sabato 19 ottobre 2019

Di la del muro

Ogni volta che varco il muro, che vado al di la, mi risuona in mente quella frase che appartiene non so a chi e che più o meno dice così: "non è che il caso ad aver deciso di farti nascere nella parte giusta del mondo". In questo caso nella parte giusta del muro, ma cambia poco, perché chiunque abbia espresso quel concetto aveva assolutamente ragione: in poco, pochissimo spazio, tempo, si passa da un mondo ad un altro, oltrepassando un check point che ad ogni missione vedo spostato sempre più in la, sempre più in territorio palestinese, si supera un varco che sembra catapultarti in una realtà lontana, distante, sembra teletrasportarti dall'agio, dalla ricchezza del "primo" mondo, alla arida, secca povertà e indigenza del terzo mondo. Eppure abbiamo coperto solo 42km, la distanza tra Tel Aviv e il villaggio in West Bank dove giochiamo, ma questa maratona risulta sufficiente per far emergere violentemente tutte le differenze, partendo anche solo, semplicemente dal panorama, dall'ambiente: di qui verde, rigoglioso, pulito e curato, di la secco, arido, polveroso, sporco e poco controllato. Incredibile osservare quanto sia agli antipodi il vivere dall'una o dall'altra parte. Non voglio entrare in questioni politiche, sia chiaro, non mi compete e non ho le conoscenze per poter sostenere una posizione; le mie sono solo semplici osservazioni, descrizioni di ciò che anno dopo anno vedo, constato, tocco con mano, quando vengo a giocare su questi campi del mondo. L'unica cosa che accomuna le due parti è la tensione, l'astio, in alcuni casi l'odio estremo che provano gli uni verso gli altri e le storie terribili di sofferenza e di violenza che vivono, anche se...anche se in maniera un po' squilibrata Qui però mi devo un po' esporre, perché "di la" le sofferenze e le ingiustizie subite, i soprusi, sono un po' tantini, cacchio, e di alcuni di questi soprusi, per fortuna nostra non di violenze, siamo stati testimoni diretti anche noi, come quella volta alla fonte vicino a Nablus. Quest'oggi la storia di violenza subita e da me udita è quella di un uomo di 48 anni, costretto da quando ne aveva 30 sulla sedia a rotelle per via di un proiettile "speciale" (ha uno nome specifico che non ricordo: è un proiettile che quando centra il bersaglio, esplode) che gli è entrato dalla spalla e una volta dentro è esploso danneggiando irrimediabilmente la colonna vertebrale. E perché gli hanno sparato? Perché era il periodo della seconda intifada, 2001 per la precisione, e il suo villaggio era circondato dai soldati; la tensione era altissima ed erano quotidiane le incursioni dell'esercito in quella zona, molto vicina al confine, dove erano molto forti le proteste, la "sollevazione popolare", appunto. Vedendo che le truppe si muovevano Issam, questo il nome dell'uomo, è uscito di casa per richiamare dentro i figli e suggerire ai loro piccoli amici di rientrare, avendo timore che l'esercito israeliano lanciasse gas lacrimogeni, ma invece del fastidioso gas i soldati hanno sparato proiettili veri e per di più "speciali", uno dei quali ha colpito la spalla del nostro e...da quel momento inizia una nuova vita, senza più l'uso delle gambe. E perché tutto questo? Non è dato saperlo. Cazzarola che ingiustizia. Eppure oggi è stato lui a chiamarci qui, è stato lui a mandare 10 bambini del suo villaggio sul "nostro" campo, è stato lui ha chiedere di entrare a far parte del nostro progetto. Perché? Anche qui, non è dato saperlo.

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