martedì 28 luglio 2015

In campo...ma non io.

PREMIER JOUR


Si comincia subito a spron battuto: giusto il tempo di arrivare a Mbalmayo dall’aeroporto Nsimalen di Yaounde (circa un’ora), buttarmi nel letto dopo essere stato accolto in camera da una blatta di 50 kg (doveva essere il padrone di casa…) ed eccomi pronto, elastico in mano, per il mio risveglio mattutino in vista dell’intensa giornata. 54 allenatori mi aspettano nell’aula del COE, penna in mano e taccuino degli appunti aperto sulle gambe, motivatissimi ad apprendere come strutturare un allenamento e determinati a capire cosa significa intervenire sullo sviluppo della personalità dell’individuo attraverso...il calcio. 

Sperimento un giochino per rompere il ghiaccio, per iniziare a conoscere i “miei” alunni e introdurre l’argomento e le cose si mettono subito al meglio, tanto che tre ore filate scivolano via senza grossi ostacoli, volando tra domande, coinvolgimenti da parte mia e approfondimenti di vario genere sugli argomenti da trattare. In tanti anni di Camerun (che frase da vecchio!!!), questa è probabilmente una delle migliori lezioni che sono riuscito a proporre: son proprio contento. 

Anche i due pischellini sono coinvolti, soddisfatti della lezione, nonostante siano costretti unicamente ad ascoltare, a fare solo da auditori, e con Max l’intesa in aula ormai è talmente navigata che quasi non occorre più parlarsi, spiegarsi le cose: tutto va alla grande. Insomma, siamo proprio un bel team e la mattinata porta grandi frutti con se. A pranzo, che facciamo al CAS, insieme ai ragazzi e dove plantain (madonnina come vado matto per questo piatto!!! Per nulla salutare, ma…debolezza, confesso) e il classico misto di verdure locali farcito da un piment strasaporito e forte, la fanno da padrone, l’argomento principe è la seduta pomeridiana: mi sono detto più volte prima del viaggio che dovrò lasciare il campo ai ragazzi, per starne fuori, essere da supporto per loro e da “cicerone” per gli allenatori locali in formazione, per cui preparo con loro la seduta, cercando di essere il più chiaro possibile su ciò che vorrei vedere, ma poi…l’emozione e sicuramente il peso  dei miei occhi e quello degli occhi dei 54 allenatori, pronti a scrutare ogni situazione sul campo, fissi su loro, un po’ limitano la loro prestazione, un po’ “legano” i loro movimenti, rendendo meno efficaci del previsto le loro proposte. Per carità, allenamenti comunque validi, efficaci, divertenti e coinvolgenti per i bambini, ma so che possono e sanno fare meglio, sia Robi (che comunque non mi è dispiaciuto oggi) che soprattutto Dave (troppo confusionario oggi). 

In queste occasioni riconosco di essere un vero spacca maroni: pretendo tanto, troppo, dai “miei” allenatori e non sono mai completamente soddisfatto, completamente contento; lo so, me ne rendo conto e le stesse richieste le faccio anche a me stesso, sono super esigente, ma credo sia giusto così. Se posso dare mille ai miei bambini, perché non provare a dar loro mille e due? Non mi accontento di un buon allenamento, voglio il miglior allenamento, anche se il migliore sarà sempre il prossimo, quindi...eternamente insoddisfatto.
Terminata la seduta i ragazzi sanno cosa penso e mi chiedono consigli e suggerimenti, ma…non è il momento. Ora andiamo a fare una bella corsa, diamo fondo a tutte le nostre energie e questa sera, davanti ad una fresca Castel, affronteremo l’argomento. Ogni cosa a suo tempo.

domenica 26 luglio 2015

Ultima tappa della stagione: Camerun!

Camerun: Mbalmayo 2015.


