martedì 30 ottobre 2012

Immagini ugandesi


Nani scuri


Pihardi e i suoi fratellini


Benjamin non mi molla!!!

Pensieri da Mzungo, pt.2

Pensieri Ugandesi

Girando per i campi del mondo grazie a questa splendida avventura in neroazzurro, non solo vivo grandi esperienze, cresco quotidianamente, apro la mia mente e i miei occhi a qualcosa altrimenti inimmaginabile, ma ho il privilegio di incontrare e conoscere persone speciali, cariche di un'energia contagiosa e di una dedizione assoluta nei confronti del prossimo, capaci di sacrificare la propria vita, il proprio benessere, per rifugiarsi in questi angoli di mondo e lavorare per cercare di aiutare qualcuno.
Prima di intraprendere questo cammino ignoravo quasi totalmente l'esistenza di questi personaggi, per poi imbattermici e rimaner affascinato viaggio dopo viaggio da gente come Lidia, Francis, Ste, Padre Hugo, Padre Angelo, Padre Luigi, Gino...e che non me ne vogliano gli altri che non ho nominato.
Uomini, donne, che han deciso di chiudere con la vita "normale", canonica per noi europei, prendere e partire e diventare colonne portanti per l' esistenza di centinaia, migliaia di persone, esempi per tutti coloro che hanno avuto il privilegio, come il sottoscritto, di averci a che fare.
Al loro fianco, non me ne vogliano ma un gradino più in basso, i miei viaggi mi han portato a conoscere altre genti, per lo più italiani, stufi del nostro "primo" mondo e decisi a viver la vita, o anche solo una esperienza, in queste realtà ignorate dai più: Teo, Riccardo, Gaetano, la Pina, Tito, Nicoletta...uomini e donne, anche loro, che hanno avuto il coraggio di lasciar casa, per tentar la sorte, per vivere nuove esperienze, per esigenze, per altre mille motivazioni.
Ultimo in ordine di tempo Marco, mio coetaneo, che da un anno con la moglie vive ad Aber, nel West Nile, in Uganda, in un villaggio micro, nel mezzo del nulla, per fare il volontario (si, volontario, quindi non retribuito) in un orfanotrofio, mentre la moglie dottoressa dedica il suo tempo all'ospedale e ai malati in esso ospitati, con un contratto governativo, quindi come se fosse ugandese anch'essa. Con loro il figlio, tre anni se male non ricordo, che dei tre vivrà, a mio dire, l'esperienza più significativa per il suo futuro, considerando dove crescerà nei prossimi giorni. Loro hanno avuto il coraggio che in tanti, tra coloro che conosco, inseguono: il coraggio di mollare tutto, tutto quello in cui non si riconoscevano, o almeno mi pare visto quei pochi giorni che ho avuto per conoscerlo, per cercare altro, per provare altro. Poi magari, allo scadere del contratto della moglie, rientreranno a casa, dura che sia così per quel che ho intuito, ma per lo meno potranno dire di aver cercato, di aver provato a vivere qualcosa di differente, poi...si vedrà. Be', grande, grandi. Mi piacciono questi incontri. Grazie anche per questo, Inter Campus. Al prossimo personaggio.

lunedì 29 ottobre 2012

Uganda: 24 ottobre


Ottobre 24

Fare allenamento con un persistente profumo di jackfruit nell'aria, nel campo verde smeraldo di Nagallama, non e' roba di tutti i giorni! Avere poi intorno centinaia di curiosi, per lo più vestiti di neroazzurro, ed essere accompagnato nel lavoro da risate e applausi ogni volta che spizzico qualche parola in luganda per farmi meglio intendere dai bambini, mi da una carica indicibile!
Grandi, grandi grandi! 
Esser poi accompagnato in tutto questo da un grande come il Pihardi, oltreché dal sempre presente Max, mi fa innamorare ogni giorno di più di questo lavoro, che pur mi costringe spesso lontano da Silvia.
Uebalegno sebo, gnabo! Uelaba!

