lunedì 31 marzo 2014

Incontro con "Special Olympics"

http://www.specialolympics.it/

Special olympics

Prima della nostra lezione, del nostro intervento, abbiamo l'opportunità di assistere a quello offerto da "special olympic", dedicato allo sport, all'insegnamento  di diverse discipline sportive a disabili. Disabili di diversi "generi", di tutti i "tipi": dai non vedenti, ai paraplegici, tutta gente privata delle normali capacità fisiche, ma dotata di qualcosa di più grande che le rende straordinariamente speciali. Gente che non vede, non vede nulla, ma che è innamorata come me della palla e non rinuncia ad inseguirla "solo" perché non la vede e allora...la sente (palloni con dei sonagli dentro) e come me, anzi forse con più determinazione, decide di correrle dietro e calciarla; gente senza gambe, costretta sulla sedia a rotelle dalla vita, che coltiva la sua passione per lo sport e diventa campione, nuotatore o pallavolista (chiaramente pallavolo adattata, con rete bassa) che sia, dedicando tempo, passione, sofferenza agli allenamenti, per la ricerca continua del miglioramento, della crescita. Gente straordinaria, cui i ragazzi che questa mattina ho avuto il piacere di ascoltare insegnano la disciplina, propongono allenamenti, sviluppano le abilità, le performance. Grandiosi. Anche se...cacchio, la lezione poteva essere molto più bella, più coinvolgente, più educativa. Visto lo straordinario argomento da trattare e  l'obiettivo da raggiungere, cioè lasciare qualche strumento ai partecipanti per replicare gli allenamenti a casa loro, speravo in qualcosa di più, speravo di rimanere più affascinato, più colpito, impressionato, coinvolto,  invece, pur presentando le straordinarie imprese degli atleti, la lezione è rimasta in superficie, non ha rotto il velo per giungere in profondità; il tutto si è limitato a un volo radente sull'argomento, ma  senza mai darmi, darci,  gli strumenti pratici, i mezzi, per poterlo conoscere e riproporre. 
Certo, è stato bello e istruttivo provare a giocare a calcio come se fossi un non vedente, con una mascherina che mi impediva la visione di qualsiasi cosa: sperso, totalmente spaesato, cercavo di sentire la palla, ma per riceverla e colpirla mi irrigidivo, la muscolatura tutta si irrigidiva, rendendo complicato, lento e goffo ogni movimento, per cui anche una semplice ricezione di interno piede diventava un'impresa! Certo, è stato bello e istruttivo provare a giocare a volley da seduto, costretto a grandi sforzi per semplici spostamenti laterali, per difendere o attaccare, ma...speravo dessero indicazioni su come rapportarsi con questi atleti, come insegnar loro la disciplina, come coinvolgere i bambini con queste disabilità nello sport, invece mi hanno un po' deluso. Be' facile criticare da fuori: vediamo quando toccherà a me cosa succederà...

domenica 30 marzo 2014

"Ich bin ein berliner" (JFK)

Berlino!

Eccoci qui, in un posto nuovo, per un progetto nuovo,  per una nuova avventura a tinte neroazzurre; eccoci qui, sbarcati per la prima volta nella capitale tedesca...oddio, se proprio vogliamo dirla tutta la capitale tedesca dista da qui 40 minuti, ma facciamo finta di esserci. Eccoci qui, dunque, a Kyenbaum, das sport centrum, ossia in una cittadella dello sport, immersa nel verde, vicino a un piccolo lago, dove sono radunate tutte le strutture necessarie per fare un qualsiasi sport: campi da calcio, piste di atletica, piscine, palestre...una sorta di paradiso dello sportivo. E cosa ci facciamo qui? Insieme ad un nuovo ufficio delle Nazioni Unite, UNOSDP, facciamo...inter campus, ossia formazione a giovani allenatori/educatori, per conto del progetto "youth leader project", progetto dedicato a giovani "speciali", carismatici, illuminati, come dico io, per cercare di formarli su tematiche sportive e far si che, tornati nel loro paese, siano in grado di sfruttare le potenzialità dello sport per aiutare i bambini a crescere, a formarsi come adulti inseriti in una società. Insomma, un altro bell'impegno, un'altra bella responsabilità, un'altra bella esperienza.

