venerdì 14 febbraio 2014

In viaggio verso Bakanja

Bakanja centre

E via, si riparte! Sveglia, circuito di forza made in prof, colazione e siamo pronti per un'altra giornata senza sosta, tutta d'un fiato, fino a sera. Prima di iniziare a girare per i campi, piccola sosta alla sede di Alba, dove abbiamo appuntamento con la mamma di Aguy...E chi cacchio è Aguy, direte voi, fedeli quindici lettori! Aguy è un bimbo che viveva a pochi chilometri nella foresta oltre Chawama, che un bel...be', mica tanto bel...che un giorno si è ritrovato coinvolto con la sua famiglia in un'incursione dei Mai-Mai, i quali, visto che la sua capanna era poco distante da un check point dei militari, pensando fossero parte anch'essi dell'esercito, hanno prima sparato alla sue gambe e poi dato fuoco alla casa, costringendo il bimbo a trovare la salvezza trascinandosi fuori dalla capanna in fiamme sulle braccia. Di li, una volta che i ribelli hanno abbandonato il villaggio, il piccolo congolese è stato d'urgenza trasportato in ospedale, non proprio vicinissimo, dove Gabriele l'ha conosciuto e, venuto a conoscenza della sua storia e del probabile destino con cui avrebbe dovuto fare i conti di li a poco, ha chiesto aiuto a Inter Campus per salvarlo, perché la sanità, da queste parti, non è esattamente di prim'ordine e Aguy stava rischiando l'amputazione della gamba ferita. Carlotta, il nostro presidente, decide allora di attivarsi, portare in Italia il bambino e farlo curare, tutto a sue spese...questo succedeva a Giugno 2013. Da allora il bambino è stato curato e ora cammina, seppur con l'ausilio di una stampella, parla italiano e si sta perfettamente rimettendo, pur lontano da casa. Oggi, quindi, prima di iniziare la nostra giornata, abbiamo incontrato sua mamma, cui Max, che spesso è andato dal bambino in ospedale, come tanti altri intercampisti, ha mostrato le foto del figliolo e ha raccontato un po' la situazione. Da buona africana, poche emozioni ha lasciato trasparire, anzi sembrava quasi distaccata nell'osservare il figlio su quei fogli di carta stampata, e ben presto ci ha lasciati, allontanandosi con il piccolo fagottino di due mesi legato sulla schiena, nella magnifica usanza africana: Carlotta... la bimba avuta due mesi fa.

Terminato il rendez vous, lasciamo Alba, destinazione...un posto sperduto, nel mezzo del nulla, ma davvero nel nulla, dove la FIFA, con il progetto da lei sostenuto football for hope, ha costruito un piccolo centro, con campo a cinque in sintetico ed edificio con aule adiacente. Qui i bambini e le mamme vengono attirati dalla sfera cuoiuta e inseriti in programmi di alfabetizzazione o di scolarizzazione...mmm...mi sembra di conoscere questo modo di lavorare. Oltretutto sfruttando lo stesso attrezzo...Chissà dove l'ho sentito?
 Qui faccio conoscenza di Gerome, un ex calciatore del Mazembe, anche lui stroncato nel fiore della carriera da un infortunio (anche, perché se non esistessero gli infortuni nel calcio, l'80% delle persone con cui parlo sarebbe arrivata in serie A), che si occupa della parte tecnica del progetto, forma giovani allenatori e organizza le sessioni di allenamento: bel personaggio, Gerome, sorridente, positivo e affamato di calcio e di conoscenze relative a questa attività, nonostante l'età non sia più giovanissima. Insomma, un bell'esempio da tenere a mente. Da li ci spostiamo poco distante, dove la fondazione di una modella congolese, oggi in America, sostiene una mega scuola, super attrezzata e super sostenuta economicamente da grandi sponsor, per le bimbe del posto, spesso, in quanto donne, escluse da ogni possibilità di istruzione e di formazione in generale e qui, invece, al centro di un bel progetto. Bene, molto interessante, tutto bello, ma...ora viene il campo! Baganja, arriviamo!!!

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