domenica 31 maggio 2015

Favelas a Sao Paolo

IN CAMPO A SAN PAOLO
Sveglia, allenamento e pronti per la favela, per il campo Jardim do San Antonio, dove arriviamo in breve e riusciamo anche a vedere la fine della seduta guidata dal professor Celso, prima di prendere possesso del terreno di gioco. I bambini sono 21, molti sono a scuola (oggi non è giornata di allenamento normale), e sono tutti ben attenti, affamati, desiderosi di giocare, divertirsi, ma anche capire, apprendere, migliorare sotto la guida dei due gringos.
Usciamo dal campo contenti per la seduta svolta: intensa, con degli adattamenti in corso d’opera non previsti, perché sottovalutavamo le capacità di risposta dei bambini, con degli obiettivi raggiunti anche importanti (io nel finale mi sono buttatonella sperimentazione di un funino! Ed è anche venuto bene! Nonostante qui il calcio sia individuale, giocano solo con la palla tra i piedi, si muovono solo per fare il numero, nonostante non emerga alcun concetto di collaborazione osservando i loro “allenamenti”; con la mia proposta sono stati indotti questi concetti di collaborazione, questa ricerca del gioco di squadra per il raggiungimento del gol. Certo, in una volta non potevo certo sperare di modificare la loro testolina, però ho avuto belle risposte e abbiamo raggiunto belle intensità di gioco! Pensa inserirlo con continuità…) e un divertimento generale diffuso. Anche nostro. Bello, veramente bello. Nel pomeriggio ci siamo dedicati al primo nucleo inter campus san paolo, che ci ha riportato coi piedi per terra, dopo l’entusiasmo degli scorsi giorni e della mattinata, scatenato dalle risposte dei bambini alle nostre proposte. Un immediato ritorno alla realtà. L' allenamento nella parrocchia, con i bambini dell’oratorio nostra signora di Fatima. Bambini, ci ha riportato in campo con bambini ”normali”, senza particolari carenze, anzi, piuttosto benestanti, quindi…ritardati! Ma nel senso stretto del termine, ossia in ritardo dal punto di vista motorio. O ancora, più politicamente corretto (così non mi censurano): meno affamati, meno brillanti, svegli, attenti, pronti a capire e ad apprendere. Hanno tanto, troppo, a casa, quindi sono abituati a drizzare meno le antenne, ad essere meno pronti a muoversi, ad agire, a capire. Un po' come i nostri...La differenza è stata da subito evidente: i favelati sono un passo avanti. Per carità, l’allenamento, gli allenamenti, visto che anche oggi ci siamo dedicati a tre sedute consecutive, con tre gruppi differenti, sono andati via bene, ma…mancava nei bambini quella scintilla, quella furbizia, quella capacità di apprendimento immediata, riscontrata invece nelle favelas. O nei villaggi africani. O nei bambini che vengono in Calva che provengono da famiglie non propriamente ricche! Insomma, quella “cosa” propria dei bambini che crescono dove manca tutto! O quasi. Più il bambino vive in condizioni difficoltose, più ha fame di conoscere, sapere, apprendere e sperimentare e riesce, nel breve, a realizzare tutto ciò, in particolare...sui campi del mondo. E noi ci divertiamo il doppio!
Al termine della giornata, col buio incombente, rientriamo…nel nostro buco, nella stanzetta a casa di Ciquinho, ripostiglio, magazzino per gli attrezzi, non so bene come definirlo: quel piccolo spazio con due letti, polverosissimi, buttati li. E con un bagno…micro! Seduto sulla tazza puoi farti la doccia poggiando un braccio sul lavandino e la testa contro il muro! Non c’è lo spazio per le gambe, cacchio, quando sei seduto! “Bella vita, la tua”…