La mattinata inizia un po' prima oggi: tanta carne al fuoco e l'assenza di Max in aula nel suo fondamentale ruolo di supporto nella traduzione, malessere del compagno quindi a casa a riposare, mi spingono a chiedere di anticipare un po' i tempi, in modo da avere tutto il tempo per stare con gli allenatori e con i bambini sul campo e portare a termine nel migliore dei modi il lavoro. L'esperimento del laboratorio e' riuscitissimo e anche oggi le due ore in aula sono servite più di mille altri incontri: accompagnare gli allenatori nella "costruzione" dell'allenamento passo dopo passo, partendo dalla scelta dell'obiettivo, per poi svilupparlo attraverso il nostro metodo, definendo insieme le esercitazioni da proporre e testandole insieme sul campo tra di noi, si e' rivelata una scelta vincente, da riproporre. Certamente non e' un tipo di corso che si può presentare ovunque, in tutti i 24 paesi neroazzurri: c'e' bisogno di un buon livello di base degli allenatori, ma credo che in altri paesi africani questa modalità verrà replicata. Anzi, credo proprio che per questa terra, questo sia proprio l'approccio ideale, viste le caratteristiche e l'indole delle genti da queste parti. Si vedrà. Nel frattempo, tornati in campo dopo la parte in aula, ci attendono i nostri bambini, già pronti ed ordinatamente schierati a bordo campo, in attesa di un nostro cenno per l'allenamento; nel mio gruppo, come anche in quello di Robi, ci sono tante bimbe e le loro evidenti difficoltà non solo tecniche, limitano le intensità delle proposte, che stentano a prendere il volo a causa dei ripetuti errori, ma va bene anche così: in fin dei conti questi sono i giocatori a disposizione, quindi ci si adatta. 
Il bello pero' arriva ora...la cerimonia! Come garba la cerimonia agli Africani! Scaletta del programma condivisa con tutti i presenti dal mastro cerimoniere, intervento di ringraziamento da parte di tutte le "autorità" presenti, al quale non riesco mai a sottrarmi, canti, inno nazionale, scenette dei bimbi per raccontare la storia ugandese nell'anno del cinquantenario dell'indipendenza...la cerimonia! La cosa prende sempre un sacco di tempo, durante il quale tutti i bambini presenti, si parla di "soli" trecento oggi, non fanno una smorfia, non vengono mai richiamati, restano sempre in ordine e seduti composti nel pratone verde, all'ombra del mango centenario; se lo stesso accadesse da noi, con bambini dai 4 ai 14 anni, come qui riuniti in cerchio, seduti ad ascoltare per più di un'ora, scoppierebbe in breve la rivoluzione tra grida, spintoni e richiami delle maestre. E così funziona anche in Camerun, o in Congo, o in Angola: ordinati e disciplinati, a prescindere dall'origine del bambino, che venga dalla strada, dal bush o dalla favela di Luanda. Quasi, quasi ce li porto i 2004 della Calva da queste parti...
Conclusa la cerimonia, si riparte: back to Kampala.

Back to Kampala...e mentre la macchina corre lungo la strada, lungo i 40 km che separano Mokono dalla capitale, fuori dal finestrino scorre un mondo, un mondo diversissimo dal mio, pieno di colori, di gente e di interrogativi. Lungo la strada, infatti, si snodano villaggi, le cui capanne di fango e paglia si ammassano a bordo pista, con alle spalle, poche decine di metri più in la, la macchia verde, intensa. della foresta; fuochi improvvisati che bruciano erba secca, manioca stesa a seccare al sole, frutti colti dagli alberi e messi in vendita su bancarelle improvvisate, riempiono l'aria di odori; gente seduta, sdraiata, al massimo presa da un lento e caracollato cammino, spunta qua e la, fuori da queste casette, con bimbi che corrono ed inseguono la nostra macchina, attrazione della giornata, poiché popolata da mzungo. Le domande di fronte a questo spettacolo sorgono naturali: cosa fanno? Come fanno a starsene tutto il giorno, tutti i giorni, qui? Qui significa in un punto lontano dalla città, con attorno null'altro che natura selvaggia e...la strada. Cosa fate qui? Come diavolo fate a crescere qui, bimbi? Come fate a sopravvivere? Certo, gli uomini racimoleranno qualche scellino con lavoretti improvvisati e coltiveranno la terra (qui tutti hanno un piccolo orticello da cui trarre qualche vantaggio), ma...cacchio, come fate a non impazzire? 
I miei occhi, quindi, cercano risposte osservando quanto scorre la fuori, senza mai arrivare ad una soluzione, ma...la domanda e' sinonimo di viaggio, perché costringe ad intraprendere un indagine per trovar risposta, quindi ben vengano le domande!

