venerdì 4 dicembre 2015

Dalla teoria alla pratica...

IN CAMPOCome sempre da queste parti, il passaggio da teoria a pratica è a dir poco abissale: dopo due giorni in cui abbiamo fatto noi allenamento con i bambini, oggi, ultimo giorno, abbiamo chiesto ai due mister di Holguin, Julio e Jarisbel, di prender loro in carico un gruppo, prima della nostra seduta. L’obiettivo nostro era quello di osservarli all’opera, vederli in campo alle prese con esercitazioni, con errori da parte dei giocatori, con le correzioni e la gestione della seduta e…che delusione! Eppure quando al termine della lezione mattutina abbiamo costruito con loro delle esercitazioni per diversi obiettivi tecnici e dedicate a diverse fasi dell’allenamento le loro idee erano valide, le loro proposte si erano dimostrate pertinenti, originali e sensate, utili per migliorare questa o quella specifica abilità tecnica (calciare e condurre), ma quando la teoria ha dovuto lasciare il posto alla pratica le loro conoscenze, le loro parole, i loro contenuti tecnici si sono drammaticamente volatilizzati e l’ora e mezzo di “allenamento” ha avuto per la crescita e il miglioramento del bambino lo stesso valore di un pomeriggio con gli amici al parco. Una serie di esercitazioni slegate tra loro, senza alcuna logica, senza spazi definiti, regole, varianti, intensità, senza nessuna correzione, attenzione e intervento, senza alcun legame con quello che ci avevano detto essere il loro modo di allenare. Una enorme delusione, alimentata anche da fatto che i due giovani mister sono due brave persone, sportive, appassionate e con buone, apparenti, conoscenze calcistiche. Contrariati per ciò a cui siamo stati costretti  assistere, al termine del loro scempio e prima del nostro allenamento abbiamo preso da parte Castro e Michelangel, responsabile tecnico della federazione per la provincia di Holguin e allenatore della nazionale sub20 del paese, nostri referenti locali, per esporre le nostre perplessità e trovare una strada da battere insieme per il futuro per migliorare le cose, perché se dopo tre giorni di corso e di allenamenti, ciò che è rimasto a loro di nostro è limitato alla teoria, qualcosa dobbiamo fare. Da buoni “statali”, uomini del potere centrale, ci intortano con parole, discorsi, mettono in piedi una sorta di monologo, in cui si discostano dai due allenatori, addossano a loro ogni colpa e responsabilità e ci garantiscono che il cambiamento è in atto. A parole. Vero è che qui le menti sono piuttosto rigide, abituate, o costrette, a pensare tutte allo stesso modo, non hanno quasi mai potuto aprirsi al “diverso”, conoscere e provare a far proprio qualcosa che non fosse “cubano”, quindi la nostra “rivoluzione” avrà bisogno di tempo per prender forma, però, cacchio, si parla di calcio, non certo di sistema economico! Lasciamo il campo con la promessa di Castro di controllare e intervenire per promuovere il cambiamento e con le rassicurazioni degli allenatori sulla efficacia del nostro corso e sulla “illuminazione” in corso. Vedremo, amici cubani: a maggio saremo ancora qui!

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