A volte, anzi molto spesso, mi ritrovo a guardare il calendario, ad osservare la data del giorno, e a pensare: "wtf! come cacchio è possibile? Siamo a marzo???". E una sensazione terribile mi assale. Un misto tra paura e sgomento, tra ansia e preoccupazione: cazzo, siamo già a marzo, son successe mille cose in questi tre mesi, tutte bellissime come spero sarà per tutta la vita, inshallah, e io...le ho vissute tutte? ho goduto ogni attimo, ogni secondo di queste esperienze? O l'incessante succedersi degli eventi mi ha impedito (che sia una scusa dar la colpa al tempo, per non cercare una soluzione vera?) di capire veramente quanto di bello mi stava accadendo e quindi di respirare ogni attimo di queste esperienze? Lo penso e lo scrivo spesso: siamo tutti nella stessa barca, non sono io speciale e siamo tutti in un maledetto frullatore che ci gira, rigira, sbatte e risbatte, travolti dagli eventi e incapaci di fermarci e vedere, sentire, vivere l'attimo. Sud Sudan, rientro in Italia, sto a casa 18 ore (atterro la mattina, riparto la sera), via verso il Congo, rientro, sto a casa non so nemmeno più quanti giorni e via, di nuovo in aereo, kuwait, bahrain, oman. Rientro, a casa un'altra manciata di ore e di nuovo in volo, direzione Zambia e Zimbabwe. E in mezzo la scuola, i laboratori del liceo da portare avanti, la giornata dello sport da definire, la società sportiva con i nuovi corsi che partono... ripeto, non sono io speciale, siamo tutti nello stesso frullatore. E ciò che ci rimette per tutti è la famiglia: Margherita non perde occasione per dirmi "basta andare in aereo", Anna non dice nulla, ma i suoi mega occhi mi fulminano ogni volta che le dico che devo andare, Silvia...Silvia è la donna migliore che potesse capitarmi e regge da sola la baracca, sopportando le mie assenze tra lavoro e bambine. Sopportando anche la mia assenza il giorno del suo compleanno. Davvero, che centrifuga. E tutto questo succedersi di eventi ti fa perdere memoria di ciò che ti è accaduto, di ciò che vorresti fissare in testa perché momento importante di crescita, di apprendimento, o anche solo perché divertente. Provo ogni tanto a "vomitare" su questo schermo queste esperienze per poi ogni tanto ritrovarmi a leggerle e ricostruirle, ma i tempi sono talmente serrati che riporto un quarto di quanto ho in testa
giovedì 29 febbraio 2024
domenica 18 febbraio 2024
IL CANTO DEL MUEZZIN
Il canto del muezzin
Quel canto che
scandisce il tempo delle giornate nei paesi musulmani e che oggi mi accompagna
su questi campi kuwaitiani, mi riporta sempre con la mente alla prima volta in
cui mi ci sono imbattuto. Ero a Sarajevo, anno domini 2004, e dopo
l’allenamento in quel mega campo vicino all’aeroporto con gruppi di bambini a
raffica che mi tennero impegnato per circa tre ore, una volta rientrato in
hotel, decisi di uscire per un allenamento. Ai tempi (madonnina che frase da
vecchio) giocavo ancora, ero a caravaggio e il preparatore mi aveva dato un
programma da seguire, per cui armato di foglietto con i tempi e il lavoro da
svolgere, uscii un po’ intimorito, ma curioso, per esplorare la città. E dopo
pochi passi, senza nemmeno aver concluso il riscaldamento, il timore si
trasformò in estasi, al punto che promisi a me stesso che avrei visitato ogni
paese, ogni città, ogni villaggio del mondo di corsa, attraverso quella
modalità: correndo, esplorandone le strade in piacevole affanno aerobico. E
proprio durante quel’ allenamento che ancora oggi ho bene in testa, partì
questo canto: era il tramonto e il muezzin chiamava i fedeli alla preghiera, ma
io ero assolutamente all’oscuro di tutto ciò e rimasi affascinato da quelle
melodie che all’unisono, più o meno, alcune gracchiando per via degli
altoparlanti difettosi, altre pulite, riempivano il cielo scuro della città.
E oggi, a
distanza di vent’anni, lo stupore rimane il medesimo.