sabato 27 ottobre 2012

Uganda 23 ottobre


23 ottobre

"La differenza tra un turista in africa e un razzista? una settimana!"
Una frase  forte, capace di inorridire tanti perbenisti radical chic, che superficialmente odono, ma non ascoltano quanto vuol dire Angelo, mi pare si chiamasse così, cosa veramente intende; Angelo infatti non e' un pazzo nazista fuggito dalla Germania per instaurare in Uganda un quarto Reich, fondato su razzismo e segregazione razziale, ma un ragazzo, una volta ragazzo, che vive e lavora a Kampala da 14 anni, sposato con una ragazza locale e che ha a che fare quotidianamente con i ritmi, la voglia, la difficoltà a capire i nostri messaggi, la lentezza ad agire, tipica delle genti di questo continente. Ed a lui e' corso il mio pensiero oggi sul campo, quando durante la parte pratica con gli allenatori ci siamo incagliati nella spiegazione di un esercizio a mio modo di vedere facilissimo, ma che per loro e' risultato peggio della teoria della relatività di Einstein! E non c'e' stato verso: gira come vuoi la proposta, modificala, semplificala, proponila con le mani, guidala dall'inizio alla fine, nel momento in cui li lasci agire da soli, sbagliano. Clamorosamente sbagliano. E questo intoppo mi era già capitato altre volte: nel momento in cui non devono solo agire, ma devono pensare, scegliere ed agire, sbattono contro un muro di gomma invalicabile e non vanno più avanti. Ci sono quindi delle cose che per loro, a loro, proprio non sono adatte, non funzionano, le rifiutano categoricamente; certo, non si può far di tutta un'erba un fascio, si trova sempre "l'illuminato", quello più sveglio che capisce e prova a guidare gli altri, quasi sempre si trova, ma la maggioranza si scontra con certe richieste in cui si richiede un minimo di applicazione e non ne viene a capo. Il perché non so trovarlo, anche se credo fermamente che il ragazzo africano non capisce la mia richiesta non perché è scemo, ma perché non gliene frega niente di capire, perché è una richiesta lontana anni luce da ciò che a lui verrebbe in mente, perché è qualcosa che non gli appartiene, quindi nemmeno ci prova ad applicarsi e a trovare la soluzione. E lo stesso vale per i ristoranti o gli hotel nei quali ci siamo imbattuti fino ad oggi: posti "bianchi", lontani anni luce da ciò che usano, da ciò di cui hanno bisogno loro e quindi spesso "africanizzati", quindi mal gestiti, raffazzonati, messi li tanto per fare, per far contento il mzungo, non per propria volontà e se questi, il mzungo, non c'è e non mi obbliga a fare le cose giuste per portare avanti ristorante, albergo o locale che sia, tutto, in breve, va a rotoli.
In ogni caso vedere le difficoltà con cui uomini di trenta e passa anni affrontano esercitazioni dedicate a bambini fa comunque sorridere.
Riflessioni antropologiche a parte, oggi altra gran giornata, tra campo ed extra campo, insieme ai nostri amici Ugandesi, conclusa con delle gran ripetute, sempre grazie Silvio, lungo la strada fuori l'African Village, tra occhi curiosi nelle capannine e urla di incitamento, "bye mzungo", dei bimbi che incrociavo! Insomma, solito, mitico, spettacolo!

