venerdì 28 giugno 2019

Aguazinha

Il primo allenamento a Recife prende il via in questa favela non distante dalla pousada dove siamo, caratterizzata da strade sabbiose, con continui dossi enormi non tanto a rallentare, quanto piuttosto a fermare continuamente le poche auto di passaggio e con bassi edifici in muratura, tetti in lamiera, praticamente ammassati l'uno sull'altro. Alcuni scorci, alcuni angoli mi ricordano Cuba, in particolare Holguin nella zona vicina al campo grande dove facciamo allenamento: le case ammassate, le strade dissestate poco trafficate da auto, ma con cavalli quali mezzi privilegiati di trasporto, gli appartamenti aperti "a vista", aperti e con gente seduta all'esterno a caccia di fresco, ferma, nullafacente, osservante la vita, il movimento, scarso e raro, la' fuori. Ovviamente in un contesto del genere l'arrivo dei gringos e la presenza sul campetto di 40 bambini in neroazzurro diventa l'evento del giorno, l'argomento da trattare per il prossimo mese almeno, tanto che i curiosi fuori dal nostro spazio di gioco vanno via, via crescendo man mano che l'allenamento prosegue: giovani mamme, anziani signori, anche uomini della mia età: chiunque è li di passaggio, si ferma a buttare un occhio, a chiedere qualcosa, a osservare curioso e, perchè no, a dare il suo consiglio ai giovani "calciatori" in azione su come meglio calciare quella palla, o come meglio riceverla. Non importa se il campo è una distesa di sabbia e sassi, se le reti delle porte sono strappate, se i palloni utilizzabili sono quattro (gli altri sono sgonfi se non addirittura bucati): per il quartiere quella è l'arena è per tutti è un punto di riferimento importante, oggi più che mai. Le due sedute di allenamento vanno via lisce, i bambini sono attenti, ben "educati all'allenamento", con buona disciplina, ma soprattutto con grandissima voglia di giocare e divertirsi; forse qualche grande è un po' più...favelato degli altri, un po' più galletto, un po' più strafottente, ma niente di irrecuperabile, niente di complesso, tanto che i pochi episodi chiamiamoli critici si sono poi risolti velocemente e con un semplice richiamo o intervento diretto mio o di Juri. Insomma, il nostro mister qui, Lucas, sta facendo un gran bel lavoro, nonostante la sua giovane età e riuscire a dar forma ad un allenamento come quello appena concluso in un contesto come quello è per me un gran successo. Ora godiamoci la "linda Olinda" per la nostra serata, prima di ripartire domani. 

giovedì 27 giugno 2019

Olinda

Recife vista da questo lato è per me una novità: non ero mai stato infatti a Olinda a dormire in tutte le mie precedenti esperienze, ma mi ero sempre fermato sulla boa viajem, perdendomi, mi rendo conto ora, un posto...fico! Fico e di valore storico, oltretutto, visto che la città alta è quasi completamente area unesco per via delle sue numerose chiese barocche (se ne contano 20) e dei due grandi monasteri risalenti al periodo dell'insediamento dei Portoghesi (1835).
Le strette strade ciotolate e le continue salite e discese la rendono ancor più suggestiva, soprattutto la sera, quando il chiaroscuro del buio e dei lampioni cela le imperfezioni degli edifici, lasciati un po' a se stessi, all'incuria, e quindi nasconde quell'apparenza di abbandono che emerge quando il sole picchia alto nel cielo. Aspetto poi da non trascurare, Olinda è molto vicina alle favelas dove giocano i nostri bambini, quindi anche dal punto di vista logistico la sua "scoperta" è stata strategica, risparmiandoci giornate infinite in auto nel mezzo del traffico assurdo di Recife e levatacce mattutine che avrebbero segnato decisamente quest'ultima settimana di missione. Grazie invece alla nuova, per me, sistemazione riesco ad andare a correre subito la mattina, ore 7 fuori, per poi essere operativo alle 8:30 per il trasferimento in favela e il lavoro quotidiano dedicato ai vari centri. Tutto bene, quindi, questo primo approccio alla terza tappa del viaggio brasiliano: speriamo ora che i prossimi giorni mantengano le aspettative. si parte domani con Aguazinha e con il successivo incontro con i mister. Vamos embora, agora. C'è da riposare.