Nemmeno il tempo di disfare le valige che sono nuovamente impegnato a rifarle, questa volta destinazione Camerun. Ultima missione della stagione, anche quest’anno ricca, ricchissima, di viaggi, esperienze, allenamenti e corsi e anche quest’anno chiusa nella “mia” petite afrique, dal grande Francis. Come sempre quando arrivo al termine dell’anno sono un po’ stanco, mi sento un po’ in “low battery”, ma…ok. Siamo alla fine. Stringiamo i denti, pensando che la vera fatica, il vero sfinimento è altro. Io, una volta rientrato dal Camerun, me ne andrò in ferie, le ultime…in due. E li avrò tutto il tempo di dedicarmi alle mie corse, ai miei allenamenti liberamente, senza pressioni, senza lo stress del tempo che avanza e incombe, avrò il tempo di dedicarmi a Si e alla sua panza, insomma, avrò il tempo di riposarmi e ricaricarmi in vista della mia undicesima stagione con la maglia nerazzurra indosso! Quindi…via, carichiamo le batterie e ripartiamo!!! Ad aiutarmi in questa ricerca delle energie, a darmi una ulteriore “ricarica” in questa occasione c’è la novità assoluta: in Camerun con me ci saranno due nuovi allenatori da testare, da provare sul campo, in vista di un loro futuro, possibile, inserimento nello staff. Ho bisogno come il pane di allenatori, ma essere intercampista non è roba da tutti, per cui le selezioni devono essere accurate, attente e minuziosamente pensate, in modo da poter quasi subito iniziare a far trottare i mister scelti in giro per il mondo, pronti, ma soprattutto predisposti, a vivere le esperienze che solo questo mestiere sa donarti, senza perder tempo e senza dover star loro dietro passo per passo.I due pischellini coinvolti, Dave e Robi, frutto della “cantera dei mister”, si sono dimostrati capaci e meritevoli in Calva, con i loro gruppi, ma lavorare a casa è una cosa ed è completamente diverso dal farlo in queste realtà, su questi campi del mondo. Ricercare alte intensità, essere da esempio per i mister in formazione, correggere gli errori con l’ostacolo della lingua, saper scegliere le esercitazioni adatte, utili, pur con poco materiale a disposizione e con numeri di bambini imprecisati fino all’ultimo secondo prima dell’inizio della seduta...Vedremo. Da domani mattina sarà il campo a parlare.

sabato 25 luglio 2015

Max l'esorcista

MAX L’ESORCISTA


Quando Gabriele ci ha detto che dopo allenamento ci saremmo dovuti fermare a casa di Augustine, il padre di Auguy di cui poi parlerò, per fare un esorcismo e scacciare gli spiriti maligni, pensavo scherzasse, tant’è che ho retto il gioco con noncuranza, caricando anzi la posta di fronte allo spaventato uomo congolese dicendo che Max è il migliore in Italia a parlare con gli spiriti, invece…invece al termine della seduta papà Augustine ci ha portati davvero nella sua casa infestata e, visibilmente spaventato, ci ha invitati a fare qualcosa per allontanare le presenze maligne dalle sue stanze, che da giorni gli impedivano di dormire.
Max allora, preso, presissimo, nella parte di stregone, ci ha chiesto di fare da chierichetti, di aiutarlo nel rituale: aperte le porte, quella di ingresso e quella di uscita (per far uscire gli spiriti), ha iniziato a citare diversi episodi biblici e vangelici in cui i demoni sono stati sconfitti, senza esitazioni, con estrema convinzione e sicurezza, presentando il tutto come parte di un vero e proprio rito, ispirato chissà da chi! A quel punto ho iniziato quasi a preoccuparmi: o mamma, è andato del tutto! I maiali che si buttano nel fiume, la donna con le emorragie, la Madonna che sconfigge il drago: un’escalation mistica, che lo stregone bianco chiude con una preghiera e la benedizione (si, si, benedizione! Indice e medio uniti e sollevati, andava in giro per la casa, facendo il segno della croce! Posseduto, letteralmente posseduto) delle stanze, con anche l’incisione del nome della madonna sui due ingressi!!! Terminata l’insolita funzione usciamo dalla casa con Max apparentemente provato, stanco, come se…cazzo, come se davvero avesse fatto un esorcismo!!! Non riesco a nascondere il mio stupore e chiedo con insistenza al mio compagno di viaggio se quelle recitate erano formule che aveva sentito, che conosceva, o se era solo farina del suo sacco, ma lui…niente, ormai è uno stregone! Non mi risponde con chiarezza, rimane vago e continua a citare episodi biblici relativi alla lotta tra il bene e il male. Posseduto anche lui! Questa ci mancava…ora son curioso di capire, di sapere, se davvero la casa tornerà vivibile, accessibile, libera dai demoni, dagli spiriti maligni. Se davvero così fosse, Max, hai trovato una nuova occupazione!

