martedì 28 aprile 2015

IMMAGINI UGANDESI


TRAMONTI UGANDESI.


IN AULA CON L'ORMAI SMILZO MAX!


INCONTRI ON THE ROAD!


WATCHMAN-WILLY CON LA MAGLIA DEL CARUGO!

lunedì 27 aprile 2015

A Nagallama

NAGALLAMA
Dopo altre 7 ore in macchina, eccoci a Kampala, per caricare il materiale da portare a Nagallama e, già che ci siamo, per salutare il mitico Eddy Murphy/Opio (nostro amico dai tempi di Angal, che ride come l’attore doppiato da Tonino Accola!) e lasciargli in consegna 18 maglie del Carugo, gentile dono della società comasca ai bambini Ugandesi. Dopo aver lasciato la muta gialla a Willy, ora tocca a Opio ricevere un po’ di maglie. 
Il tempo a nostra disposizione è giusto quello della consegna: il traffico nella capitale a quest’ora è terribile e noi dobbiamo ancora raggiungere l’Africa Village: meglio muoversi in fretta. Via allora, rituffiamoci sulle sconnesse e polverose strade, accompagnati ora da un tramonto caldissimo e da un cielo infuocato, spento qua e la da nubi bianchissime: sono stanco morto, ma qui, sul sedile posteriore del jeeppone non posso fare a meno di godermi questo spettacolo! Rasserenante! Perdermi con lo sguardo in questo cielo mi regala sempre sensazioni di benessere e pace uniche e, sembra stupida retorica, ma altro non è che semplice osservazione della realtà, il cielo in questo lato del mondo appare sempre diverso. Più...immenso, sconfinato, avvolgente e colorato. Diverso, insomma. 
Con gli occhi fissi fuori dal finestrino mi accorgo ben presto che il nostro driver ne ha piene le balle di guidare e vuole arrivare in fretta alla meta, tant'è che inizia a  muoversi per la città attraverso strade, stradine, stradette che giusto lui e qualche altro collega conosce: ci inerpichiamo su e giù per le sette colline che circondano la città, attraverso terra rossa e polvere, casette abbandonate e baracche di diverse dimensioni. Su, giù, destra, ancora su e poi ancora giù, fin quando...Mokono! Siamo arrivati. Grande Hussein: in poco meno di un'ora eccoci al nostro ormai solito villaggio, dentro i nostri bungalow, pronti a crollare nel letto avvolto dalla zanzariera. Domani la giornata parte presto, con un super allenamento con Juri dentro l'African Village, per poi muoverci verso la "nostra" scuola di Nagallama per cogliere di sorpresa i nostri coaches! Non abbiamo detto a nessuno che saremmo passati: voglio vedere se davvero lavorano come dicono, se davvero rispettano tutta l'organizzazione che abbiamo messo insieme, voglio rendermi conto se davvero, come penso,  su questi campi del mondo si gioca come noi proponiamo dal 2008, anno di inizio del progetto Uganda. Sono curiosissimo.

venerdì 24 aprile 2015

In campo!

