venerdì 14 febbraio 2014

In campo a Bakanja

Terminato il rendez vous, lasciamo Alba, destinazione...un posto sperduto, nel mezzo del nulla, ma davvero nel nulla, dove la FIFA, con il progetto da lei sostenuto football for hope, ha costruito un piccolo centro, con campo a cinque in sintetico ed edificio con aule adiacente. Qui i bambini e le mamme vengono attirati dalla sfera cuoiuta e inseriti in programmi di alfabetizzazione o di scolarizzazione...mmm...mi sembra di conoscere questo modo di lavorare. Oltretutto sfruttando lo stesso attrezzo...Chissà dove l'ho sentito?
 Qui faccio conoscenza di Gerome, un ex calciatore del Mazembe, anche lui stroncato nel fiore della carriera da un infortunio (anche, perché se non esistessero gli infortuni nel calcio, l'80% delle persone con cui parlo sarebbe arrivata in serie A), che si occupa della parte tecnica del progetto, forma giovani allenatori e organizza le sessioni di allenamento: bel personaggio, Gerome, sorridente, positivo e affamato di calcio e di conoscenze relative a questa attività, nonostante l'età non sia più giovanissima. Insomma, un bell'esempio da tenere a mente. Da li ci spostiamo poco distante, dove la fondazione di una modella congolese, oggi in America, sostiene una mega scuola, super attrezzata e super sostenuta economicamente da grandi sponsor, per le bimbe del posto, spesso, in quanto donne, escluse da ogni possibilità di istruzione e di formazione in generale e qui, invece, al centro di un bel progetto. Bene, molto interessante, tutto bello, ma...ora viene il campo! Baganja, arriviamo!!!
45 giocatori ci attendono sul campo, tra cui 11 ragazze, e con 8 palloni in tutto e 24 cinesini riusciamo a dar forma a due buone sedute, una guidata da Lorenzo e una da me, che alla fine risulterà divertente, a giudicare dalle reazioni dei nostri giocatori, coinvolgente e con buone intensità, però...però son tanti gli interrogativi che nascono in me, al termine dell'allenamento, in relazione alle risposte avute dalla squadra, inerenti soprattutto gli aspetti cognitivi toccati con le esercitazioni e che tante difficoltà hanno creato. Cose semplici, a mio modo di vedere, elementari, che però hanno bloccato, indotto all'errore, rallentato l'agire dei ragazzi, come se non fossero abituati a pensare, come se non fossero mai stati allenati all'attenzione, al ragionamento, durante l'allenamento. E questa è stata quasi sempre una costante, in questi giorni: ciò che è emerso con maggior decisione è proprio uno scarso coinvolgimento, uno scarso allenamento dell'area cognitiva del giocatore, che ci ha portati a "sbattere" contro errori veramente elementari. Vanno come delle bestie, hanno una fisicità strabordante, ma se li fermi a pensare prima di agire, scateni il panico. Ecco allora un bell'obiettivo per l'immediato futuro: capito misters?

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