mercoledì 26 giugno 2019

Altro giro, altra corsa


MACEIO
Tempo a disposizione per mettere il naso fuori dal campo, per fare un tuffo, un giro in spiaggia, come sempre non ce n’è e anche questa volta l’unico momento libero lo abbiamo dopo il torneo dell’ultimo giorno, un pomeriggio che sfruttiamo per muoverci verso Maceio, spiaggia qui vicino, dove amici italiani hanno prima aperto un locale e ora stanno concludendo i lavori per una pousada in riva al mare. Sfiga vuole che dopo i 4 giorni di sole a picco sulle nostre teste, oggi il meteo abbia deciso di giocarci uno scherzo, riservandoci una fastidiosa quanto antipatica e intermittente pioggerella, che cambia notevolmente i nostri programmi goduriosi. Ci limitiamo quindi a piazzarci in spiaggia, nel locale di un altro italiano, dove pranziamo e rimaniamo fino a sera in compagnia di Omar e di Marco, ridendo, scherzando e parlando un po’ di tutto, dal calcio alla situazione politica e sociale brasiliana dopo l’ascesa al potere di Bolsonaro. Riusciamo anche in un momento di pausa a fare un tuffetto in acqua, quindi tutto sommato la giornata va via bene e ci accompagna piacevolmente fino a sera, fino all’ultima sera in questa parte di mondo: domani infatti si riparte, destinazione Recife, dove ritorno dopo quattro anni di “latitanza”. Sono contento ed emozionato di ritrovare il mitico Augusto e i vari allenatori che sono con noi da una vita, i vari Leo, Edenilson, Marcelo, ma anche di incontrare i nuovi e vedere direttamente come si è evoluto il progetto nelle favelas grazie al lavoro di Juri. Lasciamo quindi questo incredibile cielo stellato che tanto mi ricorda quello africano, in vista della prossima tappa.


martedì 18 giugno 2019

Il mattino ha l'oro in bocca

ALLENAMENTO MATTUTINO
Non contento della sveglia impossibile di ieri, oggi riesco a fare peggio: Georges, un nostro vecchio allenatore, organizza sedute di allenamento in un campetto abbastanza vicino al nostro hotel con inizio alle sei del mattino e allora…perché non andare da lui? Sveglia quindi alle 5:30, doccia gelida e via di corsa per raggiungere il campo e divertirci un po’ insieme. Come già scritto il caldo e il sole se ne fregano dell’orario, tanto che alla fine dell’ora di allenamento sono sudato come se avessi corso una mezza a mezzogiorno, ma…amen. Ormai sono abituato. E non c’è tempo per lamentarsi: tra meno di sessanta minuti si torna in campo coi nostri bimbi. Si corre in hotel per docciarsi, cambiarsi e magari riuscire a mangiare qualcosa, giusto per tenere il campo fino alle 12:30. Di certo non si può dire che ci si annoia nei viaggi con Capellini…
I ritmi e gli allenamenti rimangono gli stessi per tutti e quattro i giorni trascorsi su questi campi, fino ad oggi, quando col torneo finale e tutti i bimbi del progetto in loco coinvolti chiudiamo i battenti e ci prepariamo per cambiar zona, destinazione Recife, dove ci aspettano 8 giorni pieni, pienissimi, sui campi dei cinque nuclei della città e in aula insieme ai nostri ormai storici mister. Via, allora, a letto ora: sveglia prestissimo anche domani per una bella corsa pre viaggio, visto che le sei ore che ci separano dall’aeroporto ci costringeranno anche domani a lasciar troppo presto le, per quanto sporche e poco accoglienti, calde coltri delle nostre camere. Lascio qui un progetto in crescita, che coinvolge con una buona costanza bambini che vivono nelle comunità intorno al campo, ognuno con la sua…sfiga, ognuno con la sua maglia nero azzurra da indossare e con la quale crescere. Eugenia, la donna che funge da referente locale, sta facendo un po’ la mamma (o la nonna) di tutti i nostri, in contatto costante con madri o padri, a seconda di chi c’è, e attenta e capace nel leggere negli occhi di tutti eventuali problemi, anzi Problemi, di cui poi si fa carico, cercando di aiutare tutti nell’affrontare il difficile cammino nella vita. E le difficoltà sono di tutti i tipi: figli di padri carcerati, seguiti solo da madri che per mantenere la famiglia devono lavorare sempre, ma proprio sempre, e quindi di fatto assenti; figli di madri e padri carcerati, come tanti qui “presi” per questioni legate al traffico di droga, affidati a nonni o zii, che crescono privati delle naturali figure genitoriali; figli di…nessuno. Anche qui, come in tanti altri posti, gli uomini hanno il piacevole uso di ingravidare diverse donne, per poi sparire nel nulla, lasciando ad altri i compiti, le responsabilità, proprie dei papà. Figli…be’, insomma, avete capito. La situazione non è delle più rosee, ma nonostante tutto il costante supporto di Eugenia e il lavoro sul campo di Dan Dan, seppur gocce nel mare, qualcosa stanno muovendo, migliorando e, come dico sempre, piuttost che nigot…
Pronto ora per Recife: favelas e altre situazioni estreme ci attendono.


