mercoledì 3 dicembre 2014

Estadio Pedro Marrero

Ok, quello che ho realmente in testa non posso portarlo alle dita per fissarlo su questo schermo, quindi mi limiterò a dire che questo non è stato un viaggio Inter Campus tout court secondo i miei intendimenti...ma va bene così...più o meno.
Estadio Pedro Marrero, giorno 2: dopo aver tritato con il prof il marciapiede del Malecon, eccoci anche oggi di fronte ai nostri allenatori, pronti per portare avanti le cose, per addentrarci nel mondo dell’allenamento. E qui ci si può spingere ben in fondo alle cose, visto il livello di partenza dei nostri mister, anche se…anche se i “profe”, come li chiamano qui, cubani hanno grandissima preparazione teorica, ma molto “cattedratica”, molto universitaria e classica, che non contempla, non inserisce tra i suoi programmi nuovi aspetti, i nuovi studi legati alla metodologia di allenamento. I mister qui sono tutti dei seri e rigidi preparatori atletici, usciti da non si sa bene quale porta spazio temporale che dalla Germania Est degli anni ’80 li ha catapultati su questo paradiso caraibico. Tutti pieni di teorie e studi sullo sviluppo della forza esplosiva, della forza elastica, delle capacità aerobiche, della flessibilità, ma che di fronte a bambini dai 6 ai 12 anni non sanno adattare le proprie competenze, le proprie conoscenze e propongono loro gli stessi allenamenti degli adulti, gli stessi contenuti, per cui…per cui sui campi di Cuba vedi bambini di 8 anni in fila indiana costretti a corse intorno al campo, farcite di esercizi di mobilità articolare; oppure puoi scorgere squadre di “nani” ferme, intente ad allungare questo o quel gruppo muscolare, annoiandosi e pensando a tutto, fuorché al gioco del calcio; o ancora file interminabili di bimbi impegnate in allunghi o ripetute brevi, con sul volto scritto tutto il loro disappunto e la loro voglia di divertimento. Ma qualcosa si sta muovendo, qualcosa inizia a cambiare: a furia di dimostrar loro come anche un riscaldamento divertente e ludico possa raggiunger gli stessi obiettivi di quello classico, includendo aspetti non solo motori, ma anche cognitivi, sociali ed emotivi, qualcosa nelle loro teste sta entrando e la loro rigida, rigidissima, visione delle cose, dell’allenamento, lentamente sta mutando. Certo, poi ti chiedono comunque dopo un gioco iniziale dedicato allo sviluppo della lateralità, al correre, al saltare con stimoli visivi e uditivi, fino a quanti battiti posso arrivare con i miei giocatori (avevano 8 anni…) con tale esercitazione, ma se non altro i bambini sorridevano ed erano coinvolti e divertiti. E comunque la colpa, o meglio la causa di tutto questo non è legata a loro, ma a coloro che li hanno formati, a coloro che hanno loro inculcato questa concezione militaresca dello sport, quale sunto di disciplina estrema e fatica, aliena a qualsiasi forma di divertimento. E questi a loro volta istruiti, formati, da un sistema, da una società, chiusa, rigida e legata ad un’utopia anacronistica, che non permette l’accesso a nessuna delle nuove teorie dell’allenamento e della formazione. E così…tocca a noi! 

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