sabato 30 maggio 2015

Sao Paolo do Brasil

SAN PAOLO
Chiudiamo la prima parte della missione con gli ultimi allenamenti a Rio (mai fatti così tanti allenamenti nella capitale carioca! Sembrava di essere a Cracovia con Olek e non a Rio con Del! E perché tutto questo? Va be’, lascia stare, va…), dopo delle estenuanti, ma positive ripetute mattutine con il diavolo della tazmania-Juri sul lungo mare di Rio, col sole che iniziava a fare capolino dal mare…spettacolo! E finiti gli allenamenti, prima di imbarcarci, salutiamo le favelas con una fajolada da Betty, una sorta di “tia” della comunità, di mamma dei favelati, la cui casa è punto di ritrovo di un sacco di ragazzi che entrano, escono, salutano, parlano con lei e poi se ne vanno. Un bel personaggio, l’ennesimo bel personaggio incontrato: insomma,adoro il campo, vivo per stare in campo e fare allenamenti, le esperienze su di esso sono sempre magnifiche, ma anche gli incontri che questo lavoro mi permette di fare sono ineguagliabili e fondamentali per la mia crescita.
Va be’, poesia a parte, finita la nostra fajolada ci imbarchiamo sul volo diretto verso la capitale paulista, balliamo un po’ nelle due ore di viaggio, ma in breve arriviamo a destinazione dove ci attende Ciquinho, vecchia conoscenza di Inter Campus, che ci ospiterà nella sua casa, vero porto di mare del quartiere sao miguel paulista. Porto di mare nel vero senso della parola: qui la gente entra, esce, si ferma a pranzo, a cena, i mendicanti passano a prendere il caffè, qualcuno si ferma a dormire…Ciquinho dice che casa sua è un “pronto soccorso”!!! Quando mi trovo in queste situazioni mi chiedo se io sarei in grado di fare lo stesso, di essere così aperto, gentile, disponibile e generoso: lui ci ha aperto casa sua, ci sta trattando come figli, ci consiglia dove andare a correre e come muoverci nei dintorni, ci viene a chiamare per la colazione…non so se sarei capace di essere così…buono. Un grande!
MMMM...Oggi è già la seconda volta che mi produco in descrizioni positive delle persone: sarà la vecchiaia che avanza, che mi rende così gentile? Fermiamoci, va, e riprendiamo domani, dopo un buon sonno e una bella corsa mattutina in questa mega città: San Paolo do Brasil! 

venerdì 29 maggio 2015

Favela

IN FAVELA
Non mi abituerò mai: la macchina rallenta, la musica si spegne, si abbassano i finestrini, Del si toglie la cintura di sicurezza e il cicalino delle frecce inizia a riempire la macchina, si accende la luce interna, in modo da far vedere chi c’è dentro. Eccoci in favela. Una volta dentro è un continuo salutare, per Del ovvio, suonare il clacson alle varie sentinelle, segnalarci dove possiamo e dove non possiamo guardare. Ogni volta è così, ogni volta questo “rito” ci introduce in queste città nelle città, ordinate e governate secondo le loro leggi, secondo i loro codici e se non ti adegui…sono affari tuoi. Nel senso più stretto del termine: lo scorso anno, quando eravamo qui noi, un ragazzo in auto non ha abbassato i finestrini entrando e pochi metri dopo è stato freddato. Non so chi sei, non riesco a riconoscerti, ti faccio fuori: potresti essere un pericolo e non posso correre il rischio. Pauroso!!! Allora si, Del, abbassa tutto!!!
Ultimamente questa tensione è cresciuta, per via del processo di pacificazione delle favelas in atto da prima del mondiale giallo verde dello scorso anno: l’esercito, seguito poi dal BOTE (batalhão de operaçoes policiais especiais), che quando entra fa disastri, dalla polizia e da altre divisioni delle forze di sicurezza, alternandosi, entrano nelle comunità e le liberano dai banditi che le controllano, fermandosi poi per controllare che la pacificazione sia effettivamente avvenuta ed evitare che le gang tornino ad esercitare il loro potere e questa cosa, seppur sulla carta positiva, sta scatenando guerre per il controllo delle restanti favelas e per il dominio nelle varie comunità. Durante gli allenamenti, infatti, sono sempre di più le armi che vediamo intorno a noi: ragazzini che girano in moto, con fucili o pistole armate a tracolla, che ci controllano, guardano cosa stiamo combinando e a volte chiedono informazioni, vogliono sapere perché siamo li. Oggi poi abbiamo raggiunto il clou: nel trasferimento tra un campo e l’altro, tra una comunità e l’altra, siamo passati vicino a un punto nevralgico della favela, una sorta di confine (la striscia di Gaza, mi ha detto Del), dove una ventina di ragazzi poggiavano su dei tavoli “sacchetti bianchi”, in attesa non ho ben capito di chi o cosa; armati stile american sniper, giravano intorno a questi tavoli evidentemente in tensione…a me terrorizzano le pistole ad acqua, figuriamoci quell’armamento, ma per fortuna il campo era distante…nemmeno trenta metri!!! Madonnina! Nulla è successo, Del ha detto che si stavano preparando per una incursione notturna in un’altra favela, quindi ci è andata bene, però che situazione! Noi ci passiamo solo, ma questa gente, questi bambini ci vivono quotidianamente, questa situazione fa parte della loro quotidianità, al punto che adesso le mamme, quando vogliono impedire ai figli di uscire di casa, dicono loro che fuori stanno sparando! Non uscire, fuori stanno sparando…quotidianità

