sabato 6 dicembre 2014

Di corsa verso Rio, senza passare dal via

Rio de Janeiro

Rieccoci qui, Rio de Janeiro, dove il progetto prende forma nel complesso denominato Marè, costituito da 14 comunità, 14 favelas, una sorta di quartieri...diciamo particolari! Qui interveniamo per attirare i bambini in campo e allontanarli così dalla strada e da tutto quello che essa offre in una realtà complicata e povera come quella della favela, appunto, qui giochiamo quindi con bambini "favelati", bambini che vivono quotidianamente a contatto con la violenza, con adulti non esattamente di matrice oxfordiana, con armi di vario genere e dimensione sotto gli occhi, se non sotto mano, insomma, qui giochiamo con bambini di difficile gestione, di difficile controllo, pur tutti innamorati perdutamente come me della palla! È da un po' che calco i campi di questo mondo e mi sento ormai carioca dentro: viaggio dopo viaggio questa città, questo progetto, questa gente, tutto esercita su di me un fascino suo, particolare, che mi strega. Sarà lo svegliarsi e l’allenarsi con il Corcovado davanti e il Pão de Açúcar a sinistra, sarà il lungo oceano, sarà il sole, il caldo, che sempre accendono in me risorse energetiche impensabili, sarà la parlata cantilenata, cadenzata, di bimbi e allenatori vari che mi piace da matti, sarà…sarà quel che sarà, ma…voltar a Rio è sempre bellissimo! Anche se…già, perché ci deve pur essere una nota negativa…anche se dal punto di vista strettamente tecnico, da allenatore, questo progetto ha sempre delle falle incredibili, che nemmeno in Chiapas ho trovato: totale disorganizzazione da parte dei mister, materiale praticamente inesistente, alcuna educazione all’allenamento mostrata dai bambini che rispecchia l'assoluta latenza dei mister, insomma un mezzo disastro che si prolunga nel tempo e non da’ segni di cambiamento, di miglioramento, visita dopo visita. Già, loro sono pentacampeones e non hanno bisogno di saper come strutturare una seduta di allenamento; non hanno bisogno di conoscere metodologie diverse, non per forza migliori, ma differenti dalla loro; non hanno bisogno di vedere come allenare e divertire i bambini, pur con 5 palloni, 5 cinesini e 48 bambini. Loro sono pentacampeones e allora vai con code infinite di bambini per l’esercitazione, vai con una introduzione già analitica, noiosa e per nulla coinvolgente per i bambini, vai con una proposta legata ad un obiettivo e la seguente legata a un altro gesto tecnico. E a nulla, come sempre, sembrano servite le precedenti visite, i precedenti interventi, i precedenti suggerimenti: tutto è rimasto come 5 anni, quando per la prima volta misi piede in questo campo del mondo. Be’, no, dai, tutto, tutto no: qualche allenatore appassionato, umile e volenteroso lo abbiamo incontrato e con lui siamo riusciti a intraprendere un cammino, ma su 12 nuclei attivati nella sola città di Rio, nel solo complesso della Marè, è un po’ poco. Cacchio!!! Ma piuttosto che nigot...e allora si va avanti, si persevera e prima o poi riuscirò anche qui a dar vita ad un intervento teorico, in aula. Ne sono convinto. E magari già questa volta qualche passo in avanti sarà mosso!

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