venerdì 18 ottobre 2019

Verso Tel Aviv

In attesa del mio aereo, ovviamente in ritardo essendo Alitalia, per Tel Aviv mi soffermo a leggere qua e la post che riportano la "notizia del giorno", ossia il caso di una squadra della Brianza che ha scartato un bimbetto di 8 anni perché troppo scarso a detta loro, troppo indietro rispetto al resto del gruppo, per poter continuare a giocare con i compagni. E mi soffermo a leggere le drastiche prese di posizione di sedicenti educatori, esperti di allenamento, sportivi d'altri tempi, istruttori affermati di settori giovanili, che urlano allo scandalo, all'abominio sportivo, proponendo punizioni esemplari per i giovani mister del suddetto "scarsotto" perché "non può esserci selezione", "tutti devono giocare", "follia" "si devono vergognare", eccetera, eccetera. A questo punto la mia mente vola ai vari campi da calcio che ho frequentato, frequento e frequenterò in futuro e a tutti quegli "scarsotti" che quei campi li hanno riempiti, giocando partite, allenandosi e migliorando, per quanto era loro possibile, esercitazione dopo esercitazione e naturalmente sorge in me un pensiero: tutti i commentatori son dei grandi, grandissimi ipocriti, oppure non frequentano le società di calcio. Perché questo comportamento oltre ad essere la norma, non va nemmeno per forza demonizzato, se alle spalle c'è un progetto educativo/sportivo destinato a tutti, indistintamente dalle abilità. E questo comportamento è per lo più auspicato da ogni papà o mamma che manda suo figlio a giocare a calcio.

In tutto questo tempo sui campi non mi è mai capitato di ascoltare il genitore di un bimbo "avanti" lamentarsi per il fatto che nella squadra del figlio non ci fossero bimbi meno educati al calcio, non ho mai sentito nessuno dire "mister, porta anche Peppino (nome inventato) con noi, anche se non ne becca una nemmeno se gliela tirano addosso", non ho mai avuto il piacere di ricevere un messaggio in cui mi si dicesse "mister, porta Peppino con la squadra più educata e metti il mio nell'altra: è meglio sia per Peppino che per mio figlio". Anzi, sono all'ordine del giorno messaggi o post facebook in cui il mister di turno viene insultato e sbeffeggiato perché ha osato "declassare" Peppino dalla squadra "A" alla "B", causando nel bimbo traumi insuperabili e demoralizzazione generale della famiglia; sono frequenti insulti dalla tribuna perché si è deciso di portare bimbi poco educati al calcio nel gruppo invece composto da altri più educati, creando squadre "equilibrate" per permettere a tutti di giocare, competere sportivamente e non ad una squadra di stravincere perché molto preparata e all'altra di finire al massacro perché invece molto indietro; o ancora è uso e costume dei suddetti genitori commentare sistematicamente le convocazioni e mettere in discussione l'operato e le capacità del mister, considerando sempre, anche quando è oggettivamente impossibile avanzare un simile pensiero, il proprio bimbo come il più abile e pronto del gruppo e quindi meritevole di fascia di capitano e posto fisso in squadra "A" (metto rigorosamente tra virgolette questa A, perché per i vari padri e le varie madri A e B indicano "bravi e meritevoli di attenzioni" e "scarsi e assolutamente da scartare": cosa che nemmeno oso pensare). Quindi perché ci si scatena così di fronte ad un comportamento assurdo, ma assolutamente in linea con quello che è il calcio giovanile e dilettantisco oggi? Perché si fa' finta di possedere una cultura sportiva tale che porti a includere indistintamente tutti i bimbi, permettendo a tutti di giocare e competere in base alle proprie abilità (leggetevi la carta dei diritti del bambino nello sport, se avete tempo), dove "includere" non vuol dire buttare tutti nello stesso calderone, ma creare gruppi adeguati, per permettere a tutti, abili e meno abili, di apprendere e migliorare esercizio dopo esercizio e allenamento dopo allenamento? Oggi è emerso il comportamento di questa società, ma se andiamo in un qualsiasi campo italiano di situazioni come queste ce ne sono a centinaia. E quotidiane. Inoltre perché non indaghiamo meglio, non cerchiamo meglio di capire cosa è accaduto? E se la società, avendo un gruppo molto avanti, avesse semplicemente detto al bambino che inserendosi solo oggi in quella squadra avrebbe avuto modo di "confrontarsi con avversari non omogenei per età cronologica, per età ossea, per maturità puberale e quindi avrebbe sviluppato la percezione di essere inferiore e incapace; quindi oltre ad essere dannoso sotto l’aspetto educativo, tutto ciò non avrebbe offerto la possibilità al bimbi di misurarsi con le proprie reali potenzialità (art. 8 della carta dei diritti del bambino nello sport)"? 

Il lavoro da fare è molto più complesso dello scrivere un post su facebook e dopo tanti anni credo sia ormai impossibile cambiare le cose, essendo questa ignoranza sportiva troppo radicata nel nostro tessuto sociale, nelle menti di tutti noi, anche se poi tutti gli anni ci provo e ci sbatto il muso nelle varie società dilettantische dove lavoro. Ma non cambia nulla. Anzi, peggiora solo. Fortunatamente ho ancora inter campus, che mi permettere ogni tanto di prendere una boccata d'aria pura e di respirare a pieni polmoni la giusta realtà sportiva/educativa. Sempre che Alitalia mi faccia partire

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