giovedì 28 maggio 2015

E ora...Brasile!!!

BRASIL!!!

Milano-New York, New York-Milano, Milano-Rio, tutto in meno di dieci giorni…mia moglie è una santa!!! Avevo già sospetti sulla sua condizione, ma ora ne ho la certezza. Già, perché non contento nel week-end prima della partenza per la terra Carioca mi ha anche permesso di andare a Riccione per giocare le finali nazionali con la mia Poli, maldestramente chiuse con un rosichevole terzo posto. Mmmm…devo iniziare a sospettare del panettiere? Aver trovato michette dentro la lavatrice, nel forno e in tutti gli armadi di casa, e non mangiando io pane, qualche pensiero fantozziano dovrei iniziare a farlo? Ma va. Solo che sa, capisce, sente, che tutto ciò che sto vivendo a casa, a Milano, mi sta un po’ tirando matto, mi sta consumando, sa che a fine stagione sono sempre un po’ troppo scarico e nervoso e sa, allo stesso tempo, che niente come il calcio mi permette di recuperare energie mentali, serenità e tranquillità, quindi si adegua e mi accontenta. Splendida!
Ora però, dopo questa trasferta, sono io a volermi fermare, sono io a volermi godere le serate con la mano sul pancione, sono io a volermi divertire gli ultimi mesi…solo noi due! Quindi ora sotto con questo Brasile, per poi fare una pausa di quasi venti giorni in Italia, prima di Cuba. Poco, vero, ma…piutost che nigot, l’è mei piutost.
E allora via, si parte! Si parte e non ci si ferma più, perché questa visita lampo è stata pianificata…va be’, è stata decisa... super intensa, tant’è che appena atterrati a Rio, ore 5 del mattino, abbiamo giusto il tempo di un bell’allenamento rigenerante sul lungo mare (e sto maledetto stiramento continua a limitarmi, cazzarola!!!), per poi infilarci in metro e tuffarci nelle nostre solite comunità per tre allenamenti in fila, uno dopo l’altro, in tre diverse favela. Si comincia sul campo di “morro de primavera”, col professor Elvis e i suoi scatenati giocatori: scatenati ad essere diplomatici…un casino assoluto, con 12 cinesini a disposizione e 8 palloni! E allora via, mega introduzione gestita con Juri, che ingloba anche una parte analitica, un bel situazionale, dividendoli in due gruppi, e partita finale. Alte intensità, buon coinvolgimento, buone risposte dei ragazzi, insomma, buona seduta di allenamento. Ci siamo divertiti. Ma non c’è tempo di riprendersi: Campeao, il mitico allenatore quasi ottantenne, da sempre con noi, ex calciatore professionista (leggende favelare lo vogliono copagno di squadra di Pele), e i suoi bambini del nucleo di Turiacu, ci aspettano. Via, allora, ripartiamo. Dieci minuti per uscire da una comunità, entrare in un’altra e rituffarci in campo: stessa struttura di prima, ma qui i nostri “giocatori” sono più disciplinati, educati, più abituati all’allenamento; le cose, quindi, vanno meglio, più facili, e possiamo anche spingere un po’ più sull’acceleratore e osare qualcosina (ricevendo risposte positive dai ragazzi) nel corso della seduta. Grande Campeao! Si vede che lavora, che li segue, che attraverso il campo riesce a educarli, a prepararli non solo per la partita del sabato. Grande! Ma non c’è tempo di fare i complimenti all’anziano professor: il nucleo “vila do Joao” e prof Renè ci aspettano. Via, di nuovo in macchina e di nuovo in campo. Qui sono 46 i bambini, dai 4 ai 14 anni…che casino. E il contesto non ci aiuta: siamo nel cuore della favela, con gente intorno e dentro il campo che guarda, passa, chiede e domanda, con mamme smartphone munite e selfiemaniache, con banditi armati a puntino che osservano e tengono tutto sotto controllo. Ripeto, che casino. Ma nonostante tutto, anche qui va tutto alla grande: Renè, il mitico prof, lavora bene e seppur molto…irrequieti, diciamo così, i bambini hanno voglia, si dedicano a noi completamente, quindi le cose sono semplificate, l’allenamento raggiunge buone intensità e buoni obiettivi. Bene, sono contento. Ma sono anche distrutto. Veramente a pezzi. La penna mi cade…dormo. Domani si riparte e io devo ricaricare le batterie!!!

