venerdì 24 ottobre 2014

ירושלים: Yerushalayim

ירושליםYerushalayim

È la terza volta che metto piede nella città santa per eccellenza, ma tutte le volte è un’emozione…mistica! Grazie a un appuntamento con un ragazzo italiano che vive qui e che vorrebbe iniziare a fare l’allenatore con noi e che noi vorremmo coinvolgere nei territori e alla possibilità di recuperare qualche contatto per pensare di aprire una cellula anche nella parte est della città, questa mattina presto partiamo da Tel Aviv, direzione Al Quds. Traffico, casino vario, intensificato anche dall’attentato di ieri in cui è stata ammazzata una bimba di 3 mesi, rallentano la nostra marcia e arriviamo nella culla delle religioni monoteiste solo dopo due ore di viaggio, ma…ci siamo!!! 
Ora abbiamo un’ora e mezza a nostra disposizione prima degli appuntamenti fissati da Yasha e allora... via, non perdiamo tempo: dentro la città vecchia dalla porta di Jaffa, giù attraverso il suq e i suoi mille e più odori, eccoci al muro del pianto, ai piedi della spianata!!! La gente intorno con le macchine fotografiche, i tour strillanti, la confusione generale, mi sembra manchino di rispetto a questo luogo e non riesco a rivivere quelle sensazioni “mistiche” vissute la volta precedente, ma come sempre la storia racchiusa in quelle pietre e in questa enorme piazza (piazza solo dal ’48, visto che prima questo enorme spazio era occupato da case), rendono il tutto affascinante. 
Via però, non perdiamo tempo: usciamo dalla parte del quartiere ebraico, lo attraversiamo in direzione “cardo”, che seguiamo per muoverci verso la basilica del santo sepolcro ove, anche qui, la folla, le macchine fotografiche, gli strilli, le spinte e le file, soffocano la spiritualità emergente da questo luogo sacro. Addirittura sul Golgotha ci scappa la mezza rissa, per via di un’indiana che ha cercato di eludere la fila per arrivare prima davanti al luogo, presunto, della crocifissione…assurdo. Tutti che parlano, flash ovunque, ragazzine col cappellino al contrario che si fanno i selfie davanti alla pietra dove è stato deposto il corpo di Cristo: insomma, tutto fuorché un luogo sacro pare questo luogo; ma davanti al Santo Sepolcro, comunque, la mia solita inquietudine da luogo santo si manifesta e pensieri, reminiscenze di preghiere, riflessioni personali e dialoghi interpersonali mi assalgono e per un attimo mi sballottano emotivamente. Per un attimo: il prete copto che si avvicina alla Basilica con la bocca piena, masticando e con in mano del cibo mi riporta ben presto sulla nuda e sporca terra, rimettendo in moto le mie gambe per proseguire il nostro, mio e di Gabri, mini-speedy tour. Via allora, fuori dalla Basilica e verso la porta di Damasco, quindi giù, alla ricerca della via Dolorosa, uscita dalla città per la porta dei Leoni, visto che sulla spianata non ci fanno entrare, sguardo veloce verso il monte degli ulivi e il giardino dei getsemani e rientro in old city! Tra 10 minuti dobbiamo essere da Yasha, alla porta di Jaffa, dalla parte opposta! “Andiamo ciccio, seguiamo le stazioni della via crucis per un pezzo e ci arriviamo in breve”, se non fosse per un gruppo piuttosto numeroso di pellegrini che sta seguendo tutta la via dolorosa, rosario in mano, pregando e soprattutto camminando mooooolto lentamente! Aaaargh! Zigzaghiamo tra i fedeli e riusciamo a raggiungere il luogo dell’incontro con solo 10 minuti di ritardo, ma…Yasha non è qui! Cacchio! La zona è stata evacuata causa zaino abbandonato = bomba, ma ben presto riusciamo a ritrovarci e ad incontrare Alfredo, giovane 23 enne milanese che da quando ha finito il liceo si è trasferito in Israele, prima lavorando in alcuni Kibbutz, poi lavorando nei territori e infine, ora, per studiare scienze politiche all’università di Jerusalem. E con lui parliamo, o meglio lui parla visto che vive qui, della situazione di odio diffuso tra la gente della città, che genera enorme tensione e continue situazioni non dico di terrore, ma…ansiose, cui sono costretti quotidianamente a vivere i Gerosolimitani (dall’antico nome col quale era chiamata Gerusalemme in Italia, ossia Jerosolima), cui anche il nostro Yasha ha assistito oggi. Insomma, un gran casino. E di fronte a tutto questo mi chiedo: basterà un pallone e una maglia? Piutost che nigot...

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