IL CAMPO E GLI ALLENATORI

Che bella sorpresa! Ero partito un po’ pessimista nei confronti di Aber, ma oggi, vedendoli sul campo, parlando con gli allenatori e con i bambini mi sono dovuto, con grande piacere, ricredere: nonostante l’assenza di Marco, il nostro referente qui che è tornato a vivere in Italia, quindi nonostante mancasse un “cane da guardia”, un mzungo ad osservare, richiamare all’ordine, organizzare gli allenamenti e intervenire nei momenti, di solito troppi momenti da queste parti, durante i quali per un motivo o per l’altro si sospendono le attività, tutto è andato avanti. Certo, non con grande continuità, perché è emerso in maniera abbastanza evidente quando li ho allenati che i bambini non hanno la dimestichezza che dovrebbero avere dopo un anno di allenamenti con spazi delimitati, con il rispetto delle zone di partenza, con la conoscenza del campo, ma allo stesso tempo è emerso che…qualcosa hanno continuato a fare! E questo è già un mezzo successo. Come tante persone abituate a lavorare in Africa con africani sanno molto meglio di me e mi hanno raccontato tante volte (medici, ristoratori, professori incontrati lungo il mio cammino nel mondo neroazzurro), uno dei problemi più grandi per progetti come il nostro legati alla formazione, è proprio legato al dare continuità in assenza del bianco ai lavori: se non sei presente e non ripeti tutti i giorni a questo o quell'allenatore di andare in campo, di organizzare l’allenamento, di strutturarlo in un certo modo specifico, di tirar fuori i palloni e il materiale
necessario per la seduta, le attività lentamente vanno a spegnersi. Per lo meno ad inizio progetto. Ed essendo noi qui solo da un anno effettivo, le mie prospettive erano negative. Invece…invece qualcosa è stato fatto! La divisione in squadre dei bambini coinvolti, l’assegnazione delle stesse squadre a due allenatori, la decisione dei giorni e degli orari di allenamento di ciascun gruppo, oltre alla formazione iniziale legata alla strutturazione di una seduta seguendo il nostro metodo di lavoro, per raggiungere i nostri obiettivi, si sono dimostrati fondamentali elementi per aiutare Aber a partire e porre delle basi solide su cui poggiare il futuro di Inter Campus anche su questi campi del mondo. Certo, alcuni allenatori incontrati in occasione della scorsa visita nel frattempo sono “disappeard”; certo finito il mese di vacanze a cavallo tra dicembre e gennaio hanno impiegato un altro mese per riorganizzarsi e tornare in campo, e alcuni anche qualcosa in più, con solo “some” allenamenti effettuati fino ad oggi; certo, alcuni hanno continuato a far galoppare i propri giocatori intorno al campo, prima di buttarli ad minchiam in campo per la partita, ma…siamo all’inizio. E già il fatto di aver ritrovato 9 dei 12 allenatori iniziali, aver constatato che Jacob e Thomas sono validi riferimenti, capaci di guidare gli altri e seguire le cose con attenzione e allo stesso tempo con capacità (i loro allenamenti sono stati anche belli da vedere, abbastanza in linea con le nostre indicazioni), mi ha tranquillizzato e convinto nell’andare avanti. Anche l’attenzione e le risposte avute nel corso della seduta teorica mi hanno lasciato ottime sensazioni, al punto che mi sembrava oggi di essere tornato indietro di 7 anni, quando abbiamo iniziato i lavori a Nagallama: ho rivissuto un po’ le stesse cose, gli stessi timori risoltisi nel nulla, ho rivisto lo stesso interesse  e coinvolgimento negli allenatori, ma anche lo stesso “african time", ho provato nuovamente la soddisfazione nel vedere allenatori alle prime armi muoversi con entusiasmo e sicurezza, pur con grossi limiti, sul terreno, insomma, ho rivisto fiorire il seme Inter Campus. Ci voleva. Avanti così, anzi, meglio di così, ora!


giovedì 23 aprile 2015

Italiani ad Aber

ITALIANI AD ABER

Nella “nostra” casetta, quella dove siamo stati le ultime due volte che siamo venuti a giocare su questi campi del mondo, non c’è posto per noi: è affidata ad un ragazzo italiano, dottore, di Padova, di nome Nicola, qui in missione per conto del CUAMM per i prossimi sei mesi; insieme a lui ci sono anche due infermieri, Mauro e …mi verrà in mente il suo nome (Fabiana, si chiama Fabiana!!! Grazie Max), più altri tre dottori toscani. Insomma, una bella comunità italiana in questo lato di mondo, impegnata ad aiutare gli altri e questa cosa mi ridona un po’ di fiducia nei confronti della mia terra. Ultimamente, visto tutto ciò che stiamo combinando sul nostro bel stivale, visto come ci stiamo riducendo a tutti i livelli, ho iniziato a non tollerare più l’italiano, la sua sciocca ignoranza, la sua stupida superficialità, il suo “grande fratello style”, il suo menefreghismo nei confronti del prossimo e il suo caratteristico e fastidiosissimo nepotismo, la sua vita fissa, basata su conoscenze, amicizie e raccomandazioni. Insomma, ne ho un po’ pieni i maroni di essere associato quando sono in giro per il mondo ad un capo del governo puttaniere, o al politico medio corrotto e ladro, all’evasione fiscale e alla mafia, e soprattutto sono stufo di rivedere tutto questo nei miei compaesani, nella maggior parte delle persone che incrocio in giro: puttanieri di ogni età e fascia sociale, evasori in fuga all’estero, gente in piedi grazie ad affari…particolari, ragazzi privi di qualsiasi scintilla negli occhi, in giro spesati dal papino e incapaci di muoversi, di vivere, di essere. Poi però…ecco che ogni tanto qualche italiano di cui andar fiero, da ascoltare, di cui parlare, da ammirare per quello che riesce e vuole  fare, ancora si riesce a trovare. Chicco, Gabriele Salmi son due esempi (non me ne vogliano gli altri non citati: tanto sapete bene ciò che penso, non serve citarvi) e qui quella fiammella di speranza ormai spenta ha trovato altro ossigeno per essere ravvivata, riportandomi a sperare che forse l’Italia non è ancora del tutto spacciata. Certo, siam messi come l’Inter dopo il fischio finale della partita di andata contro l’Aston Villa in coppa Uefa anni nel '90: quasi spacciati, ma…l’Inter poi passò il turno! E questa gente, più quelli che ho intorno, amici e colleghi (magari non proprio tutti, tutti, va...), possono essere i vari Berti, Klinsmann e Bianchi di quella storica rimonta, che tanto mi fecero godere, rimettendo in piedi una situazione disperata e portandoci agli ottavi. 
Quel che è certo è che mi ha fatto piacere incontrarli e parlar con loro prima di scendere in campo oggi. Ora...andiamo in finale!!! 
Per il resto…vedremo.