venerdì 22 maggio 2015

L'angolo dell'allenatore

Tornato coi piedi per terra, più o meno, dopo l'overdose di emozioni in campo con DJ, per meglio smaltire la sbornia emotiva mi catapulto presto la mattina a Central Park per un bell'allenamento (oggi ci sono le ripetute in programma): sono un po' di marmo, ma tutto sommato sto bene e le gambe girano, quindi la seduta, tra un pensiero sull'incontro teorico previsto oggi coi mister e un'idea per migliorare ancora le cose sia qui, che in generale in Inter Campus, scivola via piuttosto facilmente (anche se l'ultimo 1000 è stato un Calvario, devo confessarlo!!!). 

Doccia, colazione a base di frutta e via, pronti per la lezione...nella hall di un hotel, o meglio presso il ristorante dell'hotel Marriot...cazzarola, ma proprio non ce la fate, cari i miei statunitensi. Ma come cacchio si fa a non trovare uno spazio alternativo, a non capire, a non volere, uno spazio idoneo, per disegnare esercitazioni, condividere metodologie, parlare di calcio??? Come cacchio si fa a sottovalutare tutto a questo modo, ad essere così superficiali e fare le cose...così, tanto per dire che sono fatte? E si che ci abbiamo provato, sia pre-viaggio con continue proposte, sia in corso di missione, ma...niente. Muro di gomma. Sembra quasi sia (già, perché su tre allenatori si presenta solo David e Ray, nostro referente tecnico locale, si fa i cazzi suoi con l'Iphone, mentre parlo di correzione del gesto e analisi dello stesso) venuto qui per farci contenti, per tenerci zitti "dai, sono anche venuto ad ascoltarti: cosa vuoi di più?". Assurdo. Ma non mollo. Mi frega assai se sono seduto ad un tavolo con delle forchette e un bicchiere di vetro davanti, più attenti e interessati all'argomento del mio allenatore: io voglio farti capire che non puoi andare in campo e improvvisare la seduta, non partecipare all'allenamento e fare solo da "propositore"! E così è stato: driblando tovaglioli e bicchieri di vetro, io e Andre per due ore abbiamo mostrato esercitazioni a David, spiegandogli fase per fase il nostro metodo, e intervento dopo intervento il nostro modo di toccare le quattro aree della personalità del bambino per, attraverso l'allenamento, non limitarci ad un miglioramento esclusivamente tecnico. Più di così non potevamo: bravo Andre e brava anche Annalisa. Abbiamo fatto veramente il massimo per cercare di portare sulla "retta via" questo progetto...particolare. Ora vediamo se i semi gettati germoglieranno finalmente e nel corso dei prossimi sei mesi che ci separano dalla visita di ottobre (che io, cacchio, non farò per impegni più importanti...) cercherò di "fertilizzarli" quotidianamente, stando addosso al duo Ray-David con esercitazioni e schede allenamento varie, per dare la svolta anche su questi campi del mondo.

giovedì 21 maggio 2015

per capire chi è Youri...