Si arriva presto la mattina del giovedì, ci si orienta un po' e poi...via, ci si cambia e ci si allena alla grande, io e Silvio. E come fai a non allenarti in un posto così? E allora eccoci subito in pista, tra i boschi del centro fino a finire su una delle tre piste di atletica del posto: 8' sotto i 4'/km per riscaldamento, un tabata "light" e in stecca, come dice il prof, altri due tabata veri! Alla grande! E i tempi, i passi, mi fanno capire che sto bene, che stiamo bene. Già, stiamo, perché qui narro sempre delle mie corse, ma al mio fianco, quando riesco a tenerlo al mio fianco, c'è sempre il prof, che non sente stanchezza, cali di forma, stagioni...nulla, lui non sente nulla: va sempre come un treno! E con lui si vola per forza, perché per tenere il suo passo bisogna spingere, bisogna dimenticare la fatica e andare. Grandissimo prof!

venerdì 21 marzo 2014

Emozioni neroazzurre!

Le emozioni di Inter Campus

Niente come queste avventure riesce a rendermi così felice, così orgoglioso, così fiero!
Except Silvia, of course. Ma niente di ciò che faccio può minimamente essere paragonato a questa splendida avventura! Posti impossibili da immaginare, introvabili e sicuramente non presenti sulle mappe; gente straordinaria, dedita a opere filantropiche nemmeno mai sfiorate prima  dal mio pensiero; bambini di ogni "colore", sesso e età con cui giocare, a cui proporre allenamenti ogni giorno; e esperienze di vita e di lavoro che nulla mai potrà minimamente ripropormi e che mi stanno aiutando a crescere come uomo (ragazzo?) prima e come allenatore, poi.
E in mezzo a tutto questo...calcio, calcio, calcio! La mia passione, il mio sogno da bambino, il mio lavoro da "adulto"...per lo meno anagraficamente.
Un grandioso progetto sociale basato sul calcio e su quello che quella magica sfera di cuoio è capace di fare. Ed è tutto così semplice! Già, semplice, perché i valori educativi sottesi alla pratica sportiva sono ben noti a tutti e tutti ne parlano, solo che...ne parlano, basta.
Perché poi diventa  difficile, complicato, mettere in pratica tutto quel che si dice ,e riconoscere, per sfruttare, quanto un allenamento possa contribuire allo sviluppo di aspetti emotivi legati alla personalità del bambino, ad esempio, o ad aspetti cognitivi, eppure su qualsiasi campo del mondo, ovunque ci sia un adulto intento ad insegnare calcio ad un bambino, c'è educazione, solo che quasi sempre non è riconosciuta, quindi lo sport non rientra in una progettualità educativa e perde per strada la sua potenza, in nome del risultato e del 4-3-3.
Noi ci proviamo: partiamo da questi aspetti, attraverso le esercitazioni, gli allenamenti, cerchiamo di toccare le quattro aree fondamentali che costituiscono la personalità, per cercare di lasciare...qualcosa in più, qualcosa che non si limiti solo all'area motoria.
Calcio, sempre calcio, ma con un occhio più attento, obiettivi più complicati. E tutto questo ci piace un sacco!
Dico ci, perché con me, sui campi del mondo, scendono anche tutti gli altri con la stessa carica, lo stesso entusiasmo, la stessa voglia di divertirsi: Juri, Gabri, Lore, Silvio, Dario, Roby, Galbio...Sergio, anche se un po' meno presente rispetto a noi. E con noi Jacob, Mustafà, Fred, Mike, Hippolito, Serge, Said...tutti compagni di campo, incontrati negli anni, con cui portiamo avanti le cose, uniti dai colori e dalla palla.
E tutti godiamo di questa fortuna, ci facciamo un discreto culetto, viaggiamo come matti, facciamo dei sacrifici, ma...che spettacolo!
Grazie Inter Campus e oggi...grazie Aber!