mercoledì 22 aprile 2015

La bella vita...


Dedicato a tutti quelli che...

La bella vita...


Dedicato a tutti quelli che...

La bella vita...


Dedicato a tutti quelli che...

Eccoci arrivati

Finalmente ad Aber!

Finalmente alle 16 si riparte: con una spesa di 60000 shellings, circa 20 euro, Jean Todt scuro ci ha cambiato la cinghia di trasmissione e ci ha rimessi in pista per coprire i chilometri che ancora ci mancano ad Aber.

E non sono pochissimi. O meglio, fossimo su una strada normale comporterebbero 1 ora al massimo ancora, ma qui il tempo si dilata e tra buche, lavori in corso, camion sgangherati tenuti insieme non si capisce bene come che occupano tutto lo spazio della carreggiata, i minuti trascorsi seduti in quella cacchio di jeep diventano 180 e al nostro arrivo sono le 19:27! 9 ore di viaggio anche oggi. I miei flessori sono iper accorciati! Sarò alto 5 cm meno del solito, cacchio, e già non è che viva su alte vette. Amen. Ora è tempo di dormire. Certo, non prima di aver dribblato un paio di bruchi neri, un altro paio di vermacci, scarafaggi di varie forme e dimensioni (uno anche volante), ragni, ragnucci e ragnetti e una cacchio di rana trasparente (veramente trasparente!), decisa a fissarmi tutto il tempo passato seduto sulla tazza, minacciando l’assalto (e con quel coglione di Juri che mi dice che è velenosa, la mia seduta non è stata certo piacevole) con quei cacchio di occhi verdi fissi su di me! Be’, benvenuto nella savana, bentornato in Inter Campus. Alla faccia di quelli che non fanno altro che ripetermi: che bella vita che fai! Vieni, vieni con me una volta…

martedì 21 aprile 2015

African time

ABER

Sveglia ore 7, circuito di forza con il mio bell’elastico, colazione e…via, siamo pronti! Possiamo partire verso il nord, possiamo muoverci con il fidato Hussein, il driver che sostituisce Kaueza in questa missione, verso Aber. Tutto questo, però, non prima di aver lasciato a Willy, il watch-man del Cuamm che da sempre mi chiede maglie, pantaloncini e scarpe per le sue squadre, essendo anche lui allenatore, una muta di maglie completa, dal numero 1 al 18, gentilmente donata dall’ A.c. Carugo. Se avesse degli occhi normali li avrei visti scintillare entrambi di gioia, ma purtroppo solo uno è riuscito a trasmettermi questa sensazione: l’altro ha continuato a vagare per l’orizzonte, fissando contemporaneamente i quattro punti cardinali. Grande Willy, come era contento. Grazie Alfredo.
Ok, ora tocca ad Annette e l’altra house-keeper: ho anche per loro, o meglio per i loro figli piccoli, due robine, provenienza Usmate Calcio, ormai considerate vecchie e inutilizzabili dai figli di Carlo, amico di mio fratello, e invece nuovissimi pezzi da collezione da queste parti. “Grassie”, mi dicono entrambe sorridenti, sfoggiando una delle quattro parole del loro vocabolario italiano. Perfetto, ora si che possiamo partire. E allora via! Kampala è un casino tale da ricordarmi Luanda, oggi: macchine ferme in colonna da tutte le parti, boda-boda che provano a infilarsi in ogni pertugio, matatu stra colmi che si muovono incuranti del traffico e delle norme stradali. L’inferno angolano, riportato un po’ più a oriente. Lentamente riusciamo a districarci da questo soffocante abbraccio di lamiere e iniziamo ad abbandonare la città, per iniziare a colorare i nostri finestrini col rosso vivo della terra e il verde accesso della savana che mano a mano iniziano a riconquistarsi spazio, per occupare il nostro panorama ininterrottamente nelle ore seguenti. E diavolo porco, saranno tantissime le ore seguenti!!! Per quanto bello sia il mondo fuori dalla macchina, così colorato, selvaggio e vivo, 9 ore in macchina sono sempre tantissime, sono sempre una infinità!!! 9 ore, cacchio, a causa di un guasto meccanico, che alle 13 circa ci ha bloccati per fortuna nostra a pochi chilometri da un villaggio, dove, dopo aver rattoppato momentaneamente il problema, abbiamo atteso che arrivasse un meccanico (che ci si è presentato poco dopo, a bordo di un motorino, chiamato da un ragazzo cui abbiamo chiesto assistenza), il quale, dopo aver smontato praticamente il motore (ad un certo punto ha tirato fuori ventola, radiatore e non so cos’altro fosse quel pezzo, dandomi l’impressione non sapesse che farsene di quei pezzi!!! Li guardava e li appoggiava a terra, come se fossero superflui)) nelle tre ore successive ha trovato il modo di aggiustarci il mezzo, permettendoci di ripartire. E in quelle tre ore??? Circondati da bambini, assaliti da “bye mzungo” abbiamo camminato per la strada avanti e indietro, sotto lo splendido 
sole africano, parlando di allenamenti, di bambini, di interventi, ridendo, scherzando, come se nulla fosse accaduto; se una cosa simile mi fosse successa a casa sarei andato in “ansia da orario” stile bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie, incacchiandomi col mondo e inveendo contro la sfortuna, ma qui…it’s african time! Tutto scorre più tranquillo, tutto è più sereno. E allora…aspettiamo che finiscano, senza alcuna ansia. E godiamoci questo sole!!!