Per chi magari è nato "tardi" e non ha avuto modo di vedere all'opera Youri Djorkaeff, questo articolo può risultare interessante ed esplicativo. Io l'ho visto, andavo allo stadio e indossavo la maglia numero sei, come lui; avevo il suo poster sopra al letto, fianco a fianco con quello di Ronaldo (vorrei sapere quale interista della mia età non aveva in camera il poster di Ronaldo...) e godevo delle sue giocate e dei suoi gol. Purtroppo ho goduto di poche vittorie, ma, si sa, i campi italiani non sono sempre stati luogo di onestà e giustizia e noi interisti abbiamo subito più di altri ruberie e furti vari, soprattutto quando Youri era con noi. Ora siamo con lui, continuiamo a giocare e proviamo a cambiare un po' l'approccio a questo magico sport, l'idea che si ha di quella magica palla, girando i campi del mondo.
p.s. almeno guardati i video...


http://www.ultimouomo.com/youri-djorkaeff-uomo-e-calciatore/http://www.ultimouomo.com/youri-djorkaeff-uomo-e-calciatore/

mercoledì 20 maggio 2015

Pictures from New York


CON YOURI A COLLOQUIO...


...POI CON KARLITA...


...INFINE CON ANDREA!


MA POI È SEMPRE IL CAMPO A PARLARE!


SIA CON I BAMBINI PROTAGONISTI CHE CON GLI "ADULTI".

sabato 16 maggio 2015

Ritorno alla realtà

RITORNO ALLA REALTÀ (va bene così grosso il testo, Ivan?)


Al suono della sveglia l’impatto con il mondo non è dei più positivi: tra il dire e il fare ieri sera erano le 2:30 quando ho finalmente toccato il letto (perché dopo le due ore di calcio, intorno a mezzanotte, siamo andati a cena al ristorante di Frederique, uno degli amici di Youri presente alla partita, e li tra una parola, una risata e un bicchiere di rosé, la notte è inesorabilmente avanzata) e ora sono le 7:30, ma... central park chiama! C’è un programma di allenamenti da rispettare e oggi mi aspettano le ripetute: la sera leoni e il mattino coglioni? Non ci penso nemmeno. E allora via, acqua gelida in faccia e fuori insieme ad Andre e Karlita per il migliore dei risvegli mattutini: su, lungo la 51esima, attraversando la Madison, Park avenue, risalendo fino alla 5th, zigzagando tra le migliaia di persone che popolano a qualunque ora del giorno e della notte i marciapiedi della grande mela! E uno volta arrivati sulla fifth, giù di corsa verso l’ingresso di Central Park, cercando di bruciare tutti i semafori per non doversi fermare lungo qualche strada per lasciar passare questo taxi giallo o quel suv gigante, questo ragazzo in skate, o quel signore sul camion, in modo così da chiudere i 2km che separano l’hotel dal parco senza soste, sotto forma di riscaldamento e una volta lì…sciogliere le briglie e lanciarsi lungo i saliscendi del polmone verde della città.
Polmone…polmoncino. Certo, io sono abituato bene col mio splendido parco di Monza a portata di corsa, ma central park, tanto decantato e mitizzato, non è che una piccola, piccolissima parte della “nostra” reggia. Ma ok, a me basta correre, quindi bene, benissimo anche qui.
Chiuse le mie ripetute si torna in hotel, per dare il via alla giornata vera e propria. Oggi siamo ancora in campo, questa volta io con il gruppo di Andre e lui con il mio, per cercare di trovare l’interruttore giusto anche oggi per accendere la luce sul Inter Campus New York, per cercare di far scoccare la famosa scintilla e iniziare a lavorare come si deve (o almeno, come voglio io), anche su questi campi del mondo: qualcosa sta cambiando, le cose sul campo stanno un po’ muovendosi verso di noi, ma siamo ancora lontani, ancora manca quell’energia, quel coinvolgimento che ritengo fondamentale per portare avanti un lavoro come il nostro. E allora via, sotto col lavoro: proposte divertenti, con mille variabili motorie e cognitive, curando al massimo le nostre modalità di intervento, spiegando il perché e il percome delle cose a Brandon e Issa, fuori dal campo ad osservarci (sono due dei nostri 4 mister), provando così a render chiara nelle loro teste la nostra idea di allenamento. L’ora e mezza scivola via con semplicità e anche oggi mi diverto proprio tanto con questi nani oversize, che mi hanno dimostrato, una volta di più, quanto il “vestito” sia fondamentale nella seduta di allenamento: puoi presentare ai tuoi bambini l’esercitazione più bella del mondo, con mille varianti, mille stimoli di varia natura, mille obiettivi e sotto obiettivi perseguibili, ma se non sei capace di gestirla, modularla sulle esigenze reali dei bambini, modificarla in funzione delle risposte che ti arrivano dai tuoi nani, non rimarrà altro che un bell’esercizio. Nulla più. Non insegni nulla, non educhi nessuno, se non sei “dentro” l’allenamento. E io non voglio perdere nemmeno un’occasione e voglio, vorrei, che tutti i “miei” allenatori facessero lo stesso. Quindi…su de doss, New York!!!

