giovedì 31 agosto 2017

Allenarsi a Luanda

Porca paletta, se c'è una cosa che mi fa incacchiare di questa incasinatissima città, una delle tante cose, è l'enorme difficoltà con cui ogni volta dobbiamo fare i conti per trovare uno spazio adeguato per allenarci. Costretti come siamo a rimanere dentro la casa salesiana già quando la situazione "fuori" è normale, è tranquilla, in un periodo come questo, post elezioni, con i risultati che ancora non sono stati ufficializzati e lo storico partito al potere che invece si è già dichiarato vincitore, la possibilità di fare una corsa "oltre il giardino" non ci viene nemmeno negata, semplicemente non è contemplata. Si esce solo per andare nell'altra casa salesiana, quella di Mabubas, dove i nostri 33 allenatori hanno messo in piedi un accampamento e ci aspettano tutti i giorni per il corso mattutino, l'allenamento pomeridiano e la partita serale. Altre occasioni non le abbiamo. Figuriamoci per correre. E allora siamo costretti a girare come criceti in gabbia nel cortile della scuola salesiana, 290 mt il perimetro totale, tra i pilastri dell'edificio, le mura e i campi da futsal e basket! Sembriamo due carcerati, nel cortile della prigione, durante l'ora d'aria: giriamo in tondo come matti per...non sto nemmeno a scrivere per quante volte. Il primo giorno il programma che sto seguendo e che mi porterà alla mezza di monza prevedeva tre km di riscaldamento e una serie di ripetute...ho finito che non ero stanchissimo, ma mi girava la testa!!! Che palle. Mi piacerebbe per il futuro trovare una alternativa, perché così sono veramente a rischio labirintite!
Fortunatamente il divertimento non manca la sera, dopo l'allenamento coi bimbi, quando giochiamo noi a calcio coi mister: lunedì abbiamo fatto le squadre, quattro, e ogni giorno ogni gruppo gioca due partite "di campionato", che si concluderà sabato, per stabilire "i campioni". Bello, bellissimo allenare, ma giocare...vero, son più vicino ai quaranta che ai trenta, dovrei anche smetterla, ma quanto è bello calciare quella palla, smarcarsi, ricevere, dribblare, cercare il compagno, inseguire l'avversario, segnare ed esultare, anche se stai giocando a Mububas, su un campo di cemento, con dei ragazzi con almeno quindici anni in meno, un pallone rotto e rattoppato? Insostituibile. 

mercoledì 30 agosto 2017

Luanda la Intercampista

Cambia, cresce, puzza; fa sparire quartieri, ne fa apparire altri; finge di essere democratica per mezzo di elezioni che non portano alcuna novità e col vecchio presidente che "si fa da parte", per lasciar strada al suo prescelto; si fa bella, moderna e pulita nei quartieri alti, nella Illha, ma rimane il solito girone dantesco in lixeira. Insomma, Luanda rimane Luanda, nonostante tutto, con in più, da otto anni a questa parte, sempre più maglie neroazzurre che girano per Trillho, Palanca, Mota, Sao Paolo, Mabubas, Dondo e Kalulu, le comunità parte del nostro progetto; con in più un sacco di bambini e di giovani, con le relative famiglie indirettamente coinvolte, che crescono con i valori unici del calcio, dello sport, e con quella palla, qui rappezzata alla meglio e il più delle volte sgonfia, da inseguire senza compromessi. Qui forse più che in tutti gli altri "nostri" Paesi sento, vedo, quanto Inter Campus sia unico e incredibilmente forte e necessario per queste comunità, per sostenere, aiutare, i progetti educativi già attivi che i salesiani, nostri partner da queste parti, già da tempo portano avanti tra non poche difficoltà, ma con una determinazione unica e esemplare. Qui mi rendo conto forse più che da ogni altra parte, del valore insostituibile del gioco del calcio, quale mezzo, quale forma di educazione, quale strumento per accompagnare il bambino nel suo percorso, nel suo sviluppo, nella sua marcia per diventare uomo. Non voglio esser retorico, non voglio "darmi aria alle ascelle", come diceva un mio mister intendendo che non voleva darsi delle arie, tutt'altro; mi fermo solo a riflettere, ad osservare quanta forza, quanto utile, se non necessario, possa essere lo sport, se gestito, proposto, nel modo corretto, nel modo più congeniale, più naturale, per i ragazzi. Oggi in campo coi bimbi di 11 e 13 anni con cui abbiamo fatto allenamento sono emerse le difficoltà cognitive di molti, i limiti che i giocatori di questi campi del mondo hanno nel pensare, nel riflettere, nel ragionare, non certo perché hanno deficit di qualche tipo, ma semplicemente perché non sono abituati a farlo, non sono allenati, nemmeno a scuola, dove si trovano in classi super affollate e con professori che più che urlare e farsi pagare dagli studenti stessi per far lezione non fanno e certo non insegnano loro a ragionare. E questo loro scarso allenamento nel pensiero si ripercuote sul loro sviluppo, sulla loro crescita. Partecipando a Inter campus, però, ricevono stimoli che li costringono a pensare, a riflettere, a ragionare e a ricordare, stimoli che certo torneranno loro utili non solo in campo, ma anche, se non sopratutto, fuori da esso, accompagnandoli nella definizione della loro personalità. Parlo, anzi scrivo, di ragionamento perché è il limite più grosso emerso oggi, ma con l'allenamento "giusto" sono anche altri i punti, le aree come diciamo noi, che vengono stimolate e portate al miglioramento, quindi il lavoro che si realizza e che vediamo realizzato qui forse più che da altre parti, è veramente "completo", è veramente...educativo, che porta esiti positivi in una realtà così difficile e per nulla educativa. Bene così, allora, andiamo avanti!