Uganda 22 Ottobre


22 ottobre

Hit the lights, dei mitici metallica, compagni di adolescenza, accompagna il mio rientro in camera, nella mia capannetta all'african village, dopo una intensa e più che soddisfacente giornata ugandese. Direi degna chiusura di una giornata che ha visto il suo sorgere dopo una lunga nottata di lotte con zanzare immortali e oltretutto dispettose, perché non solo ste troie si son divertite a ridurmi ad un groviera, bucherellandomi un po'ovunque, ma mi hanno anche insistentemente preso in giro, svolazzandomi vicino alle orecchie, svegliandomi col loro acuto sibilo e facendo in modo che mi gonfiassi la faccia di schiaffi, nella vana speranza di colpirle mortalmente! Tutto ha un senso, vero, tutto e' stato creato con uno scopo, ma madonnina della neve delle zanzare avrei volentieri fatto a meno! Ad ogni modo, condizione tipo Andrea Pazienza negli ultimi mesi a parte (per i buchi sulle braccia dovuti alle punture), il sole caldo e il cielo azzurrissimo del mattino mi caricano a molla e per tutta la giornata viaggio come Gattuso a caccia del pallone, e così aula e campo scivolano via molto positivamente e con grande entusiasmo da parte di tutti. Devo dire che l'esperimento del laboratorio per aiutare gli allenatori nella costruzione degli allenamenti, accompagnandoli maieuticamente (chissà se esiste come termine...sfruttando la maieutica socratica, intendo) nella scelta delle esercitazioni adatte mi sta intrigando non poco e la cosa sicuramente avrà un seguito; anche Robi e' contento dell'esperimento, quindi direi che siamo sulla strada giusta. Il campo del pomeriggio con i due gruppi di bambini, poi, e' il solito divertentissimo momento, in cui loro ed io insieme miglioriamo e cresciamo nel corso dell'ora e mezza trascorsa insieme, sfruttando quella magica sfera di cuoio come punto di contatto. 
Benjamin e' sempre con me: anche questa volta, anno, dopo anno, il bimbo sordomuto che da 4 anni si attacca alla mia mano non appena entro a Nagallama e mi aiuta, anzi prende il totale controllo di cinesini e palloni, mi fa da assistente in campo, in questa occasione accompagnato da un amichetto, più piccino di lui, ma ugualmente curioso ed iper attivo. Che bello, tutte le volte, tornare su questi campi ed incontrare, anzi rincontrare, amici, persone, ormai parte della mia quotidianità "ugandese", parti cioè fisse dei miei giorni in posti specifici, determinati, precisi.  Un po' come in Calva ritrovo sempre le stesse persone, qui la cosa non si discosta di molto, se non per il fatto che...sono in un altro mondo, rispetto al mio! 
Ormai son quasi convinto: la prima volta che riesco a portare Silvia con me, la porto qui, in Uganda: paese tranquillo, gente splendida, natura selvaggia e questa condizione di assoluta famigliarità con tutti, che rende le cose sempre semplici e tranquille. Quindi, mia cara, preparati...

venerdì 26 ottobre 2012

http://picciouganda.blogspot.nl/

Sui campi del mondo: Foto rubate a Marco

Foto rubate a Marco



In aula...


...in campo...


...i due mister se la spassano!

