mercoledì 31 agosto 2016

Una corsa nel buio

IN CORSA NEL BUIO

Esco da casa di Chicco che è già buio. 

Lore è un po’ titubante, vorrebbe evitare, ma io sono decisissimo e non può far altro che accondiscendere. “Ok, Albe, io però faccio il mio, al mio passo e torno”. Ho troppa voglia di correre e nonostante la lunga giornata di oggi, nulla mi vieterà di dar fondo alle mie energie. In fin dei conti è dalle 7 di questa mattina che si trotta: ore 8 allenamento (fa caldissimo ed è necessario cercare di mettere in campo i bambini nei rari attimi in cui la nostra stella luminosa è un po’ meno furente, per cui presto la mattina e tardi nel pomeriggio) gestito da loro, con noi in osservazione, ore 10 in aula, per due ore di teoria sul metodo di allenamento condiviso e su ciò che è emerso in campo; pomeriggio, quindi, alle 17 di nuovo in campo, questa volta io e Lore a dirigere i lavori, con due gruppi diversi rispetto a quelli del mattino di bambini dai 10 ai 12 anni, al termine due paroline con gli allenatori, due giochini con i bimbi, due sorrisi, due saluti…il buio arriva veloce ed ecco servita la corsa al buio. Buio quasi totale, perché ad Hergla l’illuminazione delle strade non è contemplata, se non con qualche timido e sporadico lampione, buttato qua e la, senza apparente logica (ma non solo apparente: senza alcuna logica!). Ma chi se ne frega. E allora via. Si parte. Iniziamo insieme, riscaldamento tranquillo, ma…non tanto! Dopo poco meno di due chilometri, dal lato mare della strada che stiamo percorrendo (una lunga strada in sabbia, che costeggia il mare), sbucano fuori due cani piuttosto incacchiati, che abbaiano furiosamente al nostro indirizzo! “Cazzo, Lore, quello grosso ci insegue” e il ritmo aumenta vertiginosamente e  miracolosamente, per Lorenzo…"speriamo non saltino fuori anche dei cinghiali”, mi dice il mio impavido compagno di viaggio, con del fiato tirato fuori chissà da dove. Già, perché sembra che in questa zona, da questa specie di pineta a bordo mare, scorrazzino liberi e selvatici anche gli animaletti tanto amati da Obelix. 

Per evitare ulteriori incontri e salvaguardare le nostre chiappe da eventuali morsi, iniziamo allora a girovagare per strade, stradine, viuzze sterrate o ancora in costruzione, invisibili per il buio, ma ben accessibili a noi, grazie alla spinta della fifa, in salita e in discesa; corriamo come matti e le ripetute in programma nonostante tutto scivolano via con tempi migliori di quelli preventivati e piuttosto semplicemente; certamente per via dell’adrenalina che viene pompata insistentemente nelle mie vene, ma anche un po' perchè come sempre, d'estate, riesco ad allenarmi molto bene e raggiungo picchi di forma solo immaginabili durante la stagione. 

Per fortuna, non senza difficoltà, ritroviamo al termine della quarta ripetuta la strada maestra e porto a compimento l’allenamento in solitudine: Lore rientra a casa subito, correndo lungo il porto e “sfrecciando” tra le viuzze del villaggio di Hergla, faticando per mantenere gli stessi ritmi di prima, quando cani e pensieri di cinghiali fungevano da grande stimolo! Bravo, però, Lore. Sei andato alla grande. E visto il ritmo che son riuscito a tenere, mi sa che per la gara dovrò procurarmi un cagnaccio da mettermi alle calcagna.