giovedì 14 maggio 2015

Day two

Sul campo con DJ!


Oggi non si sgarra: sveglia, forza con l'elastico e una bella uscita a Central Park insieme a tutta la truppa! Già, anche Annalisa e Karlita, la nostra allenatrice messicana che ci ha raggiunto ieri (era a Philadefia per un tirocinio universitario e si è buttata con noi in campo già ieri! Grandissima) si sono unite a me e Andre e va reso loro merito! Karlita era già venuta a correre con noi in Chiapas, ma Annalisa è la prima volta che si muove durante una missione, quindi...grande! Avanti così! Certo, passi e obiettivi diversi, ma tutti insieme fuori! Buon inizio di giornata, dunque, che preannuncia un giorno super: oggi infatti tocca a noi fare allenamento, dopo aver osservato loro all'opera ieri, e mi sono proprio divertito a far muovere secondo i miei criteri questi bambini! Intensità altissima, tante pause se no mi collassavano in campo (su 16 che avevo in gruppo, 8 erano fortemente oversize!), un sacco di stimoli cognitivi e un sacco di gare a competizione, divertenti e coinvolgenti, che hanno fatto si che la seduta volasse via alla grande con grande attenzione di tutti. Non c'è la scintilla, vero, ma se fai loro vedere cosa si perdono, ecco che rimangono anche loro ammaliati da quella palla! Come rimaniamo noi, adulti e alcuni anche ex professionisti, campioni del mondo! Già, perché finito allenamento siamo andati con Youri a giocare a calcio in un centro sportivo vicino al giant stadium: un posto bellissimo, con quattro campetti a 5 fatti a gabbia, quindi con le sponde e quindi senza la possibilità di fermare il gioco.
E li abbiamo giocato ininterrottamente per due ore, con la formula brasiliana del "chi vince resta": tre squadre, due in campo, chi arriva prima ai due gol rimane.
E li con Youri, campione d'europa e del mondo, abbiamo messo in campo quell'amore per la palla che tanto decanto, quella voglia puerile di giocare, di correre, di competere, di...vincere!
E li mi sono ritrovato sul campo con il mio idolo di quando ero bambino, mi sono ritrovato a chiamargli la giocata, a chiamarli pressione sul portatore, a fornire e godere dei suoi assist, a vincere sei partite consecutive prima di uscire non per una sconfitta, ma...per far divertire un po' anche gli altri!!!
E li mi son reso conto che quella voglia di palla nasce con l'uomo e muore con lui: un bimbo a un anno e mezzo, maschio o femmina che sia, appena vede una palla la colpisce, la calcia e questo bisogno naturale rimane con lui tutta la vita. Magari nascosto, sopraffatto da altri interessi, da altre abitudini, da altre faccende, ma rimane.
E li ho goduto veramente tanto della mia condizione, di ciò che vivo continuamente e di ciò che faccio e riesco a fare. In campo con Djorkaeff...

