lunedì 7 ottobre 2019

Tirando le somme


TIRANDO LE SOMME
Concludendo la lunga e intensa giornata di oggi, una volta arrivato in stanza e finalmente sdraiato sul letto, nasce in me naturale l’esigenza di fare una sorta di riassunto, un piccolo punto della situazione delle sensazioni, delle emozioni, che questa missione mi ha fin qui regalato. Domani infatti sarà dedicato semplicemente ad un allenamento al parco fuori Voronezh insieme a Sasha, il suocero di Juri, con cui poi faremo la banja prima di imbarcarci sul treno che ci porterà a Mosca, dove poi prenderemo l’aereo per tornare a casa. Insomma, domani non saremo in campo coi bimbi, la missione si è conclusa, non fosse altro per il fatto che siamo ancora a tremila circa km da casa, quindi posso riavvolgere il nastro e rivedere ciò che è stato. E il nastro mi mostra cose positive, certamente, ma…ma mi lascia un po’ l’amaro in bocca, mi regala una strana sensazione che non mi fa sentire completamente soddisfatto, completamente certo di aver svolto totalmente il mio compito. Una sensazione che da un po’ gira nel mio cuore, ma che ancora non ero riuscito a catalogare. Caspita, belli, bellissimi gli allenamenti con questi bimbi speciali, bellissimo provare ad entrare in empatia con loro, guidarli “dentro” la seduta, spingerli verso il proprio, personalissimo, limite, “giocare” con le loro emozioni, esultando e facendoli esultare, ridendo e facendoli ridere, abbracciandoli (e chi mi conosce sa che non amo particolarmente il contatto fisico) e facendomi abbracciare; bellissimo, eppure difficile da spiegare quanto sia unica la bellezza del “parlare” con loro in una lingua extra, ne italiano, ne russo, comprensibile a me, come a loro, trascorrere con loro, in questi giorni, le ore sul campo, ma poi…poi io me ne vado e loro rimangono. Rimangono la dentro e il tempo che ho loro dedicato, rispetto a tutto quello che loro passano nel loro “internat” non è nulla e oggi più che mai mi domando quanto possano realmente loro servire le mie, nostre, brevi apparizioni. Certo, Alexei, il nostro allenatore che ci segue, si forma, cresce e migliora ogni giorno, rimane qui, si dedica a loro in modo unico e speciale (è una persona splendida questo giovane pazzoide), ma io? Io me ne torno a casa, lasciandoli con le loro terribili storie alle spalle e con la loro vita segnata davanti (mi si dirà che sono cinico, ma un bambino che ha visto con i propri occhi la propria mamma uccisa dal padre, ha la vita segnata), aspettando aprile/maggio per tornare da loro (forse) e riprendere in mano il discorso oggi interrotto. Un po’ poco, cacchio. Certo, son contento di tornare da Anna, Margherita, Silvia, a casa insomma, ma da un po’ di missioni a questa parte questa sensazione di “incompletezza” cresce in me con sempre maggior convinzione, e se prima non riuscivo bene ad inquadrarla, a capire cosa fosse questo nodo al cuore, questa estate durante una splendida corsa verso il lago di Carezza, quando le gambe andavano automaticamente e la testa macinava pensieri e riflessioni a raffica, come solo in momenti speciali mi succede (e sempre quando sono in montagna), si è in me sciolto il nodo ed è in me emerso in forma piuttosto chiara, sotto forma di quesito: sono utile a questi bimbi con i pochi allenamenti che in prima persona dedico loro durante le missioni? e quanto lo sono? Non solo qui in Russia, ovviamente: in Camerun, in Angola, in Congo, in Ungheria, in…in e ancora in. Certo, mi si dirà che tutto è utile, seppur quasi mai sufficiente, e che se davvero volessi raggiungere il 100% dovrei fermarmi da qualche parte, per dedicarmici con maggior costanza, dedizione e “precisione”; lo so, lo capisco bene, ma ciò non evita a questa fastidiosa sensazione di inadeguatezza, di incompletezza, di far capolino a fine missione. Così come non mi impedisce di capire e ringraziare non ho ancora ben chiaro chi, per ciò che vivo, per la fortuna che ho io ad avere le bimbe che ho e la vita che mi sto costruendo. Ecco, forse tutte queste missioni servono più a me che ai bimbi che incontro, cacchio. Forse è solo semplice e puro approfittare della situazione per trarne un personale beneficio, senza essere del tutto utile, incisivo, come ho anche pensato di essere. Chissà. Nel mentre continuerò a indagare per meglio capire e per quanto mi sarà permesso a giocare con tutti questi bimbi sui campi del mondo.


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