Uganda 21 ottobre


21 ottobre

"Bam, Bam"!
"Baaam, Baaam"! 
La porta sembra cadere, sotto i colpi potenti di Tito, deciso a svegliarci "dolcemente" questa mattina. Riemergo a fatica dal coma in cui verso da circa sei ore, durante il quale ho sognato cose senza senso, la più bella delle quali e' stata una mia invenzione, un mio brevetto, regalato ad alcuni personaggi africani, di non so bene quale paese, con i quali avevo a che fare: delle specie di stracci che venivano infilati nelle buche, perché qui come in altri paesi africani le buche sono le regine delle strade, per colmarle e render le strade più morbide e la guida, quindi, più confortevole. Geniale, direi. 
Abbandono quindi il mio sogno africano, per aprire gli occhi nella realtà africana, come sempre piena: piena di odori, colori, suoni, piena di gente che cammina lungo le strade per andare non si sa mai dove, piena di occhi curiosi che scrutano il mzungo, lo studiano e si chiedono cosa mai ci faccia li, con loro. 
La strada che mi porta all'african village di Mokono, dove alloggiamo, grazie a tutta questa "pienezza" scorre veloce e ben presto mi ritrovo in campo, alla saint Joseph Primary School, con i bimbi ad accoglierci e gli allenatori pronti per farci vedere il loro allenamento, come da me sempre richiesto il primo giorno. Credo infatti che osservare un loro allenamento sia fondamentale per il proseguo dei lavori, perché solo vedendoli all'opera possiamo veramente capire dove intervenire e come intervenire per facilitare il loro lavoro con i bambini e render l'allenamento veramente uno strumento educativo e non solo un momento da passare, inseguendo in maniera anarchica una palla. Qui il livello e' buono e le proposte son tutte valide e ben sviluppate, anche se le intensità della seduta sono un po' troppo africane, lasciando un po' troppo i bambini in attesa tra un'esercitazione e l'altra, ma...it's african time!
Le cose comunque vanno alla grande, son soddisfatto del livello raggiunto e contento di vedere come usano i nastri e le esercitazioni coordinative che gli abbiamo proposto in questi anni non a caso, ma seguendo una logica ed una progressione. Grandi ragazzi. Dopo allenamento breve "debriefing" per illustrare il nostro lavoro di questi giorni e cosa ci aspettiamo da loro. quindi monto il Garmin, cambio la maglia e...via! Si corre. Rientro di corsa all'african village. Poco più di 8 km attraverso i villaggi di Nagallama e Mokono, accompagnato dalle urla dei bambini e dalla bici di Pihardi! Mitico Pihardi, che ha chiesto la bici a Mike, per seguirmi, un po' come fa Silvia a casa. Spettacolo! Peccato solo le macchine, non proprio ecodiesel, che mi affumicavano lungo il percorso, impedendomi quasi di respirare, ma comunque gran primo giorno! Chi ben comincia...

giovedì 25 ottobre 2012

Uganda 2012

Uganda 2012

Si riparte: Uganda e' la nuova meta. Si torna dai nostri amici di Nagallama, incontrati lungo il nostro pellegrinaggio neroazzurro ormai 4 anni fa, nell'aprile del 2008, e da allora diventati sempre più membri della nostra grande famiglia. Fred, Michael, Miss Josephine, Benjamin, Opio, Tito...tutti parte del progetto e della mia vita da allora. Mi piace sempre partire, viaggiare, allenare bambini e formare allenatori, qualunque sia la meta, qualunque sia la "cellula" da visitare, ma l'Uganda e' sempre particolare; particolare non significa migliore o peggiore, semplicemente quando vengo in Uganda non ho pensieri, e' un paese che non mi da alcun tipo di preoccupazione, non mi crea alcun tipo di ansia: e' una realtà tranquilla, senza pericoli per la strada, briganti o ladri che siano, si trova sulla linea dell'equatore, per cui anche climaticamente e' tranquillo e pacato, gli allenatori e gli 800 bambini ci seguono senza problemi, crescono e migliorano visita dopo visita. Insomma, e' un posto ideale, e' veramente la perla d'Africa, come viene chiamato! Quindi, a parte il fatto che mi son dovuto svegliare alle 3.30 per prender l'aereo alle 6, aver viaggiato fino alle 22(arrivati all'aeroporto, però esser stati accolti dai bambini in maglia inter e da fred, mike e miss josephine  mi ha emozionato) e trovarmi ora in condizioni pietose, distrutto, nel letto, direi ormai nel mio letto, nella guest house del cuamm a Kampala, eccomi pronto, prontissimo per questa nuova missione inter campus! fischio di inizio!