venerdì 11 dicembre 2015

Il diavolo e l'acqua santa

RIO-SAO PAOLO: il diavolo e l’acqua Santa!
I quasi tre giorni a Rio si chiudono velocemente, vivendo le giornate dalle 6 del mattino (se volevamo allenarci, questo era l’orario di sveglia, cazzo!) fino alle 21, quando rientravamo in Hotel, per poi collassare sui tavoli di questo o quel ristorante, citando a ripetizione battute tratte dal film del secolo, girato per alcune scene proprio qui: l’allenatore nel pallone! Camminando sotto gli archi dove corre il trenino di Santa Teresa non puoi non pensare e citare “obrighedo, obrighedo e m’ha fregheto”; oppure camminando lungo copacabana (anche se questa volta non abbiamo nemmeno avuto il tempo di passarci) non puoi non pensare a “la donzelletta vien dalla campagna…e la chiappa si bagna. Passero solitario…’azzo”. Se in più sei col prof, altro culture come me di questo capolavoro, i discorsi difficilmente esulano dai testi profondi del film del secolo (“diciamo che sta girando intorno alla fortuna”). Ma questo era ieri: siamo già a Sao Paolo, dopo un volo brevissimo, eppure in ritardassimo, che ci permette di arrivare a casa di Ciquinho, dove alloggiamo, solo all’1 e trenta di notte, stravolti (a Rio abbiamo fatto l’ultimo allenamento alle 14, per poi docciarci, dopo aver pompato un po’, in una delle palestre della favela ed esserci fiondati in aeroporto) e per nulla pronti per la giornata seguente: ore 8:45 allenamento nella favela jardin do s.Antonio, con 50 bambini e non si sa ancora quanto altro materiale. O almeno, non si sapeva quando ci siamo coricati: il giorno seguente ce ne siamo resi conto, ahimè. Ma il discorso di Rio vale sempre: poco o tanto che sia il materiale, bisogna fare il meglio e proporre le esercitazioni più belle e valide possibili ai bimbi che indossano la nostra maglia. Le scuse non mi piacciono. Fortunatamente i bimbi favelati di Sao Paolo sembrano dei Bocconiani a confronto coi carioca, per cui gli allenamenti risultano più semplici da gestire, per lo meno per quanto riguarda il primo nucleo e quello della parrocchia. Discorso un po’ diverso per la favela Agua vermellha, dove le cose sono più simili a Rio, pur senza armi in circolazione o spaccio alla luce del sole, tant’è che a fine seduta, mentre stavamo parlando con gli allenatori delle proposte di questi giorni, circondati dalla curiosità dei bambini appena allenati, due di loro, di 8 anni, se le sono date come se fossero degli adulti: pugni chiusi in volto e sordi ai richiami dei mister! Chiusura col botto, diciamo, visto che è stato l’ultimo allenamento proposto, in questa infinita missione! Ma Sao Paolo è comunque diversa, molto diversa. Sarà che il partner è una parrocchia e il parroco di questa, don Vincenzo, italiano, leccese, da 35 anni in Brasile, è circondato da gente stupenda, da una comunità attivissima e generosissima, che tutte le volte ci ospita, ci tratta come figli e ci fa sentire come a casa. Il prof ha detto bene oggi: sembra sempre di essere con gli zii, coi nonni, per come si sta bene. E dopo Rio, la favela, i favelati…il diavolo e l’acqua santa, eppure sempre Inter Campus.

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