venerdì 15 marzo 2019

In corsa e in campo


Corsa mattutina e campo…

Le ansie accumulate ai vari check point hanno di buono che mi mettono le ali ai piedi e le corse mattutine stanno volando via splendidamente. Dalla prima intorno alle mura antiche di Jerusalem, con salita al monte degli ulivi (salita al 90% di pendenza, cacchio!!! 600 mt di scalata, non di ascesa), fino a quelle di questi giorni qui a Tel Aviv, che rimane uno dei posti al mondo che preferisco per correre e allenarmi. I lavori che in questi anni hanno sistemato il lungo mare hanno reso il percorso ancora più bello e stimolante e le fatiche scorrono con più semplicità e maggior divertimento in un contesto simile. Due note per un eventuale runner all’ascolto, con in programma una visita a tel aviv: normalmente noi facciamo circa 500mt dal nostro hotel in benyauda per arrivare sul lungomare, quindi o andiamo a sinistra, verso il sir non so cosa park, o a destra verso la zona del vecchio porto, oggi riadattata a splendida area pedonale su passerelle di legno; verso sinistra, quindi verso Jaffa, il mare, le lunghe spiagge dorate e i campi da beach volley cui si alternano palestre a cielo aperto rimangono sulla nostra destra, inizialmente correndo sull’ampio marciapiede a “mosaico” e poi a lato della scogliera, prima di imboccare il nuovo tratto che porta alla città vecchia, Jaffo, con tutti i suoi localini, i suoi caffè e i suoi bar tanto vivi di sera, quanto chiusi e desolatamente abbandonati di prima mattina. Se invece si va a destra il percorso è meno frequentato e più "selvaggio" non appena superata la zona di ristoranti e negozi di lusso alle cui spalle si apre un altro bellissimo parco che si sviluppa lungo un fiumiciattolo. Oltre infatti questa zona, si imbocca una zona pedonale con la pista per le bici che corre tenendo il mare a sinistra in una zona desolata, appena oltre l'aeroporto militare. Personalmente preferisco questa parte, anche se di la' la mia ignoranza agonistica è continuamente stimolata per la costante presenza di runner di ogni livello, genere e nazionalità e quindi le prestazioni sono più soddisfacenti. 
Chiuse le varie corse, i pomeriggi, o anche le tarde mattinate, le abbiamo passate sui vari campi di Inter Campus Israele/Palestina, ognuno con le sue caratteristiche, le sue difficoltà e i suoi punti di forza, tutti accumunati da una cosa: bimbi vestiti di neroazzurro. Tra tutti Deir Istia merita un plauso particolare: il piccolo villaggio in west bank infatti ormai ha abbracciato in pieno il nostro progetto, dai bambini coinvolti alle famiglie, con enormi miglioramenti in campo soprattutto dal punto di vista comportamentale. Osservare i ragazzi oggi, pensando anche solo a due anni fa, fa pensare che non siano le stesse persone: ordinati, in fila in attesa del loro turno per giocare, senza conflitti, senza urla, attenti alle indicazioni del mister e coinvolti dalla seduta dal primo all'ultimo minuto. Incredibile. Ne parlavo anche col buon Buma: che bel livello che abbiamo raggiunto qui! Che crescita. Avanti così, bagai.

lunedì 11 marzo 2019

Di qua e di la'

A zonzo tra allenamenti
Certo che quella sensazione fastidiosa, quel senso di colpa latente, non può sicuramente affievolirsi continuando a balzare da una parta all’altra del muro come ho fatto oggi. Partiti da Gerusalemme per l’allenamento sul nostro campo con i bimbi delle due parti coinvolti contemporaneamente non solo sullo stesso campo, ma nella stessa squadra, nel primo pomeriggio ci siamo spostati a Betlemme varcando un check point e girando intorno a quell’ammasso di cemento armato che spezza in due la città, colorato in alcuni tratti di mille colori e con murales di diversi autori, tra cui Bansky, che cercano di renderlo accettabile, per lo meno dal punto di vista estetico. E così tra colombe della pace con giubbotto antiproiettile, bimbe appese a palloncini e squarci nel muro che fingono di mostrare cosa c’è “al di la” trascorriamo il nostro pomeriggio da turisti, perdendo l’occasione di entrare ancora una volta nella basilica della natività per via della fila infinita di pellegrini provenienti da tutto il mondo che rende impossibile la visita. Realmente impossibile. Saremmo dovuti rimanere per lo meno un paio d’ore in attesa e visto che tanto ho avuto modo di visitarla anni fa con Max, preferisco evitare. così al tramonto, con una luce calda, caldissima, ad abbracciare le colline della città, facciamo rotta di nuovo verso israele, verso un altro check point, ed ecco l’ansia di nuovo fare capolino: soldati armati, torrette di avvistamento, mezzi blindati intorno a noi certo non rendono piacevole il passaggio tra le due parti e la mia fobia per le armi certo non aiuta. Fortunatamente non ci fermano, non abbiamo nessun problema e passiamo piuttosto semplicemente, rientrando infine a Gerusalemme piuttosto in fretta, per dirigerci poi verso la stazione degli autobus da dove prenderemo un mezzo per muoverci verso tel aviv, dove trascorreremo la notte. Insomma, intensa, ma positiva. Certo che se non ci fosse quest’ansia, cacchio!!!


domenica 10 marzo 2019

Ritorno in terra santa

Israele
Ogni volta che metto piede in questo lato di mondo mi sento colpevole di qualcosa, come se fossi io la causa di tutte le guerre del mondo, come se stessi complottando contro la libertà stessa del paese che mi ospiterà per i prossimi otto giorni. Non ci posso fare niente, quella bandiera bianca e azzurra, ma soprattutto tutti gli sguardi sospetti, le mille domande già in entrata, la rinomata gentilezza delle genti che si incrociano riescono ogni volta a far sorgere in me questa fastidiosa sensazione che mi accompagna per tutta la durata delle missione e che vedrà il suo apice al rientro, quando l’aeroporto Ben Gurion, come sempre, terrà in ostaggio me e il mio zaino per un paio di orette frugando fra le mie cose alla ricerca di non so mai bene cosa, per dimostrare che sono un amico del loro nemico e farmela pagare. E che palle. E poi amico di chi? Mi spiace un sacco questa cosa. Anche perché a me questo Paese piace tantissimo e la missione qui è una delle mie preferite fuori dall’Africa, che rimane per me la vera incarnazione di inter campus, ma proprio non riesco a fregarmene, a farmene una ragione, a mettermi il cuore in pace e vivere con tranquillità le domande, gli sguardi, l’ostilità diffusa, per potermi godere fino in fondo le bellezze del territorio, l’infinita storia che mi racconta, la magnificenza mistica di Gerusalemme, il sole caldo di Tel Aviv con le sue lunghissime spiagge, il cielo blu splendente tipico di questo pezzo di Terra e i campi al di qua e al di la del muro che tra i loro mille e più problemi rendono unico questo progetto. No, non ci riesco. E neanche oggi, sceso dall’aereo, ce l’ho fatta: arrivato all’ingresso dell’androne dove controllano i passaporti, in fondo alla lunga discesa, ho rivissuto le solite, spiacevoli, sensazioni. Amen, non ne posso fare a meno. Ansia in spalla ed iniziamo la nostra missione israelo-palestinese.