Questa volta sono
in campo, al centro olimpico del kuwait, con 36 allenatori e circa 40 bambini,
per dimostrare ai primi come proporre un allenamento “educativo” ai secondi, e
quando il canto inizia non è sera, ma è il canto per la preghiera del
pomeriggio (salat al sar credo si chiami, o qualcosa di simile), ma poco
cambia. Mi distraggo un attimo, mi allontano con la testa da questo paese ricchissimo,
in enorme crescita dopo la guerra di inizio anni 90 che ha segnato per decenni la
popolazione e le città, ambizioso e in grande competizione con gli altri stati
del golfo, per rivedermi sulle colline bosniache a correre e a godermi quella
scoperta. E un sorriso di soddisfazione e il bisogno di ringraziare Dio per la
fortuna che ho, accompagnano il mio “volo pindarico”. A vent'anni di distanza
sono ancora qua, altri campi, altra maglia, ma stesso spirito. Se non è fortuna
questa, non so cosa possa essere considerata tale
venerdì 16 febbraio 2024
Kuwait: a spasso per la città
Questa volta è il riff poderoso di dimebag darrell a dare il via al mio "giro turistico" per la città: quando "cowboys from hell" sfonda le mie orecchie, sono già fuori dall'hotel, direzione...vediamo dove mi porta il vento. La giornata è stata lunga e stancante e ho bisogno di staccare per un attimo. Ho, abbiamo, profuso tutto il nostro impegno per coinvolgere, motivare, cambiare l'approccio all'allenamento degli allenatori locali e sebbene possiamo dire che dal punto di vista teorico siano tutti molto preparati, sul campo, in campo, con i bambini di fronte e l'attrezzo da gestire, per molti le cose non sono andate tanto bene. E la spiegazione che mi do è la stessa che mi son dato in altri paesi così stramaledettamene ricchi: hanno tutto, anche di più, troppo, ma mancano di una cosa essenziale, allenatori e ai bambini, una cosa che non posso in nessun modo insegnare, trasmettere: la passione. Manca quel fuoco dentro che rende un allenamento normale, un'occasione unica di apprendimento e crescita; non vedo quella voglia di stare in campo che trasforma una seduta di 90 minuti, in un soffio di vento; non vivono questo mestiere come una benedizione, una grande fortuna, una insostituibile gioia, trasformando il tutto in semplice e banale "lavoro". Che peccato. Certo, non voglio fare di tutta un'erba un fascio, mentirei se dicessi che son tutti così, ma sui 36 che hanno fin qui partecipato al corso, ne riesco a salvare al massimo 12...Si, si, ho bisogno di staccare. E allora fuori di qui, Pantera nelle orecchie, per il mio allenamento quotidiano. Allenamento...purtroppo da novembre questa parola è diventata un po' esagerata accostata a ciò che realmente posso fare: da dopo l'operazione al ginocchio le mie attività si sono dovute drasticamente ridurre e alle sfiancanti e tanto appaganti corse pre intervento, si è ora sostituita l'alternanza tra un giorno di corsa al ritmo di un bradipo e un giorno di camminata tipo sessantenne sovrappeso. Oggi tocca alla camminata, per cui mi avvio verso il lungomare e da qui risalgo verso est la città, con un susseguirsi di immensi grattacielo sulla destra e un via vai frenetico di macchine sotto di essi. Macchine...bolidi! corvette, Porsche, rolls royce...è un susseguirsi di auto di lusso e qualcuna di super lusso, che sfrecciano sulle strade godendo del prezzo irrisorio del petrolio (ca va sans dire, visto dove siamo) e degli stipendi faraonici di chi le guida. Stipendi esentasse, perché in questo lato di mondo le tasse non esistono, alla facciaccia nostra!
Schivo macchine e mega moto da strada ad ogni incrocio per un'ora abbondante, perché qui non esistono semafori pedonali (chi cacchio va a piedi per la città, se non un pirla col ginocchio sifulo?), fin quando non arrivo alla grande moschea, un impressionante edificio che si staglia tra i mega edifici moderni in tutta la sua immensità. Davvero enorme da vedere e mi piacerebbe un sacco riuscire a visitare l'interno, ma nel momento in cui sto passando è chiusa, o per lo meno non ho saputo trovare l'ingresso, per cui desisto e decido di lasciare il lungo mare, per provare ad orientarmi e tornare indietro, visto che tra non molto dobbiamo andare in federazione dal presidente. che palle queste cose: non potrebbe fregarmene di meno, ma fa parte del mio ruolo in questa mia seconda avventura sui campi del mondo, per cui gambe in spalla, che si deve rientrare.
Sulla strada del ritorno passo attraverso il grande suk della città, un mega mercato tipicamente arabo che ospita oltre a centinaia di negozi di ogni tipo, anche un sacco di persone a passeggio, ferme a prendere un the o un caffè, o a giocare a carte. Già, perché qui mi raccontano che ogni giorno la gente ha molto tempo libero per se stessa, a prescindere dal lavoro svolto, tempo che che viene occupato da qualcuno passeggiando per perdere peso (non lo sapevo, ma il Kuwait è il quarto paese al mondo per tassodi obesità), da altri sorseggiando the con amici e parlando (come amano parlare), da altri ancora invece...dormendo! Davvero, dormendo: qui è consuetudine il riposino pomeridiano, la siesta, dalle 13 alle 15. ciccini, un riposino di due ore...mica male. Lavorare meno, guadagnare di più e avere tempo libero per godersi la vita. Che sogno. Invece...è finita l'ora d'aria. Doccia, vestiti e preparati a stringere mani e dispensare sorrisi. Yalla.
venerdì 2 febbraio 2024
Congo Brazzaville
CONGO BRAZAVILLE