domenica 19 luglio 2015


Due mosche bianche...


Aspettando di giocare!


Dario al lavoro, io osservo, in buona compagnia.


Che campi in questa parte di mondo!


Diamo intensità, anche sulla sabbia!!!


Poche parole, poi in campo!

sabato 18 luglio 2015

Lubumbashi

SPORT A LUBUMBASHI


…e invece no, niente calcio: la giornata si è dilungata, prima sul campo di Djamaetu, poi su quello di Bakanja Centre e quando rientriamo non abbiamo il tempo per organizzarci e andare a sfidare nel nostro sport i ragazzi grechi. Meglio per loro, ma peggio per noi: dopo i due allenamenti di oggi e la formazione agli allenatori, avevo proprio voglia di calciare una palla. Amen, mi sfogherò con una bella corsa vicino alla Place Forrest: li, in mezzo a due grandi vialoni, prende forma un piccolo spazio verde, il cui perimetro è disegnato da una sorta di corsia in terra battuta, della lunghezza di 1500mt, uno spazio sufficiente per dar fondo alle mie riserve energetiche. Il tempo di rientrare, quindi, ed eccomi, Garmin al polso(prima che il bastardo decida di impallarsi!!!) pronto per seguire il mio programma di allenamento: riscaldamento, 1500, tabata e hiit finale da 8’. Le gambe girano più del previsto e nonostante la polvere e il casino attorno, dovuto alle mille macchine che sfrecciano lungo il viale, porto a termine la seduta con soddisfazione. Son contento di aver trovato anche qui uno spazio, seppur proprio ritagliato, ove correre; quando dormivamo nella missione di Padre Angelo avevo il campo della casa degli italiani vicino, intorno al quale riuscivo ad allenarmi quotidianamente, ma da quando ci siamo trasferiti qui, dai salesiani, l’unica soluzione che avevo era la palestra del Mazembe dove andavo con Gabriele a “bruciare” il tapis roulant, ma…che palle correre su quel coso! Sembra di essere un criceto sulla ruota! Manca solo la vaschetta con le bucce di mela! Molto meglio questa soluzione. 

D’altra parte la città è in continua espansione, è in continuo cambiamento, pur senza i frenetici ritmi di Kinshasa, e il traffico, le strade, le nuove costruzioni stanno limitando ogni giorno di più gli spazi verdi…assurdo scrivere una cosa del genere da queste parti del mondo: quando uno dice Africa nella mente dell’interlocutore si palesano leoni, giraffe, savana o giungla selvaggia, ma la realtà è ben diversa. Seppur a Lubumbashi la brusse circondi la città e bastino dieci minuti di macchina per ritrovarsi nella savana, in mezzo a terra rossa, alberi di ogni tinta, forma e dimensione, con case di terra cotta ai margini della pista certo non asfaltata, restando “in centro” si fa fatica a trovare anche solo un giardino pubblico e l’inquinamento, la polvere e la sporcizia la fanno da padroni. E così, bisogna sapersi accontentare e ingegnarsi per poter buttar giù qualche migliaio di metri e alzare un po’ il proprio battito cardiaco, esattamente come siamo costretti fare a Milano. È il progresso, no? Non si chiama così? Quello che abbiamo fatto noi mzungo anni fa, ora è qui che prende forma, a discapito, ancora una volta, di nostra madre terra. E perché dovremmo impedir loro di fare ciò che abbiamo noi, e stiamo ancora, perpetrato?


mercoledì 15 luglio 2015

Come John Stokton...o quasi.