sabato 15 giugno 2019

Camocim


CORRENDO SOTTO IL SOLE
“Non può essere, non può essere…infatti non è” diceva Canà. La citazione è d’obbligo: rispetto a quanto scritto ieri, infatti, mi vedo costretto dopo pochi metri di corsa a rivedere la mia speranza di fresco e ripensare il tutto non tanto come una speranza, quanto una pallida illusione. Fa caldissimo sempre, sole o non sole, qui a Camocim, che siano le 6 del mattino o le 18 di sera. Amen, questa è la situazione, andiamo avanti, ho troppa voglia di correre e allenarmi in questi giorni e dopo le corse mattutine e la partita di Pititinga, il minimo è dare continuità. e allora via, fuori, per la deserta Beira mar di quest’ora, puntando il faro e correndo lungo i sali e scendi continui di questa città di circa 60000 anime. l’allenamento, fortunatamente, va via piuttosto bene: le gambe girano, riesco a tenere il passo che mi ero preposto e seppur totalmente bagnato a fine seduta, non mi sento esageratamente distrutto. Il giusto. Quel giusto che mi permette poi di lanciarmi in campo per le successive ore di allenamenti coi bimbi. E mi permette di divertirmi un casino. Il primo gruppo di bambini è un bel gruppo attivo, energico, con tanta voglia di giocare e imparare, e, coi limiti ovvi dovuti alla condizione in cui vivono, educato, attento e positivo.  Molto migliorata, notevolmente, la situazione dei bimbi in campo dal mio ultimo passaggio su questi campi: nonostante purtroppo a casa e per strada le cose non siano migliorate molto dall’ultima volta che ho messo piede nello stato del Ceara, i bimbi dimostrano buona capacità di attenzione, buona disponibilità all’ascolto, grande entusiasmo e piacevole energia. A dimostrazione del fatto che l’allenamento vale più di mille lezioni a scuola, di mille discorsi, di mille insegnamenti senza palla; quell’oggetto sferico vale più di ogni altra cosa, se usato sapientemente, per crescere ed educare bambini. Ahimè il 90% di coloro che ne fanno uso, però, nemmeno conoscono questo potenziale o, forse peggio, nemmeno se ne interessano, ma questo è un altro paio di maniche. Qui ci siamo noi e le cose stanno portando evidenti miglioramenti. Certamente non possiamo dirci arrivati, non è nostra intenzione abbassare la guardia o lasciar le cose così come sono: ancora tante cose possono essere fatte e possiamo realizzare, ma la strada fin qui segnata sembra essere quella giusta. Ottimo. Avanti così