martedì 18 marzo 2014

La casa ad Aber

Aber

La nostra casettina in questo piccolo villaggio, in realtà, comparata con la mia casa di Villasanta, è una reggia: ingresso, sala da pranzo, cucina, quattro camere e un bagno che da solo vale la mia, nostra, "reggia". Sita dentro l'ospedale del Cuamm, quindi anche sicura e curata, vale molto più di tanti altri alloggi riservati a Inter Campus. Qui, poi, abbiamo anche l'housekeeper, Helen, una ragazza che ci cucina, che pulisce e tiene ordine ovunque! Insomma, siamo serviti e riveriti da queste parti. Infine...be', la mattina presto, uscire per allenarmi col prof con il sole ancora nascosto dall'altra parte di mondo, pronto, deciso a rivelarsi, ma ancora timido, incapace di illuminare completamente la strada rossa africana dove corriamo e la natura selvaggia che ci circonda, vale più di ogni albergo di lusso, letto a dodici piazze, o di ogni altra sciccheria immaginabile! Bruciare quella strada con ripetute a raffica, con il mio prof preferito a darmi ritmo e intensità (madonnina se va!) non può che essere la ciliegina sulla torta. Eppure non sembrano così entusiasti i mille bambini che incrociamo lungo la nostra corsa, diretti a scuola, armati di lunghi bastoni (solo ieri ho scoperto il fine di quei bastoni: per colpire e far cadere i frutti dagli altissimi alberi della scuola durante la pausa!) così come i vari lavoratori in bici, o a piedi anch'essi, che non fanno che guardarci con aria esterrefatta, che non fanno che ridere al nostro passaggio, o parlottare tra loro indicandoci. "Mzungo..." penseranno, " che strane figure"! Ma a noi piace così tanto: correre, allenarsi di prima mattina, per poi affrontare carichissimi la lunga e intensa giornata di calcio, di corso e allenamenti. Questa è vita! 
Puntualmente, poi, chiudiamo il giorno con un intenso circuito di forza con elastico e a corpo libero, per portare a esaurimento completo le nostre batterie e poter così dormir sereni, nonostante i duecento gradi e il sudore a fiumi, la sera, prima di...ripartire! 

lunedì 17 marzo 2014

In campo...anche ad Aber!


Aula e campo ad Aber

Aula la mattina e campo il pomeriggio: il modus operandi di inter campus inizia a prender forma anche quassù, con 12 allenatori e 108 bambini, giusto per gradire, visto che siamo solo all'inizio. E si vede, direi, che siamo all'inizio, visto il concetto diffuso di allenamento: corse lungo la linea laterale del campo, file interminabili e trenta giocatori per gruppo. Ma la cosa "speciale" sono le esercitazioni proposte, cose che tutt'ora, ahimè, si vedono anche sui nostri di campi, ma che mi riconducono a Valcareggi, o al massimo a Bolchi e Sonetti. Insomma, una scempio. Uno scempio che qui non pensavo di incontrare, non perché pensassi che da queste parti fossero particolarmente "avanti" nella metodologia di allenamento, ma perché pensavo che certe abominevoli esercitazioni fossero prerogativa, fossero figlie della "tradizione" italiana, paese di allenatori, paese dove sessanta milioni di mister si contendono i bambini, i futuri talenti, a suon di "innovative" e "formative" sedute. 
Invece eccoci sul campo ad osservare improbabili mobilizzazioni degli arti superiori, "innovative" posizioni di stretching e "rivoluzionarie" esercitazioni per il tiro in porta. Ma il divertimento? Come diavolo sono arrivate fin quaggiù certe cose? Sia chiaro, non voglio fare un discorso sofista, da super allenatore che osserva e critica tutto ciò che vede. Sbaglio e sbaglierò anch'io.  Voglio solo capire come esercitazioni degli anni trenta, figlie di quel periodo, derivate dall'idea di allenamento che in alcune realtà sopravvive ancor ora, lontana da quella che condividiamo e che cerchiamo di proporre in giro per il mondo, siano potute arrivare in  latitudini così diverse, lontane e con un background calcistico...differente. Sono stati i medici del Cuamm, nostro partner e presente in Uganda fin dai primi anni settanta, ad esportare queste..."cose"? o i volontari Italiani, presenti ovunque nel mondo? O ancora, queste corse per nulla divertenti, sono state importate dai padri, di qualsiasi ordine, italiani, che ovunque incontriamo?In fin dei conti l'italiano, dottore, prete, piazzaiolo o clown che sia, è allenatore, sa di calcio e se solo non si fosse infortunato sarebbe in serie A... Non lo so, cacchio, non lo so. Quello che so è che qui c'è tanto da fare, tanti corsi e tanti allenamenti, per cambiare questi allenamenti di Radiciana, derivati da gigi radice, memoria.
 Bene, dunque. Molto bene. Dovrò, dovremo, tornare un sacco di volte. E questa è solo la seconda...