BUTTIAMOCI NEL BASKET!

Arriviamo a Lubumbashi che è già buio, un po’ perché il Congo è immenso (grande come l’Europa, dal Portogallo alla Russia!!!) e un po’ perché il volo della Corongo airline, la compagnia congolese, non è un diretto, ma fa anche sosta nel mezzo del nulla, in una “cittadina” di cui non ricordo il nome. Dall’alto non si vedeva nulla, solo foresta e qualche falò sparso qui e là: siamo nella stagione secca e devono preparare i terreni da coltivare e l’uso diffuso è quello che riporta all’uso del fuoco; addirittura quando atterriamo e arriviamo quasi in fondo alla pista, appena oltre la lingua di asfalto due bambini osservavano questo rumoroso uccello di metallo incuriositi e divertiti, prima di correre verso la loro capanna, costruita poco distante. Difficile crederlo, pensando ai nostri aeroporti, anche i più piccoli, con tutte le norme di sicurezza e le reti che li cingono, eppure…
La sosta è piuttosto rapida e anche l’arrivo nella capitale della regione del Katanga avviene in breve tempo, giusto quello che mi permette di finire anche il nuovo calcio di questo mese, ma comunque fuori è già buio e…cazzarola, non posso allenarmi. Che palle. Quando sono in viaggio una cosa che VOGLIO fare quotidianamente è proprio allenarmi, ma oggi è mancato proprio sia il tempo che…la luce, per cui devo ripiegare sull’elastico per scaricarmi un po’. Per fortuna la sveglia anticipata e la giornata piuttosto intensa mi hanno sufficientemente stancato, per cui la sera ci metto pochissimo a cadere nel sonno profondo (anche se “sleep better” continua a dire che non ho praticamente sonno profondo), pronto alle prime luci dell’alba per ripartire: obiettivo GoCongo, una delle cellule del progetto, una scuola poco fuori la città, costruita dentro una mega fattoria gestita da un ragazzo iraniano e sua moglie, due giovani Baham simpatici e molto in gamba. Parlando con lui a fine allenamento e dopo le due ore di aula con gli allenatori (figata che tutti gli allenatori del progetto siano sempre con noi! In questo modo aula e campo cambiano tutti i giorni, permettendoci così di unire concretamente le due parti e i mister), salta fuori che alla sera avrebbe fatto una partita di basket con gli amici e ci invita; basket…non è che sia proprio il mio sport, però si può sempre provare. La mia statura limiterà sicuramente la mia performance, ma così riesco a muovermi e a unire aerobico e forza.
Salutato Aziz e dopo la sosta alla fattoria del governatore del Katanga, dove ci fermiamo per vedere il centro di formazione calcistica in costruzione proprio all’interno della sua “umile” dimora (con un parco di soli 1000 ettari…) destinato a giovani ragazzi congolesi selezionati, mi rituffo sull’elastico per allenarmi, prima del mio debutto sul parquet…parquet…è asfalto e i canestri sono sicuramente più bassi di quanto non consenta il regolamento, visto che riesco ad arrivare quasi a schiacciare, ma il piccolo centro sportivo del club ellenico (la “casa” della comunità greca della città) è proprio bello, con il suo campo da basket, il suo campo a 11, i due a 5 e l’ampio ristorante. Giochiamo con dei ragazzi grechi, amici di Aziz, e suo fratello, tutti appassionati e capaci di giocare, ma nonostante la mia poca dimestichezza con la palla a spicchi mi diverto a correre, saltare continuamente per ogni cosa, anche inutilmente, e alla fine credo anche senza sfigurare di fronte a gente per lo meno più abituata a trattare una palla pesante con le mani. Dopo aver giocato in Chiapas, rieccomi tradire il calcio anche nella “mia” Africa. Ma domani si gioca a calcio, glielo ho detto subito, finita la partita: domani torniamo e ci spariamo una partitella 4<4 senza fine! 

