domenica 27 gennaio 2019

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...e nel mezzo del nulla, ecco Inter Campus.


Vado: 1,2,3...




Un vero campo del mondo!


Scorci dalla "ridente" Medenine"

giovedì 24 gennaio 2019

Riflessioni da un campo di terra


RIFLESSIONI
Rileggendo la chiusura di quanto ho scritto ieri mi son venute in mente un sacco di cose che hanno iniziato a occuparmi la testa e che ora voglio liberare su carta virtuale per tornar tranquillo, con la mente sgombra da futili pensieri. Girando tra varie società dilettantistiche della Brianza e non solo da un po’ di anni, se si considera che ho iniziato ad allenare a 16 anni l’ascot triante, posso ora dire con assoluta certezza e assoluta tristezza di aver chiaro in testa il fatto che la mia visione del calcio giovanile non può che rimanere una visione, senza possibilità di concretizzarsi, considerando i personaggi che popolano il calcio giovanile dilettantistico. Non che io sia il profeta incompreso del calcio, sia chiaro: ciò in cui credo non è niente di speciale, niente di magico, ma ormai mi è chiaro che non può prender forma. In cosa credo? Semplice: nell’uso del calcio, dell’allenamento, per crescere bambini; nell’educazione all’agonismo sano, puro; nella ricerca con tutti i mezzi leciti della vittoria, con la consapevolezza che valga più una sconfitta per crescere ed imparare che cento successi; nei gruppi omogenei, non perché voglia vincere con quelli bravi e riempirmi le tasche con le iscrizioni di quelli scarsi, ma perché per garantire a tutti di poter accedere ad una formazione ideale, in linea con le capacità attuali (attuali, perché i bimbi in due mesi si trasformano), una proposta specifica, ad hoc per le proprie capacità, è necessario dividere per abilità i gruppi (e dentro il gruppo omogeneo, garantisco, vige una enorme disomogeneità comunque); nell’allenamento che sia in grado di allenare non solo “i piedi”, ma anche testa e cuore; nell’allenamento pensato, studiato per i propri bambini e non preso dalla rivista, dal corso con l’allenatore professionista o visto su youtube in uno dei mille canali dedicati all’allenamento dei giovani e riproposto tale e quale sul proprio campo di terra, fischietto in bocca e cronometro alla mano; nella programmazione che non subisce modifiche, cambiamenti, per i risultati, ma che prevede aggiustamenti per le risposte ricevute dai bambini nel corso della stagione, affinché sia sempre allineata con le esigenze dei nostri giovani atleti; nel sabato pomeriggio di gioco tranquillo, sereno, momento fondamentale per la crescita, il miglioramento dei bambini, senza bestie dall’altra parte del campo che urlano, sbraitano, chiamano falli inesistenti (cazzo, ma non c’è l’auto arbitraggio nei bambini???), fanno finire le partite con 5’ di anticipo o di ritardo, a seconda del risultato (dai, voi che allenate, provate a smentirmi: è capitato a tutti, è così), o con bestie forse peggiori attaccate alla rete a sbraitare contro l’arbitro, il mister, il figlio, l’avversario o qualunque altra “cosa” si stia muovendo in campo; credo dunque nel calcio, quello vero, quello che si gioca sui campi di periferia, che è diverso, DEVE essere diverso da quello delle società professioniste, dei pari età professionisti, perché loro hanno e devono avere altri obiettivi (nel mio mondo riconosco tre livelli: il primo, quello più popolato, quello di tutte le società dilettantistiche, con caratteristiche e finalità proprie; il secondo, quello delle società “blasonate”, legate alle grandi, con altri obiettivi e altre caratteristiche; ed infine le grandi, le professioniste, ancora diverse e con altri obiettivi), con differenti metodologie applicate e modalità di approccio al bambino e al calcio in generale. Insomma, credo in tutto ciò che tutte i direttori sportivi, i responsabili tecnici, i vari fenomeni che popolano il mondo del calcio dilettantistico dicono sempre a tutti i genitori al momento dell’iscrizione, al momento della prima riunione, ma che poi, puntualmente, dimenticano quando inizia la stagione, quando iniziano “a contare i tre punti” e i risultati, quindi “buttala la quella palla”, o “no, quello non può circolare” o “portane sette, i migliori domenica, per gli altri organizziamo un’amichevole, ma dobbiamo vincere”, quando quindi tutto quanto si è detto, perfettamente in linea con quanto ho appena scritto, viene dimenticato e il risultato, la vittoria, il proprio ego diventano i nuovi riferimenti, i nuovi valori. E ne ho pieni i maroni.