domenica 16 marzo 2014

Road to Aber

Road to Aber

Lunga e diritta correva la strada, diceva il saggio, e lunghissima e dirittissima è corsa quest'oggi sotto le nostre ruote per 5, interminabili ore, portandoci attraverso la savana, per una strada a "buche alternate" fino ad Angal. 
Ma questa lingua di asfalto, rosso per via della terra, che sospende per un attimo l'incredibile varietà di piante che compone la natura circostante, lo conoscete già, ve l'ho già raccontato nei miei precedenti "pellegrinaggi" ugandesi, ve l'ho già descritto in questi due anni, visto che ogni sei mesi, più o meno, torno in ognuno dei paesi, per cui non mi soffermerò a ripetermi. 
Così come non mi ripeterò, raccontandovi ancora i grandi quesiti che nascono nella mia mente ogni qual volta attraverso questi villaggi da "national geographic", questi villaggi, cioè, di capanne fatte di fango, con tetti di paglia, circolari, una vicino all'altra, già incontrate da tutti noi per mezzo di documentari o film ( penso ad esempio a "riusciranno i nostri eroi", film stupendo che mostra e descrive un' Angola che potrebbe benissimo essere un altro paese dell'africa nera),  che scatenano in me pensieri relativi al futuro dei bambini di questo posto, alle loro prospettive di crescita, di sviluppo, in una realtà come questa. No, no, questa volta vi lascio tranquilli e soprattutto non mi ripeto...

Dopo 5 ore di macchina, che sommate alle 14 di aereo di ieri fanno un bel rompimento di coglioni, eccoci ad Aber, da Marco e la sua famiglia e da tutti i nostri nuovi allenatori e i nostri 100 bambini, dove, giusto il tempo di cambiarci, ci catapultiamo in campo, per la prima seduta; bene, tutto bene direi: c'è da lavorare, c'è tanto da fare, ma qui è come se avessimo argilla vergine in mano, considerando la nullità delle basi, la latenza di conoscenze  inerenti il mondo dell'allenamento, ma considerando anche l'entusiasmo e la voglia di tutti, bambini e mister, per cui sono contento, convinto che nel giro di pochi anni vedremo ottimi risultati e grandi crescite da parte dei nostri allenatori e di conseguenza dei nostri bimbi, pronti a crescere con la palla tra i piedi. 
Al termine delle due ore di campo si corre: via con Silvio lungo la strada di terra rossa che esce dal villaggio, per la prima vera seduta di allenamento, per terminare le ultime energie a disposizione, in vista della calda, caldissima notte. 

sabato 15 marzo 2014

Si riparte: Uganda, arriviamo!

