giovedì 3 ottobre 2019

In campo

A volte lamentarsi serve, porta qualcosa. Oggi infatti il cielo è incredibilmente azzurro, il sole bello caldo e la corsa di 'stamane è stata più piacevole per via anche della temperatura (certo, avevo i guanti e lo scaldacollo, ma tutto sommato stavo bene). Insomma, qualcuno deve avermi ascoltato ieri e ha deciso di regalarmi questa bella giornata. E quando c'è il sole per un metereopatico come me le cose vanno decisamente meglio. Addirittura poi, arrivati alla scuola speciale dove lavoriamo, ci hanno messo a disposizione il campo esterno, evitandoci così lo stretto, angusto spazietto della palestra interna dove normalmente ci si rifugia per sfuggire al grande freddo, e così anche la seduta ha assunto tutto un altro aspetto. Sempre grazie al sole. Gusto diverso per lo meno per me, che odio il freddo e tutto ciò che porta con se, ossia la palestra, il chiuso, il costante odore che io rimando al cavolo bollito, i rumori che rimbombano...terribile. E oltretutto in palestra i bimbi hanno a disposizione poco più di un campo a cinque per realizzare gli esercizi, quindi anche le mie proposte risultano fortemente condizionate. Ma non oggi! Oggi c'è il sole, siamo fuori, all'aperto e infatti sia la parte di Juri, che la mia vanno benone: le intensità, nonostante tutto, sono buone, il coinvolgimento dei bimbi è alto, il divertimento loro e nostro è altissimo, quindi...seduta perfettamente riuscita. Ed è stato bellissimo: per me è stato un bel risultato vederli riconoscere destra e sinistra, anche se con qualche errore dovuto alla foga, alla voglia di vincere, riconoscere i diversi stimoli uditivi e visivi che davo loro, aiutarsi e collaborare per riuscire a far le cose. Chi se ne frega se il gesto tecnico non era "ortodosso"; chi se ne frega se per correre verso la parte da me chiamata dovevano fermarsi, riflettere e ripartire; chi se ne frega se a volte si assentavano e con la testa sparivano dal campo per rifugiarsi un attimo nel loro mondo; perché tanto riuscivano comunque a raggiungere l'obiettivo, anche conducendo con l'interno piede o con la punta; perché tanto fermandosi riuscivano meglio a capire e poi ricordare e quindi imparare qual'era la destra e quale la sinistra; perché tanto dopo essersi assentati tornavano sempre in campo con noi, a giocare e a esultare per il tiro riuscito. Perché tanto...con quella maglia addosso si sentivano assolutamente speciali e non volevano altro che inseguire la sfera magica. Esattamente come chiunque altro.

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