martedì 14 luglio 2015

Incidente a Lubumbashi

GIORNATA INFINITA
Quando la sveglia inizia a suonare non so se crederci e svegliarmi, o far finta che sia un sogno e rimettermi a dormire. Ma lei insiste, col suo suono fastidioso e crescente: "ti diiii—ti diiiii—ti diiiiii”. Ok, cedo, hai vinto tu. Apro gli occhi e in non so quale attimo di insperata e impensabile lucidità decido di aprire le tende e dare un’occhiata fuori: buio pesto! Cazzarola, ho sbagliato a puntare la sveglia, penso, e mi rituffo nel letto col telefono in mano per controllare, ma mi accorgo di non aver sbagliato: sono le 5:40, ma il mondo la fuori sembra non saperlo ed è convinto siano le due di notte. Ancora indeciso se andare a correre o meno, apro la porta ed esco, ma l’oscurità è troppa e i rischi ad essa connessi sono esagerati: le strade della città non sono bellissime, quindi ad ogni passo rischierei l’infortunio, e anche il lungo Congo è pieno di buche, radici e sconnessioni. Niente, meglio lasciar perdere. Rimettiamoci a dormire. Almeno per un altra ora, visto che alle 7 dobbiamo essere a far colazione, per poi essere in campo alle 8. E al campo ci arrivo bello riposato e sereno, nonostante la fallita missione corsa: 50 bambini ci aspettano e l’allenamento corre via veloce coinvolgendomi e divertendomi molto, anche perché il livello dei bambini da queste parti è veramente alto, quindi posso osare qualcosa in più, posso spingere sull’acceleratore quanto voglio, perché loro rispondono. Via allora, con una serie di esercitazioni sullo smarcamento, una delle quali inventata, anche se nel calcio non si inventa nulla, di sana pianta proprio oggi, dopo colazione. Bello, sono contento, le cose qui, sul campo, vanno alla grande e non si può che crescere, che migliorare su questo campo del mondo. Ma anche fuori dal campo le cose vanno bene: gli allenatori stanno crescendo e anche la parte teorica, che abbiamo sviluppato al termine della seduta, offre grandi motivi di soddisfazione. Le domande, l’attenzione, lo scambio continuo di idee, punti di vista, opinioni sull’argomento trattato (il passaggio dall’insegnamento del semplice gesto, alla cura dei principi di tattica individuale in fase di possesso) mi fanno capire, o forse solo credere, di essere sulla giusta strada, di star facendo un buon lavoro. E si potrebbe fare ancora meglio se solo Inter Campus decidesse di crescere…si vedrà. Il tempo finisce con troppa velocità e, avendo l’aereo alle 14, dobbiamo lasciare in fretta i nostri allenatori con le loro solite mille richieste per le foto. No, mi spiace, non abbiamo tempo, dobbiamo andare. Via, saliamo in macchina con Pablo, il nostro autista, e ci dirigiamo verso casa, ma…ma l’inferno cittadino di Kinshasa ha in serbo per noi un bel diversivo: messo il naso fuori dallo stadio, il nostro “pilota” congolese non vede una macchina che sta sopraggiungendo velocemente da sinistra, proprio mentre noi stiamo imboccando l’incrocio e…sbaaaaam! Che botto. La macchina, un mega nissan imparentato con un transatlantico, oscilla per il colpo preso, mentre allo speronatore praticamente esplode il muso e salta per aria il radiatore. Che botto. Per fortuna stiamo tutti bene, ma nel giro di meno di dieci secondo la macchina è già circondata di gente: centinaia, non sto scherzando, di persone iniziano a girare intorno alle due macchine coinvolte, ci guardano, ci scrutano e parlano, discutono, alcuni si arrabbiano fra loro. Ma che cacchio, non avete altro da fare? Be’, che sciocco, no: questo incidente li occuperà almeno fino a sera e grazie a noi potranno parlare, litigare, discutere chissà ancora per quanto. Il problema è che in Africa, quando ci sono incidenti e sono coinvolti dei bianchi, spesso le cose degenerano, per cui nella macchina serpeggia un po’ di tensione. “Non scendete e cerchiamo di andarcene in fretta”, ci dice Gabriele, che vivendo qui sa bene come funzionano certe cose. Cazzo, cazzo, cazzo!!! Ci mancava questa. Rimaniamo bloccati li per dieci minuti, con la folla intorno che continua a crescere e i nostri timori con essa, fin quando la polizia non fa salire un poliziotto armato, e io ho il terrore delle armi, con noi e ci scorta alla “centrale” più vicina (centrale: una baracca pericolante, sporca e buia. Centrale…), dove però rimaniamo pochissimo: Mario si precipita a prenderci, ci fa salire su un’altra sua macchina, e ci spedisce in aeroporto. Li ci pensa lui. Noi possiamo chiudere la missione Kinshasa e prepararci al volo che ci porterà a Lubumbashi. Via allora, si riparte.


