martedì 29 maggio 2018

Il gioco del calcio

WE ALL SPEAK THE SAME LANGUAGE
Noi si parla italiano, inglese, loro più che Khmer non conoscono, ma come dice sempre Yasha, sul campo da calcio “we all speak the same language”. E se anche loro sono adulti, anche se ci siamo incontrati su questo campo giusto per giocare una partita con Vitok e i suoi amici, bastano due calci a quella palla che le mie parole in dialetto rivolte a David Luiz (così chiamo un cambogiano coi capelli a cespuglio riccissimi) per chiedergli di attaccare il portatore palla, vengono da quest’ultimo perfettamente comprese, come se fosse nato a Bellusco e non a Phon Penh. O l’incitamento a Marcelo (chiamarli col loro vero nome è praticamente impossibile, quindi per ciascuno conio un “appellido”, come lo chiamano i nostri amici angolani, sulla base delle loro caratteristiche, delle loro somiglianze, o anche solo per la maglia che indossano), per svegliarlo e chiedergli maggior attenzione, espresso in italiano, venga assolutamente compreso e recepito dal ragazzo cambogiano, come se ci conoscessimo da tempo immemore. E così grazie a questa magia unica, le due ore di partita, in realtà un’ora e ventidue di tempo effettivo, diventano per me l’ennesima dimostrazione, superflua a ben vedere, di quanto essenziale sia questo gioco per me e la stanchezza accumulata nella lunga giornata di lavoro, la fame dovuta alla scelta di digiunare (non tolgo però i liquidi, sarebbe per me impossibile), le gambe pesanti a causa del mega allenamento di ieri, tutto magicamente si dissolve grazie alla passione che si accende in me, e in tanti altri come me, al primo tiro in porta, al primo dribbling, al primo contrasto. Che spettacolo. E allora via, su quella fascia, a correre su e giù, a chiedere palla a Sergio Brio-Raspelli, piazzato la’ dietro per muoversi il meno possibile, a sudare come un matto a causa del 200 per cento di umidità, dovuta anche alla pioggia caduta nelle ultime ore e a chiudere la partita con la maglia zuppa di acqua, come se fossi caduto in piscina. Quarant’anni chi???


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