venerdì 14 giugno 2019

Si riparte, destinazione Camocim


CIAO, CIAO PITITINGA
Dopo quattro giorni di intensi e divertenti allenamenti, è giunta l’ora di ripartire, direzione aeroporto, per volare verso Fortaleza. E una volta li…sei maledette ore di macchina per arrivare a Camocim. Madonnina che palle!!! La strada è terribile, piena di buche che in alcuni punti sembrano più crateri che semplici buche, macchine e camion che procedono a due chilometri orari, ma essendo il tutto su due corsie, una che sale e una che scende, l’ipotesi semplice di sorpasso è un azzardo importante! E tutto rimane immutato per tutti gli infiniti chilometri che ci separano dalla meta! Che palle, ripeto! Non si arriva mai! Fuori dal finestrino scorrono paesini fatiscenti, all’apparenza disabitati, alternati a lunghi tratti di nulla assoluto, eccezion fatta per quando si arriva alla città di Sobral, vero e proprio nucleo urbano, con negozi, ristoranti, caffè e bar…normali. Ma per il resto…nulla eterno. Intorno alle 21 arriviamo finalmente alla meta, il tempo di una cena e si sviene nel letto. Anche perché domani alle 8 siamo in campo e volendo prima allenarmi la sveglia si punta alle 6. Faccio fatica anche solo a scriverlo. Madonnina. Per lo meno spero che a quell’ora il sole, seppur già bello splendente lassù nel cielo, ancora non sia caldissimo come invece era a Pititinga: cacchio uscivo praticamente all’alba per correre, ma la temperatura era sempre già intorno ai trenta gradi. Spero che qui sia diverso, anche se…perché dovrebbe???


giovedì 13 giugno 2019

In campo a Maracajau


PELADINHA A MARACAJAU
“Questi ci asfaltano”. Esordisce così Juri, quando finito il nostro allenamento coi bimbi iniziano ad arrivare i vari genitori che ci hanno sfidato ad una partitina di futsal. Giovani, grandi e grossi e sicuramente più abituati di noi alla pratica di questo sport, parente del calcio che tanto amo, ma profondamente diverso per regole, gesti tecnici e aspetti tattici. Quando la palla inizia a rotolare, però, le cose cambiano: i tre italiani con Joazinho in porta e Braz, con Iran a dare un turno, macinano gioco e minuto dopo minuto prendono in mano le redini del gioco, ma soprattutto iniziano a segnare un gol dietro l’altro. Non ce n’è! Si arriva ad un picco di differenza di più 7 a nostro vantaggio, che poi si restringe per ridursi al meno tre finale, ma comunque, seppur bravi, le apparenze hanno ingannato. Condor Capellini la davanti sfodera una prestazione di qualità e quantità, segna a raffica e corre a destra e a manca, coprendo con i compagni di casacca italiani il buco lasciato più volte da un evidentemente fuori forma Braz e da un Iran con colpi di qualità nella fondina, ma bloccati nella suddetta fondina da un paio di strati di troppo di adipe. Va segnalato che a cinque minuti dalla fine dell’ora a nostra disposizione ho anche chiesto il cambio, non tanto perché fossi stanco, ma perché solo a quel punto mi sono reso conto che tutti erano usciti dal campo per dar spazio al compagno in panchina più di una volta…tranne il sottoscritto. Quando me ne sono reso conto ho provveduto a trovar rimedio, ma fino ad allora ho continuato a correr dietro quella palla, senza ben rendermi conto dei compagni che giravano intorno a me. Trance footballistica la chiama il Pihardi: quando si torna a calciare un pallone tutto ciò che ci gira intorno scompare. E con esso tutti i pensieri che spesso ci affollano la testa…
Terminata vittoriosamente la partita, belli sudati e puzzolenti siamo andati a casa di Braz a mangiare aragoste pescate dal papà di un nostro bimbo la mattina e donateci come forma di ringraziamento: spettacolo. Ma la cosa più bella è stato poi il rientro a pititinga: Braz e un amico salgono su due quad e ci invitano a seguirli, si torna via spiaggia. E così, con una incredibile stellata sopra le nostre teste, l’oceano calmissimo alla nostra destra, risaliamo verso nord la costa fino a tornare a casa sani, salvi, stanchi, ma, almeno io, contento per la giornata. Domani si parte, destinazione Camocim.


