giovedì 10 dicembre 2015

In favela a Rio

RIPARTENZA VERSO RIO

Due giorni intensissimi e rieccoci in volo: destinazione Rio! E nella capitale carioca l’intensità aumenta ancora: allenamenti fissati alle 9 del mattina in favela, quindi partenza prestissimo dal nostro hotel, sito in zona Lopa, per arrivare con la metro (circa mezz’ora) in zona complexo da Mare, il complesso di favelas dove lavoriamo, per poi trovarci con Del, Leo e Fabinho ed entrare in questa città nella città, muoverci tra sentinelle armate fino ai denti, spacciatori vari, ma anche tanta…normalità, e arrivare ai nostri campi per fare allenamento. Villa do Joao, Cavalcante, Nova Hollanda, Parc Uniao, questi i nostri campi di questa zona del mondo. E su questi terreni di gioco bambini che definire esuberanti suonerebbe eufemistico: delle vere mine impazzite, senza regole, norme, limiti, figli della strada che ti succhiano le energie nell’ora e mezzo che gli dedichi. Perché mi si chiede? perché fare allenamento in favela è così impegnativo, mi domandano alcuni, ignari di questa realtà. Un allenamento in favela vale tre fuori, su qualsiasi altro campo di inter campus perché per tenere alta la loro attenzione, evitare qualsiasi occasione di distrazione, qualsiasi pretesto per litigare, qualsiasi calo di interesse nei confronti delle nostre proposte (loro sono abituati a giocare, non a pensare come correre, dove correre, come calciare, come ricevere. Loro fanno solo partite, normalmente) devi mantenere altissime le intensità delle esercitazione, controllare tutto, vedere tutto e prevenire, proporre varianti all’esercizio in continuazione, basare tutto sul gioco, la competizione, la sfida e soprattutto partecipare alla seduta, scendere in campo con loro, accompagnarli nella “risoluzione del problema”, sostenerli sorridendo se sbagliano, gratificarli se fanno giusto. E il più delle volte senza materiale, come quando a Villa do Joao ci siamo ritrovati con 62 bambini, 8 palloni, 10 cinesini e una ventina di concetti! Niente casacche, non scherziamo! Siamo mica a Interello! E allora? Come fai? Ti organizzi, ecco come fai. Questi bambini sono Inter Campus, devono partecipare a un allenamento come se fossero a Coverciano, devono divertirsi, imparare e crescere durante la seduta! Devono, non possono. E allora via, 6 cancelli di ingresso, cambi ogni trenta secondi, giochi legati al correre, al saltare, con stimoli visivi, uditivi, richieste cognitive (anche semplici, tanto non sono abituati), per poi arrivare a introdurre la palla e chiedere di condurre liberi, poi vincolarli,, introdurre sempre finte e numeri (siamo in Brasile, ricordatelo sempre! Qui un ovinho, il tunnel, vale un 7 a 1), gare e competizioni…Insomma, un grande impegno, tanto che quando esco e saluto i nani carioca sono sempre esausto. Quando poi gli allenamenti sono più d’uno nel corso della giornata, alla sera barcollo, quasi come quando ho chiuso la mezza di Monza dopo essere stato pesantemente male di stomaco durante la gara! Moribondo. Ma il tempo che passano con noi sul campo è tempo sottratto a tutto quello che succede la fuori: ragazzi che ci osservano oltre la rete, sotto una tettoia, tutti armati chi di fucile, chi di pistola, chi con un cinturone che avevo visto solo indossare da Terminetor prima di oggi; altri che rollano dei cannoni lunghi quanto le mie copa mundial e riempiono il nostro terreno di gioco con l’amarognolo del fumo che si stanno fumando; altri ancora che gironzolano e ci osservano, ci scrutano, armati non solo di armi da fuoco, ma anche della loro radiolina, cui raccontare quello che vedono, che ascoltano (voi non vivete qui, ci dicono prima di un allenamento fermando la macchina di Del, quindi qui non potete stare. La spiegazione di ciò che facciamo e l’averci visto all’opera li convince del fatto che si, li possiamo stare e tornare, però cacchio…avranno avuto 14 anni!); e ancora spaccio, prostituzione, tutto il meglio che la strada possa offrire. E se anche non riusciamo a cambiare il modo di fare allenamento dei nostri allenatori, se anche non organizzano i gruppi come diciamo noi, se anche non riescono a seguire realmente il bambino nella sua crescita, nel suo percorso di sviluppo, attraverso proposte pensate, specifiche, utili, se anche, se anche, se anche…questi bambini sono in campo, vestiti di neroazzurro, tutti i giorni, vanno a scuola, devono andare a scuola, stanno insieme ad altri coetanei e giocano a calcio!!! Va bene così. Per me può andar bene così. E maglie bianco nere o rosso nere nei paraggi non se ne vedono…Grazie Inter, sempre!

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