lunedì 13 luglio 2015

A pranzo con Balabam

A PRANZO COL SUPER MEGA DIRETTORE GALATTICO.

La mattina si può fare poco: i bambini sono a scuola e gli allenatori non riescono ad esserci tutti, per cui decidiamo di convocare tutti dalle 14 al campo nuovo, in modo da riuscire a proporre due allenamenti a testa io e Dario e poi fermarci con i mister per portare avanti il nostro cammino nel mondo dell’allenamento.
Mi alzo, quindi, e mi dirigo sul fiume Congo per un bell’allenamento che, nonostante il lungo viaggio del giorno precedente e la levataccia che ho dovuto affrontare, vola via con buone sensazioni: le gambe girano meglio del previsto e anche dal punto di vista aerobico posso ritenermi soddisfatto. Se il buon giorno si vede dal mattino, quindi, oggi si preannuncia una gran giornata, ma…non avevo tenuto conto di Mario e dei suoi alti, altissimi contatti, che si palesano all’ora di pranzo, quando, seduti ad un ristorante, dopo aver già ordinato, dobbiamo di filata alzarci per cambiare posto e andare in un altro posto, vicino per fortuna, perché “sua eccellenza” ci ha invitati da lui. “Sua eccellenza”? Non ho ancora ben capito chi sia, se devo essere sincero:so per certo che è un autorità congolese, qualcuno di molto vicino al presidente e quindi di immenso potere e smisurata ricchezza, al punto che il ristorante dove ci porta è tutto per lui (ha pagato affinché rimanessimo solo noi dentro!!!), uno di quei personaggi onnipotenti da film, ossequiato da tutti (ci siamo dovuti alzare in piedi quando è entrato nella sala da pranzo! Io che non mi alzavo in piedi per protesta, stupida, quando entrava il preside della scuola in classe…), in grado di decidere della tua sorte in base a simpatia o antipatia. Un conte Balabam, un duca conte Semenzana, un visconte Kobram per intenderci, ma un po’ più scuro di pelle. Nel vederlo e nel parlarci non riuscivo a togliermi dalla testa l’attore che ha impersonato Amin nel film “l’ultimo re di scozia”, con le sue bizzarre abitudini e i suoi vezzi megalomani. E con lui a tavola non potevo certo alzarmi e chiedere di portarmi al campo per svolgere il mio lavoro, per cui chiamiamo Maxennes per comunicargli il ritardo…una, due, tre volte! Eccellenza si diverte con noi, parla, ride e scherza e non sembra intenzionato ad andarsene, mentre i nostri bambini aspettano. “Arrivo, Max, arrivo. Appena mi libero mi fiondo in campo. Aspettami” continuo a ripetermi. Ma nulla cambia. Arrivano le 14, poi le 15, quando finalmente, alle 15:30, decide di andarsene, di salutarci, lasciar riaprire il locale e lasciarmi andare in campo! Via allora, ci cambiamo in macchina e alle 16 sono pronto per far partire l’allenamento: un gruppo da 25 io e uno da 25 Dario, 4 allenatori che seguono me e 3 che seguono l’altro mister. I bambini rispondono alla grande, sono cresciuti, migliorati dall’ultima volta e le esercitazioni scivolano via con grande intensità e altrettanto divertimento, fino a quando non sopraggiunge l’oscurità! Si, cacchio, qui alle 18 fa buio e noi, tra una roba e l’altra, siamo andati un po’ lunghi con le proposte della seduta e siamo ormai a un quarto d’ora dall’oscurità. Cacchio: e gli altri gruppi? “Domani, Maxennes! Ore 8 iniziamo allenamento. Puntuali”. Cazzarola, così non riesco ad allenarmi domani, oppure…vado alle 6 del mattino! Vediamo…