mercoledì 23 gennaio 2019

Medenine


MEDENINE 2
La lunga riunione di ieri ha dato buoni frutti, per lo meno sulla carta: il partner locale è abbastanza attivo con i bambini del villaggio e sarebbe alla ricerca di un progetto sportivo da affiancare agli altri della maison de jeune, per cui noi capiteremmo a fagiolo; per noi, invece, sarebbe bello iniziare a giocare coi suoi bambini per riuscire, attraverso il calcio, a limitare l’abbandono scolastico, ad oggi al 22%, che ovviamente impatta negativamente sulla crescita, sullo sviluppo dei giovani di Kosba e sulla società in generale. Insomma, sul tavolo le carte sembrano essere favorevoli per una buona mano: vedremo domani se anche “sul campo” tutto quello che ci è stato detto corrisponde a realtà. La cosa certa è che Bashir, l’allenatore, mi piace, mi sembra proprio una brava persona, che già, a modo suo, realizza un suo personale inter campus con i bimbi di questo posto a 30km da Medenine, che con noi amplierebbe, migliorerebbe e porterebbe ad un livello educativo più consapevole, più esplicito, anche se da solo a mio modo di vedere non potrà restare ancora per molto. L’appeal della maglia, l’attrattiva dei nostri allenamenti chiameranno sul campo ben più bambini di quelli che già partecipano e legandoci ufficialmente alla scuola è certo che dovremo formare più squadre e di conseguenza dovremo trovare nuovi allenatori/educatori. E quello che ci hanno proposto loro a me non piace molto, non lo vedo molto adatto al ruolo. Oltre al fatto che è una pippazza con la palla tra i piedi (non che sia importante a parer mio essere stato campione del mondo, ma almeno saper muovere con grazia la magica sfera si, cacchio! I bambini ti guardano, ti giudicano e se non li conquisti già così, e basta poco, la strada è già in partenza in salita), non mi sembra abbia grandi doti empatiche, abbia grande capacità di entrare in rapporto immediato con i nostri “nani”. E questa si la ritengo una dote indispensabile. Se non sai allenare, ma sei capace di conquistare i bambini, di farli tuoi e farti rispettare e “amare” semplicemente scendendo con loro sul campo, sarà poi mio il compito di renderti anche allenatore, “riempirti di contenuti” (che sofista del cacchio), ma se quando scendi in campo tentenni, balbetti e non catturi nessuno di quei piccoli, ma profondi e attenti occhi, non diventi il riferimento di nessuno di quei bimbetti affamati di calcio, c’è poco da fare, non posso aiutarti, Inter campus non fa per te. Di questo sono certo, sono convinto. Puoi avere nel tuo bagaglio milioni di esercitazioni bellissime e adatte a tutte le fasce d’età, puoi conoscere tutte le metodologie di allenamento di questo mondo, puoi sapere di calcio (teorico) più di chiunque altro io abbia mai avuto la fortuna di incontrare, ma se sul campo i bimbi non ti guardano, non ti cercano, non ridono con te, non pendono dalle tue labbra anche se tu stai parlando una lingua a loro totalmente sconosciuta, non puoi essere Inter Campus. Puoi andare in qualunque società di calcio italiana, però, perche tanto li importa solo che tu vinca. Anche con i piccoli amici. Ma questa è tutta un’altra storia…


martedì 22 gennaio 2019

Viaggio della speranza


MEDENINE
Viaggio della speranza anche questa volta per arrivare in questo luogo sperduto, nell’entroterra tunisino, vicino al confine con la sempre calda, e non climaticamente parlando, Libia: aereo che decolla alle 8:30 da Linate e dopo uno scalo lungo, lunghissimo, a Parigi, secondo aereo che atterra alle 18 a Djerba; da li 1 ora e 33 minuti in una scomodissima macchina per arrivare al nostro “hotel”. Scomodissima perchè Adel, il nostro principale referente se dovessimo iniziare a giocare anche in questo campo del mondo, è venuto con Bashir, l’eventuale allenatore, e quindi siamo in 5 in auto e uno dei 5 è alto circa due metri e un altro è piuttosto…come dire…ingombrante (non me ne voglia). Di conseguenza gli spazi all’interno dell’abitacolo iniziano a scarseggiare nel momento stesso in cui saliamo a bordo. Lorenzo poi, per non farci mancare nulla, ha iniziato a star male a Parigi e arrivati a Djerba era già cadaverico, con febbre e male in ogni parte del corpo, poveraccio, quindi per cercare di alleviare un po’ le sue sofferenze si è cercato di lasciargli un po’ di spazio in più, con ulteriore riduzione della comodità. Insomma, per farla breve, quando alle 21 circa metto piede in quella baracca che già a giugno ci aveva accolto, sono tutto anchilosato e stanchissimo. E il mattino dopo il mio corpo presenta il conto: sveglia presto per andare ad allenarmi, ma già scendendo dal letto sento che la schiena non è propriamente “sciolta”, decontratta. Provo un rapido scarico della zona lombare convinto che la corsa non potrà che farmi bene, ma l’esperienza si trasforma dopo poco più di 500 metri in un vero calvario: zona lombare cementata, ogni passo è uno spillo nella colonna vertebrale, ogni movimento è una riduzione della mia mobilità. Son di coccio, come tutti coloro che amano fare sport, stringo i denti, certo del fatto che ora le endorfine rilasciate dal mio corpo inizieranno il loro lavoro, permettendomi di chiudere il lavoro programmato per la mattina, ma sembra che oggi il mio sistema endocrino sia in sciopero e invece di alleviarsi il dolore aumenta. Niente, devo cedere e mestamente, a testa bassa, sofferente, rientrare. Sento già le voci di voi quattro lettori: “l’età che avanza…caro mio, non hai più vent’anni…40 si fanno sentire” e altre amenità del genere. Ma va la’! Oggi che abbiamo del tempo libero dopo l’importante riunione organizzativa (fondamentale direi) mi rimetto in piedi. Vedrete. Non si può dir altro se non “benvenuto a Medenine”.