rimandare a casa i bimbi neroazzurri in eccesso, ma ci si adatta, cercando sempre di fare e dare il massimo per loro, ma anche per noi stessi. La seduta fila via liscia, seguendo l'obiettivo della guida della palla, con giochi specifici e divertenti e correggendo i bambini, ma soprattutto stimolandoli ad alzare le intensità ei ritmi di gioco e si conclude con una bella, classica, partitella, che evidenzia ancora una volta l'amore per il palleggio del calciatore congolese, intenzionato piùa passarsi la palla, che a calciare in porta. Bene, bello...son contento. Ora Inter-Marsiglia e speriamo di tener viva questa allegria...

Congo, Lubumbashi, 21 febbraio

21 febbraio Dopo un estenuante viaggio aereo, rimbalzando tra Milano, Adis Ababa e Lilongwe, in Malawi, dopo circa 15 ore di viaggio, eccoci finalmente a Lumumbashi, eccoci finalmente in Congo, nella regione del Katanga. Realtà questa diametralmente opposta rispetto al Congo fino ad oggi conosciuto, Kinshasa, a partire semplicemente dall'ambiente, dal paesaggio che ci accoglie: non baracche, strade polverose, rifiuti e pochi, pochissimi alberi, per lo più malaticci e ricoperti di polvere, bensì immensità di verde, spazi infiniti entro cui si disperdono case, si case, non solo baracche, e alberi di ogni genere e specie, ovunque il mio sguardo riesca a spaziare. Non mi illudo certo di essere arrivato in svizzera, non lo vorrei nemmeno e comunque già conosco questo posto, ma l'accoglienza dopo l'odissea patita, e' quella migliore per prepararsi nel migliore dei modi alle lunghe ed intense giornate a venire. Il sole caldo, i 26 gradi, i colori, i suoni e i trambusti tipicamente africani, fanno poi il resto, e così arrivato alla procure salesiana dove alloggiamo il mio primo pensiero non e' sdraiarmi sul letto per riposarmi, ma uscire per scoprire, per respirare, per lasciarmi avvolgere e sommergere ancora una volta di Africa! Eccomi quindi, in breve, di nuovo in strada, occhi, orecchie e naso spalancati, per non lasciar perduta alcuna sensazione, sfruttando anche il fatto che qui posso muovermi da solo per strada, senza rischiare di finire appeso in qualche vicolo a testa in giù, spogliato di tutto e derubato. Siamo in n altro posto, rispetto all'ultima volta, in una zona più trafficata, forse più vicino al "centro" della città, infatti uscendo e' un continuo susseguirsi di macchine, camion e moto variamente fatiscenti, di fischi di polizia più o meno intensi e di odor di gasolio bruciato, di terra bagnata e di sudori vari; un'accozzaglia di sensazioni non proprio gradevoli, dunque, mi accompagna, e con esse migliaia di persone, chi in  movimento, chissà dove vanno, chi sdraiato, seduto, sbragato sotto un albero, al riparo dal sole cocente, che mi fissa, che mi guarda come fossi un rarissimo esemplare di scimmia. Un traffico umano ordinatamente confuso, tipicamente africano, che tutte le volte mi conquista e mi trascina via, nel suo vortice sconclusionato, apparentemente, e forse proprio per questo così intrigante. Rientrato a casa, doccia e lotta con la stanchezza crescente fino a dopo cena, quando il Napoli mi accompagna nel regno di Morfeo, che abbandono solo  l'indomani presto, pronto per il primo giorno di corso e di allenamenti.