martedì 7 luglio 2015

In viaggio verso Kinshasa

CONGO

Africa nera: rieccoci!!! Rimettersi in viaggio dopo l’amaro in bocca lasciato dall’ultima avventura cubana era un’esigenza più impellente del solito e nonostante le due settimane italiane siano piacevolmente trascorse e volate insieme alla mia splendida panciona, ora son proprio felice di essere di nuovo in volo. E soprattutto di esserlo per muovermi verso il Congo!Iniziava a mancarmi l’Africa, oltre ad iniziare a mancarmi il viaggio. Fino ad oggi, in questi dieci anni di Inter Campus, fermarmi troppo a lungo a casa è sempre stato quasi un problema per me, o per lo meno una limitazione, una forzatura, un limitare il mio lavoro, ma adesso qualcosa potrebbe cambiare in me. Anzi, certamente qualcosa cambierà nella mia vita quando la bimba nascerà: sono curioso di capire come. Cambieranno le mie esigenze? Il mio ipercinestesismo verrà placato? La mia insaziabile voglia di viaggiare, di cambiare campi ove giocare diverrà un assurdo ricordo? Cacchio, una nana a casa e io dall’altra parte del mondo…Si, si, qualcosa cambierà per forza!!! Già ora non tornare a casa per parlare con "un ombelico" mi manca!!! Be’, si vedrà. Saranno due grosse esigenze che dovranno trovare un equilibrio, un accordo, un compromesso (come ho odiato questo sostantivo in “gioventù”), che porteranno una ulteriore evoluzione a questo mio piccolo mondo. Positiva, bien sure. Staremo a vedere.
Per ora, però, tuffiamoci in questa nuova missione: Congo, Kinshasa prima, Lubumbashi subito dopo. Iniziale breve toccata e fuga nella capitale, per poi trasferirci 4 giorni in Katanga, da Gabriele Salmi e dalla “sua” Alba Onlus. I primi giusto per vedere i nostri bambini, fare un allenamento con tutti i gruppi, incontrare gli allenatori e vedere come si può portare avanti, e se si può portare avanti, la nuova ipotesi di progetto dedicato a quei bambini usciti da inter campus, sopra quindi i 14 anni, dotati di talento, che da oggi potrebbero essere inseriti in una vera e propria scuola calcio locale, messa in piedi da italiani, orientati a dar vita ad una società professionista, organizzata secondo i criteri europei, invece di abbandonarli per strada perché per statuto nostro non ci occupiamo più di loro dopo i 14 anni. Potrebbe essere una bella soluzione per loro. Certo, peccato fare “selezione” e tenere legati al campo da calcio solo i più bravi, ma…piutost che nigot, l’è mei piutost, e quindi piuttosto che perderli tutti, tenerne almeno una parte legata allo sport, alla pratica calcistica e, chissà, riuscire a dar loro la possibilità di coltivare, di sfruttare appieno il proprio talento, per fare del pallone la propria vita, potrebbe, ripeto, essere una bella cosa. Non sarebbe sociale anche questo, d’altra parte? In un paese dove non esiste il settore giovanile, dove le squadre professioniste esistono sono “per i grandi”, dove i bambini giocano solo per strada o con noi, se fanno parte del camp kokolo, zona poverissima della città, riuscire a dar forma a squadre giovanili, con allenatori preparati, che proseguirebbero il nostro lavoro educativo, oltreché, ovviamente, tecnico, non potrebbe essere una opportunità incredibile per ragazzini altrimenti destinati quasi certamente ad abbandonare lo sport? Così, sulla carta, la cosa mi piace: vedremo poi sul campo. E allora via, partiamo!