venerdì 4 ottobre 2013

Last day in Uganda


27 settembre

" If you reach the airport in one hour, i'll pay you 80000!", dico al folle taxista che ci accompagna in aeroporto, vista la folla di macchine che ci circonda per le "vie" di Kampala. Bell'idea che ho avuto...il folle Jhonson, o Jonshon o come chezzo si dice (quando gli ho chiesto il nome, è venuta fuori la scena di Cana' che pronuncia il nome dell'ottavo re di Roma, Falcao, continuamente corretto da Aristoteles), uomo dalla fiatella alcolica e il piede amaro, decide di battere tutti i record possibili di velocità sulla terra e si lancia a folle corsa in direzione Entebbe, driblando selvaggiamente macchine, camion, matatu, boda-boda, biciclette saggiamente usate senza luci e pedoni decisi per il suicidio, visti i punti della strada dove decidono di attraversare. Il viaggio è stato un continuo irrigidirmi cercando con il piede l'inesistente pedale del freno, vanamente montato su questa macchina nella posizione dell'autista, attaccandomi alle pelosissime braccia di Juri (madonnina che peluche!); per fortuna il nostro Luis Hamilton è un folle simpatico, per cui tra un dribbling e l'altro si riesce anche a parlare e a ridere un po' insieme (fantastica la sua riflessione sulle giovani donne ugandesi!), arrivando sani e salvi a destinazione dopo un'ora e poco più e anche se l'obiettivo dell'ora non è stato raggiunto, asciugandoci il sudore, non per il caldo, diamo comunque la somma pattuita al folle che ci ha regalato una dose inaspettata di adrenalina prima del lungo, lunghissimo viaggio che ci aspetta.
Siamo infatti giunti al termine della missione: si torna a casa e domenica sarò in panchina coi miei 98, lontano dal mango secolare del campo di Nagallama, dall'esercito dei 650 ugandesi in neroazzurro della "nostra" scuola e da tutto ciò che abbiamo vissuto in questi giorni. Calcio, sempre calcio, of course, ci ha accompagnato anche da queste parti, ma...qualcosa di diverso, qualcosa di più era con noi in campo. 5 giorni intensi e positivi dal punto di vista lavorativo: gli allenatori stanno crescendo e realmente alcuni di loro li vorrei in Calva con me, visto come stanno in campo, le proposte e la gestione della seduta, e il clinic proposto questa volta ha dato loro ulteriori strumenti per crescere e migliorare. Grandi, loro e per una volta dico noi: buona intesa e ottima collaborazione con il boiola di Usmate, mi hanno sicuramente facilitato nel proporre questo nuovo corso, portando anzi anche qualche spunto importante per la buona riuscita del tutto. Bulungi, Sebo.

Cerimonia di chiusura, ringraziamenti di rito e saluti vari, con consegna di un po' di materiale targato Calva ai bambini segnalati da miss Josephine, ma a un certo punto decido di uscire dal protocollo e cercare tra i musi nerissimi che ho di fronte, quello che più di tutti per me rappresenta l'Uganda, Nagallama: quello di Benjamin! Con una maglia in mano, non chiedo a chi donarla, ma chiedo dove sia Benja; i bambini divertiti dalla mia amicizia con il mudugavi sordo muto, per loro degno di poca considerazione, iniziano a chiamare il suo nome, due bimbe scattano a cercarlo e appena spunta alle spalle di tutti il suo sorriso lucente e la sua baldanzosa camminata (carichissimo, come dice Juri), Juri fa partire un coro "Benja-Benja" cantato da tutti, insegnanti inclusi, che lo accompagna fino a me. Maglia, scarpe e pantaloni: lo rivestiamo da cima a fondo e lui, gasatissimo, osserva contento il suo nuovo "armadio". Spettacolo! Questo bambino sta crescendo con noi, anno dopo anno, e sta guadagnando un suo ruolo all'interno della comunità grazie sicuramente alla sua personalità, ma credo anche grazie al rapporto che abbiamo instaurato, che lo rende "speciale" agli occhi di tutti. Grande Benja. Ci rivediamo ad Aprile.

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