martedì 11 giugno 2019

Pititinga


PITITINGA
Poche, pochissime persone conoscono questo posto sperduto tra dune di sabbia, lagune e il mare, e ancora meno si sognano di venire qui in vacanza, eppure il villaggetto ci crede, prova a crederci, e qui e la’ compaiono posade, hotel, ristoranti e anche qualche centro turistico che offre gite in dumbaghi sulla sabbia. Ma se potessi suggerirei loro di investire in altro il loro tempo e i loro soldi. Non perché il posto non sia bello, tutt’altro: le spiagge sono molto belle, le dune sono suggestive e tutto il contesto così “selvaggio” e quasi primitivo è molto suggestivo,  ma…ma non c’è nessuno! Oltre a noi, ovviamente. Dopo le prime due notti passate in una posada, dove eravamo solo noi tre presenti, insieme a blatte di diverse dimensioni, zanzare a migliaia, formiche volanti e ragni di ogni tipo (“bella vita che fai” mi rimbomba sempre nelle orecchie), siamo stati costretti a cambiare perché a tutti e tre si è sfondato il letto e se per Ste e Juri siamo riusciti ad intervenire facendo cambio con quelli delle stanze vuote accanto alle nostre, quando è toccato a me trovarmi nel mezzo della notte col culo per terra…erano finiti i letti! Siamo stati quindi costretti a muoverci verso un hotel nuovo, aperto da un italiano di Verona, molto carino, pulito, ben curato, ma anch’esso…vuoto! Solo noi tre come ospiti anche li. Difficile quindi pensare ad una esplosione del turismo da queste parti. Per carità, loro fanno bene a crederci, ma…la vedo grigia. Anche nell’altro villaggio dove lavoriamo, Maracajau, il discorso poco differisce: belle spiagge, bel posto (anche se molto più…favela, rispetto a Pititinga), ma un po’ poco frequentato. Al momento. Gli auguro davvero di fare il botto, ma per ora la vedo grigia. 


domenica 9 giugno 2019

In spiaggia

ALLENAMENTO IN SPIAGGIA
Dopo tanto tempo torno a fare un allenamento in spiaggia! L’ultima volta era stato a Rio, quando abbiamo portato un gruppo dei nostri bimbi della favela a Copacabana per una seduta “atipica” per me, unica per loro; se infatti nel nostro immaginario anche il favelato carioca vive in spiaggia, sul mare, nella realtà i nostri bimbi vivono lontano dalle spiagge e alcuni di loro non hanno mai avuto la possibilità di avvicinarsi alle mitiche spiagge che tutti noi conosciamo, pur magari non avendoci mai messo piede (chi non conosce Copacabana? Chi non conosce Ipanema?). E quella volta per molti di loro fu la prima e ultima occasione, tanto che ricordo tutt’ora quando alla fine dell’allenamento ci siamo lanciati in acqua, l’emozione di molti di loro. Qui a Pititinga la situazione è molto diversa perché i bimbi qui vivono in spiaggia, vivono grazie al mare: molti, moltissimi di loro, infatti, si alzano tutti i giorni poco prima del sorgere del sole per accompagnare il padre, o il nonno, o chissà chi altro, a gettare le reti prima e a ritirarle poi per la pesca quotidiana, unica fonte di sopravvivenza per quasi tutti gli abitanti di questo minuscolo e sperduto villaggio, sito a poco meno di 100km da Natal. Di conseguenza per loro l’essere in spiaggia non è che normalità, routine, ma…esserci per giocare è diverso e anche per loro i quasi 90 minuti trascorsi insieme hanno assunto un valore particolare. E anche per me, devo ammetterlo. Una bella prova di adattamento e di fantasia, perché, ovviamente, ho dovuto pensare giochi/esercitazioni, realizzabili sul bagnasciuga, utili per sfruttare questa diversa “superficie” di gioco e per rendere la seduta sicuramente divertente e nel contempo utile. Peccato solo che il livello della mia squadra non mi abbia permesso di realizzare un gioco che avevo pensato per stimolare pre acrobatica e acrobatica, gioco che sicuramente avrebbe lasciato un bel segno, ma che viste le abilità avrebbe lasciato braccia rotte ed ematomi di vario genere. Meglio accantonare. Al termine, anche qui, tuffo in mare tutti insieme, prima di volare a scuola per le lezioni. Si, perché la seduta si è chiusa alle 9, giusto in tempo per mandarli in classe essendo loro il gruppo del mattino; a seguire arrivano quelli del gruppo del pomeriggio e si ricomincia.


