mercoledì 9 dicembre 2015

Camocin...

NUCLEO DI CAMOCIN
La sveglia è puntata all’ora cubana, ossia alle 6:50, perché alle 9 inizieremo i vari incontri e soprattutto perché prima c’è da prendere confidenza con le strade di Camocin con le nostre gambe! Il programma è tosto e non tiene in alcun modo in considerazione le salite della città e soprattutto il vento perenne, costante e maledettamente forte! Siamo in un posto dove per sei mesi l’anno spira un vento potentissimo, che ha reso queste zone paradiso degli sport su tavola con vela (kite e wind surf), ma non abbiamo, o meglio il prof, quel sadico, non ha preso in alcuna considerazione la cosa. E allora via, come se nulla fosse: 1000+tabata+1000+tabata+1000! Tutti sotto i 3.45 i 1000, tutti sopra i 1000metri i Tabata: Eolo…prrrrrrr!Come sempre, correre per le strade della città è il mezzo migliore per avere una prima infarinatura, una prima idea della realtà dove sono stato catapultato: ora sono in una piccola cittadina di 70000 persone, nemmeno riempirebbero san siro, che vive per lo più di pesca e sta iniziando ad attrezzarsi per il turismo. Ha spiagge lunghe e di sabbia bianchissima, sempre sferzate dal vento e con il mare sempre mosso, per cui se non fai kite o wind surf, dopo aver visitato le spiagge più belle qui, dove però puoi fare il bagno con difficoltà, ti troveresti fuori luogo, eppure…eppure c’è qui forte una piccola comunità di italiani, di ragazzi, ma anche ormai non più tali, che per un motivo o per l’altro hanno abbandonato lo stivale per ricostruirsi una vita da queste parti, e non tutti attirati qui dalla potenza di Eolo. Be’, in fin dei conti gli italiani sono veramente ovunque! E non potevano certo mancare a Camocin. 


Chiuso l’allenamento, doccia, colazione e…skype! Dopo sette giorni senza internet, riesco a vedere Anna, attraverso le foto che mi ha mandato Silvia in questi giorni, ma soprattutto per mezzo della video chiamata, ed è bellissimo! W la tecnologia! Bello, bellissimo staccarsi dal mondo, isolarsi e riconnettersi ad esso solo attraverso la telefonata serale a Silvia, però ora sentivo proprio il bisogno di lanciare una cima che mi riavvicinasse a casa! Contento e soddisfatto, eccomi pronto quindi per i vari incontri: prefetto, delegato dello sport, delegato dell’istruttore, presidi delle due scuole contattate per “fornirci” i bambini, tutti riuniti per capire cosa vogliamo da loro e per farci capire se da queste parti serviamo a qualcosa o meno. Parliamo noi, parlano loro, interviene il responsabile dello sport locale e man mano che ci diamo vicendevolmente spiegazioni, man mano che ci conosciamo, capiamo entrambi di avere l’uno bisogno dell’altro. La realtà è…Inter Campus, i bambini vengono da scuole che coinvolgono bambini in gravi condizioni di difficoltà sociale ed economica, chi ha genitori in carcere, chi ne ha uno solo, chi mangia una volta al giorno, chi deve rimanere a scuola dalle 7 del mattino alle 7 di sera, perchè la mamma e il papà lavorano tutto il giorno. E tutti che vivono in favela. Insomma, inter campus. 

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