martedì 30 agosto 2016

Hergla

HERGLA
E dodici! Ebbene si, siamo giunti a dodici con questa appena iniziata e già al terzo viaggio. Dodici cosa? Stagioni. Dodici stagioni sportive con addosso questa maglia, dodici stagioni a girare il mondo per proporre allenamenti e corsi di formazione a bambini e allenatori di ogni razza (ma si può parlare ancora di razze?), religione, genere e stato sociale, dodici stagioni su campi in terra, in sabbia, in erba, con buche o superbamente curati, su spazi rubati all’interno di favelas, o in stadi bellissimi, anche se tristemente vuoti e silenziosi; dodici stagioni cercando di far conoscere ai nostri vari amici il nostro metodo di lavoro e l’importanza centrale dello stesso nel percorso educativo, nello sviluppo completo, “ideale” della personalità del bambino, attraverso lo sport da noi più amato e per noi più “educativo” di tutti. Il calcio. Che invece ai più appare tutto, fuorché educativo, fuorché strumento per insegnare ad un bambino a stare con gli altri, a conoscere se stesso, a pensare e a vivere insieme agli altri con regole e ruoli da rispettare. Già, perché se parlo di calcio a tutti vengono in mente i grandi campioni, le macchine di lusso, le donne da sogno e i conti in banca senza limite agli zero e a pochi, se non a nessuno, salta alla mente un qualche pensiero legato all’educazione, alla crescita, allo sviluppo di bambini e bambine. Eppure…eppure è così e da dodici anni, viaggio dopo viaggio, mi rendo conto di quanto forte, quanto potente, sia effettivamente questo strumento, questo mezzo, ma anche, se non soprattutto, quanto potenziale di esso viene quotidianamente sprecato sui…campi del mondo. Anche i nostri, quelli italiani, se non sopratutto sui nostri, troppo ingombri di allenatori improvvisati capaci di urlare sguaiatamente dietro a bimbi piccolissimi per un errore tecnico, capaci di lamentarsi con tutti gli arbitri che incontrano, capaci di insultare (si, si, insultare. Visti e sentiti in prima persona) i loro piccoli giocatori, rei, a loro modo di vedere, di aver fatto loro perdere la partita e quindi il gusto di poter andare al bar del paese a raccontare del loro primato in classifica. Retorica, pura retorica, questa, alle orecchie dei più: tutti ormai si riempiono la bocche di parole come “educazione e calcio”, “il calcio come strumento di crescita”, “bisogna pensare solo allo sviluppo dei bambini”, ma quando poi li vedi all’opera tutto questo non rimane che un concetto astratto, espresso per ben figurare. La partita va solo vinta e non mi importa come. Che abbia la responsabilità di bambini di sei anni, o di quasi uomini di quattordici. Parole, soltanto parole. E nessuno fa nulla di più. Nessuno…quasi nessuno. C’è qualcuno che da vent’anni fa altro (inter campus), per mezzo di altri che da dodici girano il mondo.Meno male che ci sei, Inter Campus.

martedì 2 agosto 2016

pictures


NY vista dall'altra parte del fiume
Altre prospettive della città
At the UN
la sala dell'assemblea generale





lunedì 1 agosto 2016

Inter Campus all'ONU

Ci vuole del tempo per capire bene le cose, per far scemare le emozioni e comprendere meglio ciò che si è fatto e il valore, eventuale, delle azioni; è per questo che ci ho messo un po' a riprendere in mano il mio diario virtuale e scrivere, raccontare l'ultima, grande, esperienza inter campista. Ora, a distanza di un paio di giorni provo a riguardare indietro e a fissare su questi fogli ciò che è stato, magari per capire anche meglio io stesso le cose.
La sveglia suona un po' prima del solito, perché se io e Andre oggi vogliamo allenarci l'unico momento disponibile è questo, vista la fitta agenda degli impegni odierni. Fuori, pur essendo solo le 7, fa già caldissimo. Caldo e umido ci accompagnano per tutta la seduta, per tutte le ripetute, ma non ci abbattono anzi, forse per il pensiero fisso a ciò che succederà nel pomeriggio, le gambe girano alla grande e il menù scivola via senza intoppi. Sudato fradicio, ma soddisfatto per la fatica, rientro nel gelido hotel (gli americani sono dei ritardati: come cacchio si fa a tenere l'aria condizionata sparata a questo modo???), colazione nel solito stanzino (preferivo la sala dei giocatori, dove per errore ci siamo trovati a mangiare il primo giorno, guidati da Toldo) e via, pronti per il trasferimento. Direzione 760 United Nations Plaza, New York, NY 10017, USA, ossia Palazzo di vetro dell'Onu. Già, perché oggi saremo ospiti noi di inter campus coi nostri bambini, insieme alla squadra e a tutto lo staff, proprio li, in quel luogo ove tante decisioni fondamentali per il mondo vengono prese (o almeno, discusse...), dove nel bene o nel male tanta storia è passata. Pensa un po', io, qui presente per l’evento Inter at UN: The power of football to change the world, fostering the Sustainable development goals, dove come Inter Campus portiamo la nostra testimonianza di come sia stretta la relazione tra il mondo dello sport e i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) che le Nazioni Unite intendono completare entro il 2030.  Cazzarola...l'Onu. Da piccolino pensavo di fare del calcio la mia vita, ma mai avrei immaginato che attraverso quella palla rotolante sarei arrivato fin qui! Certo, non io, Alberto Giacomini, noi, Inter Campus siamo arrivati fin qui, però seduto su quelle poltrone a sentir parlare dal palco della conferenza, mediata da Joe Colombano, il Vice Rappresentante Permanente per l’Italia, l'ambasciatore Inigo Lambertini, il Presidente dell’Inter Erick Thohir, Javier Zanetti e il responsabile ONU dei programmi per la gioventù Ahmed Alhendawi, al momento ci sono io, quindi...chi l'avrebbe detto. Ma l'emozione più grande è arrivata dopo, quando ci siamo trasferiti nella sala dell'assemblea generale, noi, con tutti i bambini. Li, dove veramente si discute, li dove tanti personaggi storici si sono succeduti, ora tocca a noi, anche solo passare, anche solo vedere, ma...tocca a noi. Ora mi sa che farò un tour tra tutti i miei prof del liceo a raccontare cosa sto combinando...