mercoledì 13 maggio 2015

First day in New York

FIRST DAY IN NEW YORK


No. Non ce l’ho fatta. La sveglia è suonata, ma io dopo averla sentita e sopraffatta con maledizioni di ogni genere, mi sono rigirato nel letto, son tornato ad abbracciare il mio cuscino e mi sono rituffato nel mondo dei sogni. Oggi, dopo tanti anni, ha vinto la stanchezza. Ma ok: in fin dei conti questa settimana mi sono allenato tutti i giorni e la giornata che mi si prospettava era lunga e complicata, quindi male, ma non malissimo.
Sveglia quindi posticipata di un’ora, colazione e via, due passi (in realtà 2.6 miglia) verso il luogo di incontro con Youri. Fa caldo, il cielo è azzurro, c’è un piacevole vento in Central Park: non sembra nemmeno New York, visto che le precedenti volte ha sempre fatto freddissimo!!! Dopo una quarantina di minuti di marcia, eccoci arrivati: rivedere il mio idolo di quando ero piccolino e vederlo salutarmi con affetto mi fa ancora uno strano, seppur piacevolissimo, effetto! Poco dopo ci raggiunge anche Ray, con il suo americanissimo modo di parlare che mi mette non poco in difficoltà a volte, soprattutto quando si lancia in disamine calcistiche, farcite di termini tecnici e commenti in slang! Ok, a parole tutto procede al meglio: vediamo in campo se quanto detto trova un risconto…e infatti non lo trova. Un mezzo disastro sotto il profilo dei contenuti, anche se devo dire che per lo meno hanno imparato, stanno imparando, ad organizzare meglio la seduta: i bambini sono più controllati, l’allenamento si sviluppa attraverso tre momenti (con esercitazioni a cazzo, ma cambieremo anche questo), c’è buona intensità e partecipazione da parte dei bambini. Insomma, qualcosa sta cambiando, ma la strada è ancora lunga. E a volte mi sembra infinita e quasi inutile da percorrere perché tanto a loro, qui, su questi campi del mondo…non gliene frega niente! Non c’è la fame, la voglia, l’amore per il calcio che rivedo in giro; qui il calcio è un di più, è un passatempo, è l’occasione per andare al parco e la scusa per sfondarsi di tacos dopo allenamento. È uno sport come altri, è un momento di spensieratezza, è puro e semplice gioco, senza regole, obiettivi, strategie.
E se non ci siamo noi di Inter Campus a farli giocare, c’è qualcun altro a far muovere le chiappone di questi bimbi, quindi a loro non interessa granché mettersi in linea con noi, con le nostre indicazioni, con le nostre richieste e a volte, mi sembra, nemmeno sono contenti che siamo qui con loro, anzi, sembriamo un peso. Un esempio su tutti a dimostrazione di quanto scritto è dato dall’uso minimal della nostra maglia: in Camerun, in Angola, in Congo la maglia è tutto, i bambini impazziscono con i nostri colori addosso, si sentono giocatori, si sentono campioni, si sentono parte di una famiglia internazionale, appunto. Qui la maglia è indossata quando arriviamo noi, senza i nostri pantaloncini, il più delle volte dal 30% dei presenti…una mierda, per dirla nella loro lingua, visto che sono tutti sudamericani!!! È un peccato, per me, rendermi conto tutte le volte di questi limiti direi genetici del progetto: possiamo far crescere gli allenatori, renderli abili a gestire e strutturare gli allenamenti, capaci di educare veramente attraverso lo sport, ma...manca la scintilla, l'amore per la palla, la fame. Si va avanti, certo, con ancora maggior impegno, perché capiscano quanto sia magica quella sfera anche loro, non si molla certo, e anzi, spero un giorno nemmeno troppo lontano di scrivere tutt'altro su queste pagine virtuali, ma ora la realtà è questa. Vamos adelante!