lunedì 20 aprile 2015

Uganda, pearl of Africa

Uganda 2015

Una lunga, sconnessa, scura, scurissima strada ci porta a Kampala dall’aeroporto di Entebbe, dove siamo atterrati da poco più di due ore, dopo un’odissea iniziata questa mattina alle 6:45 a Milano. Una…LA lunga, sconnessa e scurissima strada, perché sono ormai 8 anni che percorro questa lingua d’asfalto che scorre lungo il lago Alberto e attraversando villaggi con chioschi, baracche improvvisate per la vendita di birre e alcolici vari, case mezze diroccate o capanne, ci conduce fino alla capitale, fino alla casetta del CUAMM, nostro ritrovo abituale.
Ed ora eccoci qui, dopo aver salutato Tito e aver preso possesso della ormai “mia” stanza, quella del leopardo, pronto a dormire, in vista del lungo, lunghissimo viaggio che ci attende domani, per andare su, a nord, ad Aber; la missione, infatti, questa volta sfiorerà soltanto la nostra scuola di Nagallama e si concentrerà nell’estremo e “selvaggio” nord, per cercare di capire come e se il nostro progetto avviato anche li ormai due anni fa sta continuando a funzionare pur senza Marco, l’Italiano che viveva qui con la moglie e tornato quest’anno in Italia. Andiamo a vedere se i nostri allenatori sono stati in grado di autogestersi, di seguire le nostre indicazioni per portare avanti allenamenti e attività, pur senza “il cane da guardia” mzungo che controlla, dirige, guida e controlla l’andamento dei lavori. Vediamo…anche se sono un po’ pessimista, conoscendo i miei polli: ad Aber non c’è uno di quelli che mi piace chiamare “illuminato”, sono tutti piuttosto incapaci di prendere iniziativa, di muoversi in autonomia, una volta imparato, appreso il da farsi; sono tutti…ugandesi doc, quindi incapaci di spostare la più piccola asse di legno da terra senza che qualcuno non abbia prima detto loro di farlo. Non ho mai capito perché, mi son sempre domandato che cosa impedisca a ragazzi che sotto le nostre direttive si dimostrano svegli, capaci e abili, di continuare a lavorare quando si ritrovano senza le nostre costanti indicazioni, richieste, i nostri “ordini”, ma…è così. Se non sei presente e non dici loro l’orario dell’allenamento, il gruppo da allenare, i palloni da usare e non dai loro tutte le necessarie indicazioni per portare avanti un allenamento, si perdono, smettono di andare al campo, di radunare i bambini e il progetto decade. O almeno così è sempre stato dove non abbiamo avuto la fortuna di incontrare un “illuminato”. E ad Aber…manca la luce. Magari mi sbaglio, chissà. Vedremo domani. Per il momento welcome back in Uganda, mzungo!