O Uganda

Il mio oroscopo su Internazionale di questa settimana dice: 
" Per qualcuno casa è dove siamo nati, dice un personaggio di Awaken, un romanzo di Katie Kackvinsky, ma secondo me è un posto che devi trovare, come se i suoi pezzi fossero sparsi qua e la lungo la strada e dovessi raccoglierli. È un'idea che ti invito a prendere in considerazione nelle prossime settimane, Saggittario. Sarà un ottimo momento per scoprire qual'è il tuo posto nel mondo. E il modo migliore per farlo è cercare indizi dovunque, anche in luoghi che ti sembrano improbabili".
Devo averlo preso un po' troppo alla lettera, perché dopo la settimana da yankee e altri sette giorni in Italia, rieccomi in volo, alla volta di...un luogo che mi sembra improbabile: Aber! 
Città...no, non città; paese...no, nemmeno; villaggio...si, ecco, forse villaggio, a nord di Kampala, nel mezzo del nulla, appena dentro il parco nazionale Marcheson's fall (non credo si scriva così), dove sempre con il CUAMM, come a Nagallama, sempre in Uganda, sempre affiancandoci a una scuola, ormai da due anni siamo attivi con il nostro progetto. Be', io non so se sia giusto cercare da queste parti "casa", non so nemmeno se sono alla ricerca di essa, ma so che forse  rimanerci un po' di più, in questo periodo, a casa e rallentare un po' la frequenza dei viaggi ! Si sta vivendo praticamente da single (spero da single...) questi mesi, visto che da fine gennaio sto alternando una settimana a casa con una all'estero, e per quanto sia fantasticamente serena e splendente e il nostro rapporto stia crescendo giorno dopo giorno, io un po' più di tempo vorrei dedicarglielo. Non ora. Non si può. Almeno fino a Maggio si andrà avanti così. E va bene. Sono contento. Mi piace viaggiare, mi piace stare sui campi del mondo, ma...devo farle prendere il Uefa B!!! Così verrebbe con me. O forse quella sarebbe la rovina? Mah. Non so dire. So che svuotare e riempire lo zaino sta accendendo in me un crescente turbinio di emozioni, positive e negative, che un po' mi frastornano. E se mi guardo attorno, gli esempi che scorgo, le storie con le quali entro in contatto, non fanno che acuire il mio stato di confusione, teso tra la gioia per il lavoro che svolgo e le avventure che vivo e la malinconia nel lasciare Si a casa. Ultimamente, infatti, continuo a vedere intorno a me tradimenti, coppie che si separano, matrimoni che falliscono, legami che si dissolvono: sembra sia in corso un'epidemia, cazzo, e non nascondo che un po' di paura, un cattivo pensiero quando esco con lo zaino dalla porta di casa ogni tanto mi accompagna. 
Sarebbe comprensibile, pora tusa. 
Poi però penso a mia zia Dony, sposata da non so quanto con Pino, marinaio, capitano di petroliere, con il quale ha passato una vita...a singhiozzo. Si, a singhiozzo, perché lo zio dopo tre mesi sulla terra ferma ripartiva e per 4,5,6 mesi se ne stava per mare, lasciando moglie e figlie, due, Fede e Alia, a casa da sole. Eppure...una vita insieme, una vita da single la zia, ma ancora, saldamente, con suo marito, ora ancorato in pensione, al porto di casa sua. 
O ancora, senza andare troppo lontano, penso ai miei, sposati dal '65 con papà non lontano geograficamente, ma sempre in farmacia, a lavorare da mattina a sera, per tutta la vita, tra mille vicissitudini e mille tribolazioni, ma anche loro ancora saldamente e splendidamente insieme, cresciuti, invecchiati insieme.
E allora, pensando a loro,  quel cattivo pensiero sparisce, torna dentro lo zaino che ho sulle spalle anche adesso e riprendo il mio cammino, il mio vagabondaggio, aspettando solo di tornare ancora una volta a casa, da Silvia!
Non devo cercarla, l'oroscopo si sbaglia: so bene dov'è!

venerdì 14 marzo 2014

Last day in New York

Last day in New York

Turista a New York! Oggi siamo liberi, abbiamo tutta la mattinata per girare la grande mela come vogliamo, per poi trovarci a pranzo con gli allenatori e fermarci con loro un po' a parlare di come organizzare la cellula, i bambini, gli allenamenti, in pratica come far partire ufficialmente Inter Campus New York e riprendere quindi l'aereo questa sera e tornare da Si.
E allora via, dopo l'ultimo allenamento a Central park, io e Andre lungo la fifth avenue, giù fino al Madison Square Garde, poi su di nuovo fino a Time square e giù per la Broadway per prendere la metro e passeggiare sul ponte di Brooklyn prima di inoltrarci verso quel che era una volta in world trade center; palazzi, grattacieli, strade e negozi, poco altro intorno a noi,  ma...c'è un qualcosa di particolare in questa metropoli, che rende interessante, affascinante, anche questo ammasso, questo guazzabuglio di modernità. 
Nonostante il freddo gelido, il vento polare che ci ha fatto sanguinare le labbra tutta mattina, questo posto, devo ammetterlo, ha qualcosa che lo rende particolare, interessante, unico. Devo ammettere, poi, che le persone che ho avuto modo di incontrare e con le quali ho, abbiamo, avviato i lavori, hanno svolto il loro ruolo nel mio percorso di ravvedimento nei confronti di N.Y, ma anche se Djorkaeff fosse stato un coglione qualsiasi, il classico ex grande calciatore, tutto ego e niente cervello, credo che la passeggiata che ci ha portato ad attraversare Central Park da nord a sud, mi avrebbe comunque permesso di rivalutare positivamente la cittá. Il fatto che DJ in realtà sia una grandissima persona, gentile, simpatica e intelligente, si è rivelato, dunque, secondario, ma ha reso questi giorni divertenti e speciali. Speciali perché...be', mi avessero detto a vent'anni che il calciatore con indosso la maglia numero sei, il mio numero, dell'Inter, per il quale stravedevo, capace di gol e giocate magiche, un giorno mi avrebbe detto "Alberto, tu devi spiegarmi tante cose dell'allenamento", o che mi avrebbe fatto passare una gran serata raccontandomi aneddoti, episodi della sua carriera, ridendo e scherzando (....e bevendo), be', non avrei mai potuto crederci e non avrei mai nemmeno potuto immaginarmelo. Invece...Invece eccomi qui, con lui e la moglie a sentire storie del suo passato interista, che rendono ancora più grande l'immagine che ho del Presidente (il "suo" presidente, Moratti), ancora più solido l'amore per questi colori e ancora più forte l'orgoglio per esserne parte. Grazie Inter!