martedì 29 agosto 2017

Luanda la puzzolente

Più la città cresce, cambia, si rimodella anno dopo anno, visita dopo visita, più i "nostri" centri, nei quartieri più poveri e disastrati della città, si riempiono di odori asfissianti, puzze di varia natura e vario genere, che rendono difficile il passaggio, figuriamoci la sosta. Discariche improvvisate a bordo strada colme di sacchetti di plastica, bucce di frutti che macerano sotto il sole cocente, banane marce e ananas smangiucchiati, ferro, legno marcio, pietre, escrementi animali e umani (rientrando dal campo, ieri, da una di queste buche colme di schifezze, si è scorto un bimbo, chiappe all'aria, nell'inconfondibile postura del cacatore...terribile!), tutta roba che viene bagnata dall'umidità della notte e scaldata, asciugata, dai potenti raggi del sole metà equatoriale e metà tropicale (Luanda si trova più o meno a metà strada tra equatore e tropico del Capricorno), con il conseguente sprigionamento di olezzi di difficile descrizione. Non ancora soddisfatti del livello di puzza raggiunto, i locali, costretti a vivere nelle baracche circondate da questi cumuli maleodoranti, guarniscono ulteriormente la già folta raccolta di rifiuti con urina, capace di donare conati di vomito al malcapitato passante. In questo caso il sottoscritto. Terrificante. E a bordo delle strade che percorrono i quartieri, strade di terra, con buchi che sembrano causati da una pioggia improvvisa di asteroidi, scorrono fiumiciattoli di "acqua" nera, nerissima, tanto scura e densa che colora con i suoi schizzi il terreno che la circoscrive, che segna, che marca indelebilmente tutta quella "strada" dove bimbi piccoli che sbucano da ogni baracca di lamiera circostante giocano con pietre, biciclette o palloni improvvisati. Terrificante visione. Quando oggi in mezzo a questo "asilo a cielo aperto" ho incrociato una bimba che sarà stata poco più grande di Anna, sporca di questo terriccio dalla fronte fino ai piedi, con indosso solo un paio di mutande verdi e le mani...lerce, sporche lerce! Assurdo, ingiusto, ma terribilmente reale. Annina, che fortuna che abbiamo.

lunedì 28 agosto 2017

LUANDA LA PROVVISORIA

LUANDA la provvisoria
Dopo la sosta estiva, dopo 30 giorni esatti dall’ultima trasferta intercampista, dopo i bagni a Punta Ala e le camminate sul Catinaccio con Anna sempre più grande e sempre più divertente, eccomi nuovamente in viaggio, destinazione Luanda, Angola. Viaggio notturno che da Amsterdam ci porta piuttosto facilmente nella capitale di questo disastrato Paese, vissuto, per una gran botta di culo, sdraiato sui quattro sedili centrali della cabina, insieme al prof, che per l’occasione decide di buttarsi per terra per dormire, lasciando a me le comodità delle poltroncine. Che figata un viaggio così. Le nove ore di volo in questo modo scivolano via con disinvoltura e al nostro arrivo sono quasi riposato, ma ci pensa subito l’agente della dogana a rovinare le cose: la borsa con i palloni per i vari nuclei non può passare e, compilando scartoffie varie e incomprensibili per diverso tempo, costringendoci ad una sosta forzata, ci fa capire che dobbiamo pagare una tassa di importazione. Fortunatamente la cifra richiesta è abbordabile, 36€, così saldiamo il conto e un’ora e mezza più tardi rispetto al nostro atterraggio riusciamo a metter piede su suolo angolano. La città è già in fermento, nonostante il giorno sia iniziato da poco, e le strade sono, come tradizione vuole, “ingaraffate”, ossia intasate dal traffico; le macchine che zigzano impazzite, cercando e trovando varchi invisibili ad occhi di bianco, ci costringono a procedere lentamente, con prudenza (non c'è più quel matto di Padre Stefano alla guida, quindi si avanza tranquillamente, senza perdere anni di vita ad ogni metro coperto) dandomi così la possibilità di osservare i cambiamenti li fuori, oltre il mio finestrino: strade nuove, ponti, sottopassaggi dove prima non c’era nulla, vie di comunicazione “inventate” dal nulla, che uniscono punti prima distanti della città. I cinesi si stanno dando un gran da fare nel costruire le infrastrutture in questo paese, così come stanno facendo in altri Paesi africani, portando continui cambiamenti al paesaggio. Una volta Max definì Luanda “provvisoria” e le immagini che mi scorrono davanti agli occhi non fanno che confermare questa definizione: ciò che era solo sei mesi fa, non è più e ciò che è ora, non sarà tra poco tempo. Emblematica, per capire quanto sto provando a descrivere, la zona che un tempo era del Roque Santeiro, il grande mercato all’aperto che prima occupava tutta la parte di collina antistante il porto: ogni volta che torniamo cambia, cresce, si modifica. Dopo aver sbaraccato tutte le “bancarelle” e cacciato gli abitanti del mercato (che doveva il suo nome ad una telenovela brasiliana), il terreno è stato spianato, è stata costruita una enorme strada che mese dopo mese si va definendo attraverso marciapiedi che compaiono e rotonde che prendono forma, è stato edificato un sovrappasso che dal porto conduce direttamente verso il centro ed è stato creato un ulteriore collegamento con un'altra importante strada che conduce fuori città.  Insomma, sembra che qualcuno stia giocando a sin city e stia costruendo da zero una nuova città! Una città provvisoria, perché chissà la prossima volta come sarà, chissà cos'altro troveremo e cosa non vedremo più.