lunedì 7 dicembre 2015

Cuba-Colmbia-Brasile

VIAGGIO INFINITO

Lasciamo l’isola caraibica, ormai ex simbolo del socialismo, che sono le 16, per metter piede sul suolo brasiliano alle 6:50 del mattino seguente…in mezzo uno scalo confusissimo a Bogota (tabellone che segnala un’ora di ritardo del nostro volo, salvo poi essere corretto all’ultimo, iniziando l’imbarco senza che nessun passeggero fosse stato avvertito della correzione…insomma un casino) e soprattutto ore e ore di aereo. Fortunatamente il volo che ci porta a Fortaleza è mezzo vuoto e all’annuncio della hostess “imbarco completato” scatto tipo Bolt nella fila a fianco della mia, completamente libera, e mi sdraio orizzontale! Nemmeno il tempo di decollare e sto dormendo profondamente, condizione che mantengo inalterata fino a un’ora prima dell’atterraggio, quando il carrellino della colazione mi sveglia. Così, confesso, è tutto un altro viaggiare. Arrivati in Brasile ci vengono a prendere con una macchina per portarci a Camocin, luogo dove ci hanno invitato per provare ad aprire un nuovo nucleo inter campus: li dovremo vedere i luoghi, conoscere le condizioni da cui provengono i “nostri” bambini, entrare i contatto con gli eventuali allenatori…insomma, li dovremo vedere se il terreno è fertile per noi. Ma questo domani: ora che arriviamo nella cittadina vicino a Jericoacoara passano altre 4, interminabili, estenuanti ore! Il panorama fuori dal finestrino è sempre, monotonamente, lo stesso: sabbia bianca a bordo strada, arbusti selvaggiamente disposti poco oltre e infinite, immense, coltivazioni di palma da olio, quel maledetto olio di palma che “infesta” le nostre tavole e che tanto fa parlare di se ultimamente. Che palle! Già ne ho pieni i maroni di stare seduto, se poi fuori non c’è nulla di interessante da scoprire, altro non si può fare che dormire. E allora sotto, Morfeo, riprendimi con te: abbiamo altro tempo da passare insieme oggi. Arriviamo a Camocin intorno alle 11, anchilosati, con i flessori cortissimi e con la schiena a pezzi: quel che ci vorrebbe è una corsa, ma i nostri ospiti non sono dello stesso avviso; dobbiamo muoverci, iniziare a conoscere le persone che ci propongono il progetto, ma soprattutto dobbiamo riposarci un po’ in vista di domani…in spiaggia! Be’, dai, non male l’idea. Andiamo allora, insieme a Omar, un ragazzo italiano trasferitosi qui 8 anni fa e impegnato in diverse attività, Luciano, l’avvocato che vorrebbe finanziare l’eventuale apertura del nucleo, verso questa spiaggia, barra do Maiaco: bellissima, bianchissima e immensa! Pranziamo in riva al mare con tre super pesci (pareva pargo, ma non ne ho certezza), riso e fagioli, camminiamo discutendo di come poter impostare le cose con i piedi a mollo e spinti, all’andata, da un vento fortissimo (cazzarola se si è fatto sentire al ritorno) e rientriamo a “casa” con uno splendido tramonto sull’oceano: lavorare così non è affatto male! Ora elastico e siamo pronti per collassare! Mancano solo Anna con Si.

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