sabato 1 marzo 2014

In campo con DJ

Cena di gala 2

Cena da non ho ben capito chi, ieri sera, o meglio, so che la nostra ospite è legata all'ambasciatore alle nazioni unite, con in più il secondo dello stesso presente, però comunque non so bene con precisione la sua posizione. In ogni caso, cena da questa signora, romana, dove pensavo di trovare il mitico tordo visto il "grado" dei commensali, invece, una volta varcata la soglia di casa, in questo mega palazzo da telefilm anni '80, capisco che la serata sarebbe stata meno formale del previsto, ma il mio sollievo è durato un attimo, giusto il tempo di scorgere la tavola; entrato in sala, infatti, mi si è presentata davanti una cosa forse peggiore del tordo: cena in piedi! Come i cavalli! Una cosa che odio, cazzo: il pasto si consuma a tavola, con la tovaglia, il tavolo apparecchiato e le gambe sotto di esso, non in piedi! Avrei preferito il tordo "la cosa più difficile in natura", ma
almeno seduto. In più, vista la situazione non piacevole per me,  ho deciso di fare un assaggio iniziale, primo giro molto light, per testare le mie abilità da equilibrista, con piatti e bicchiere in mano,  pensando poi di onorare la cucina con tornate successive,  ma mi son trovato in breve a parlare di calcio con uno dei presenti e quando mi sono liberato della sua materazziana marcatura...la tavola era vuota! Avevano sparecchiato tutto, levati i piatti, per portare la frutta e i dessert! Risultato: cena in piedi, al termine della quale ero più affamato di quando è iniziata! Cornuto e mazziato! 
Ad ogni modo, la serata è stata piacevole, degna conclusione della bella e intensa giornata al Lycee Francais, la palestra dove abbiamo portato oggi i nostri bambini a giocare: 50 nani esaltati, provenienti da Inwood, questo quartiere sfigato a nord di Manhattan, popolato da immigrati per lo più di lingua spagnola, che hanno invaso questo fighissimo liceo di ragazzini ricchi, della parte figa della città. Divertente. E buona anche dal punto di vista tecnico la riuscita degli allenamenti, nonostante il livello scadente della compagine di piccole lavatrici hispaniche vestite in neroazzurro (cazzarola, sono tutti alti meno di me, e ce ne vuole, e larghi il doppio. Sembrano tanti Monzani...): per nulla abituati a vivere un allenamento, inteso dai più come semplice partita, hanno però tutti mostrato piccoli miglioramenti nel corso della singola seduta, confermando ancora una volta il mio pensiero, cioè che...basta allenarsi e tutti, chi più chi meno, sono in grado di migliorare.
Allenamenti conclusi con una partitella giocata con Djorkaeff...spettacolo! In campo con il giocatore idolo della mia infanzia di tifoso, quello per cui cantavo a squarciagola, quello che mi rendeva orgoglioso della mia maglia numero 6.  Peccato ci fosse un po' di confusione, troppi elementi nelle squadre, perché tutti volevano giocare con Youri, e quindi poco "calcio" e tanti "calci", se no giocare con DJ sarebbe stato ancora di più il massimo. Ma gli ho strappato una promessa: la prossima visita si gioca! Anche lui ha detto di averne voglia, quindi ha detto che si organizza e si va a giocare seriamente. Se c'è da giocare seriamente, mi ha detto che non si tira indietro. In fin dei conti...
La palla è magica per tutti.