martedì 12 maggio 2015

Il viaggio infinito

INTER CAMPUS NEW YORK


Non so quanto tempo abbiano impiegato i padri pellegrini a bordo del Mayflower nel 1620 per arrivare negli stati uniti (in realtà lo so…circa due mesi, ma se no mi mancava l’incipit del racconto), ma noi oggi abbiamo deciso di emularli e anche se siamo nel 2015, nell’era del tutto e subito, subissimo, prestissimo, sbarcare a New York è stata una fatica di erculea memoria! Tutto inizia…ancor prima dell’inizio, quando Alitalia ci informa che il nostro volo sarebbe partito con 5 ore di ritardo, rendendo così inutile e soprattutto beffardo, il mio anticipato risveglio per correre alle 6:30 e, allo stesso tempo, facendomi comunque perdere la 10km di Monza! Che beffa. Se non altro però riesco a pranzare con Si e la sua pancia in divenire continuo, prima di muovermi con Andre verso Malpensa dove ci attendono altre tre ore di ritardo. W la nostra compagnia di bandiera: 8 ore accumulate di ritardo senza nemmeno aver staccato le ruote dal suolo italiano credo sia un record, ma in ogni caso son sicuro sia un concentrato di scarsezza e inettitudine; una figura, l’ennesima, da cioccolatai con turisti e lavoratori stranieri che hanno avuto la malasorte di imbattersi in un volo alitalia. E perché questo ritardo? Perché l’incendio di Fiumicino di settimana scorsa sta impattando su tutto il traffico aereo che transita da Roma e poiché lo staff dei voli alitalia è sempre romano e parte sempre da Roma, l’aereo che doveva portarli a Milano ha accumulato ritardi su ritardi, bloccando la nostra partenza (il nostro aereo partiva da Milano, ma la crew doveva arrivare da roma???W l’Italia). Assurdo. Molte ore dopo, quindi, riusciamo a decollare per poi rimettere “le ruote” a terra dieci ore dopo, quando ormai anche a New York era sera, le 23 per la precisione. Si sbarca, si esce dall’aeroporto, si prende un taxi e solo alle 2 riesco a buttarmi nel letto! A pezzi. E domani si parte presto: ore 8 colazione, perché poi dobbiamo beccare Youri e Ray per definire la settimana. Ce la farò a svegliarmi per correre?

venerdì 8 maggio 2015

E POI...

E POI…

E poi…e poi si torna a casa, si torna ai quotidiani, sciocchi, casini intercampisti, alle polemiche sterili dei genitori in Calva, ai capricci viziati dei giocatori…
E poi…e poi ti rituffi in tutto questo e ti chiedi dove sia la realtà, dove sia la tua realtà, se quel campo in terra nel cuore della savana, senza palloni, materiale, porte, o campo sintetico, ma solo tanta, tantissima passione, amore per il calcio, voglia di giocare, apprendere, conoscere e diventare…qualcosa, qualcuno, ma diventare, oppure questi campi in super sintetico, con palloni a non finire, eppure mai abbastanza belli per i piedi dei tuoi bambini, con materiale a disposizione senza fine, eppure mai abbastanza per la nuova, sconvolgente esercitazione di un tuo allenatore, con tutte le condizioni necessarie, utili, per giocare, apprendere, crescere e divertirsi, che però non soddisfano mai a sufficienza i giovani calciatori che incontri ogni giorno. Già, dov’è la realtà? Troppo facile e quasi sciocco dire la’, nella savana; così come troppo superficiale andar contro al qui, ai nostri sintetici di ultima generazione e ai nostri bambini viziati. E tutte le volte che torno da uno dei miei viaggi, questo dubbio torna a far capolino nella mia mente, perché vorrei riuscire a portare ciò che di buono c’è da una parte, per portarlo dall’altra e vedere di migliorare le cose, ma…migliorarle secondo il mio punto di vista, secondo la mia realtà: è davvero così giusta? Ecco perché mi chiedo dove sia la mia, dove sia la realtà.
Qual’è? Quella che non sopporto più, o quasi, che mi porta a ritrovarmi quotidianamente in campo per fare la conta degli assenti: chi in gita, chi con le unghie troppo lunghe, chi con l’allergia, chi, chi, chi…milioni di scuse che quotidianamente portano i nostri ragazzi, di tutte le categorie, a scegliere altri posti dove stare, diversi dal campo, oppure quella che mi porta in Congo,per esempio, con bambini che mangiano a giorni alterni, senza scarpe, senza abito, se non la maglia e i calzoncini dell’inter che diamo noi, sempre presenti, sempre affamati di calcio, che mi costringono a respingerli perché…non è il vostro giorno di allenamento! Tocca ad altri oggi! Cacchio! Dov’è la realtà? Qual’è???
E poi…e poi ti ritrovi ancora una volta così, teso tra questi due mondi, a cercare di capire come muoverti al loro interno, a cercare di capire cosa fare nell’uno e nell’altro per aiutarli a migliorare, seguendo sempre la tua, personalissima, stella cometa, stella dei Magi, cuoiuta, sferica e splendidamente semplice da utilizzare per crescere e divertirsi. 
Fino al prossimo viaggio…anche se sarà New York.