sabato 8 giugno 2019

A spron battuto


A SPRON BATTUTO
Atterro alle 22, salgo in macchina con Ste direzione Pititinga dove arrivo alle 23 circa, stanza, doccia e crollo inevitabilmente nel letto! In fin dei conti per me sono le 4 di notte, ho dormito tre ore in aereo e sono in ballo dalle 9 del mattino: lecito crollare. Un po’ meno lecito, magari, è il modo in cui crollo: svengo letteralmente nel letto, a tal punto che quando al risveglio Ste mi racconta le sue disavventure notturne con blatte, formiche volanti e zanzare che lo hanno costretto ad una notte in bianco e l’hanno spinto ad uscire dalla camera alle 5 per la disperazione, io cado dal pero, penso di essere stato rapito dagli alieni e non so dar seguito alle sue lamentele. Per me infatti la notte è trascorsa tutta d’un fiato, senza alcun disturbo, avvolto in un sonno profondo che non mi ha permesso di accorgermi di alcunché. E per fortuna, aggiungo ora, perché la giornata ha richiesto il massimo delle energie, energie che se non fossero state recuperate con quel sonno fanciullesco, mi avrebbero creato problemi. Subito alle 8 infatti sono in campo con i due gruppi di Pititinga, prima coi piccoli e poi coi grandi, inizialmente solo, poi raggiunto da Juri, anch’egli catapultato in Brasile, in campo, appena arrivato, direttamente dall’Italia. Breve pausa pranzo in compagnia anche di Milena, la coordinatrice della fondazione locale, e poi nuovamente in campo, questa volta a Punau, piccolo villaggio qui vicino. Altre due sedute e finalmente arriva la sera. Finalmente per la stanchezza accumulata, perché lo stare così tanto in campo è stato piacevole e divertente, oltreché utile per capire come stanno lavorando i mister locali e come stanno crescendo i nostri bimbi, allenamento dopo allenamento, esercitazioni dopo esercitazione, ma il mio corpo ora ne risente. Devo spegnermi. E non mi importa di blatte, formiche volanti o qualsiasi altro ospite indesiderato della posada.


venerdì 7 giugno 2019

Il luogo del nontempo

BRASILE otra ves
In attesa del mio volo per Natal, girovagando per l’aeroporto di Lisbona, mi rendo conto una volta di più di quanto questo luogo sia un “non luogo” e che il tempo qui assuma una dimensione, un valore unico, che nessun’altra parte riesce a donargli. Cammino infatti da un estremo all’altro del terminal 1 per passare un po’ le ore che mi separano dalla mia partenza e osservando qui e la’ questo posto non posso fare a meno di credere di essere…ovunque! Un centro commerciale a Milano, come invece un mall a New York, la hall di un hotel a Dubai, come invece l’ingresso di un multisala in Messico: ovunque, ma in fin dei conti da nessuna parte. Quest’aria finta, nessuna finestra aperta, nessuna illusione di brezza sul mio corpo, la luce naturale smorzata dalle vetrate e quindi sostituita dalle luci al neon dei negozi o dei vari fast food, le musiche che si sovrappongo, si mischiano e che cancellano le voci delle persone, il rumore dei passi, o qualsiasi altro rumore naturale: tutto è artificiale, tutto è finzione, mascherato e imposto. Che merda! E in tutto questo il tempo sembra infinito, sembra non scorrere: quante volte abbiamo buttato via ore e ore in attesa di un volo, di una coincidenza, seduti su una scomoda poltroncina di ferro, o appollaiati in posizioni impossibili su divanetti improvvisati o poltrone artefatte? Quante volte il giorno si è trasformato in notte e viceversa, vedendoci dormire scomodamente alle 3 del pomeriggio, oppure correre per raggiungere il gate allo stesso orario, ma della notte? I cicli circadiani perdono di significato in questo posto, si confondono, si mischiano e si confondono tra loro, tutto perde di senso, di significato. L’unica cosa certa che rimane, con cui siamo sempre costretti a fare i conti, è la noia! Che palle le coincidenze lunghe! Non vedo l’ora di salire su sto cacchio di volo, per dare il via anche a questa missione Brasileira.