martedì 2 gennaio 2018

In campo

ATTIVITÀ AD ALQULAYA 
Poverina la nostra scorta…ma credo se lo aspettasse un po’. Comunque un grande: militare, non so il grado perché non ci capisco nulla, della folgore da trent’anni e impegnato nel corso della sua esperienza in zone non proprio tranquille, quali Kosovo, Somalia e Iraq, sempre in movimento, amante anche della corsa, partecipante alla mezza maratona di Tiro e di Beirut. Un grande. Meridionale come il 90% dei ragazzi, degli uomini di questa base, che ha deciso di tuffarsi in questa avventura sotto il vessillo dell’ONU da giovane e che ora aspetta il momento dell’agognata pensione impegnandosi in questa missione diversa dalle altre, dove per fortuna non si è operativi con le armi in mano, ma lo si è nel segno della solidarietà e della cooperazione. Chiusa la corsa, via…di “corsa” dal generale Sganga, che ci aspetta per conoscerci e capire meglio come e se l’esercito può aiutarci nella strutturazione del nostro progetto in questi campi del mondo: altra persona disponibilissima, molto gentile e diversissima dall’idea che avevo in testa di "Generale". Grande anche lui.  Grazie Generale. Chiuse le formalità, con la nostra solita “leggerissima” scorta, armata di tutto punto, ripartiamo alla volta della scuola, dove l’allenatore scelto nella scorsa missione da Juri e Silvio ci aspetta con ansia per mostrarci i gruppi di bambini da inserire nel progetto e per farci vedere come organizza lui la sessione. Tutto questo ovviamente dopo i soliti convenevoli, tipici in questa parte di mondo: parole, ringraziamenti e ovviamente caffè, o the, poi, finalmente, il campo. E anche positivo (oltreché bello: campo a sette, in sintetico, donato dalla missione ONU e realizzato per conto del cimic italiano), ben gestito, con i bimbi che riconoscono il mister quale punto di riferimento e hanno con lui un ottimo rapporto, una ottima relazione. Buon inizio. Certo, i contenuti della seduta sono tutti da rivedere, il modo di essere allenatore è tutto da costruire, ma…diamine, siamo qui per questo. Se no che cacchio ci vengo a fare? Son contento, non mi aspettavo certo questa situazione di partenza: si vede che la scuola è seguita dall’ UNIFIL, si vede che ricevono attenzione e sono seguiti e aiutati, oltreché incentivati a realizzare iniziative in favore dei bambini e delle bambine. Già, perché qui gli italiani stanno facendo grandi lavori, portano avanti grandi progetti per la popolazione: costruiscono campi da calcetto, donano generatori di corrente, costruiscono pozzi d’acqua, organizzano feste in centri di assistenza a ragazzi con disabilità e altre mille attività, delle quali io ero a conoscenza perché legato a loro come Inter Campus, ma che son sicuro nessuno di voi venticinque lettori è a conoscenza. Ed è un vero peccato, perché l’Italia da queste parti fa grandi cose. Anche con le bimbe, cosa non scontata su questi campi del mondo. Le mie di oggi, ad esempio, era la prima volta che giocavano a calcio e per alcune di loro era la prima volta che svolgevano una attività sportiva strutturata, guidata da un allenatore. Oltretutto italiano. Erano entusiaste, super contente e super concentrate, attente nel seguire i miei consigli, i miei suggerimenti. Fin troppo. Quando ho detto loro che per condurre palla in maniera corretta è necessario mantenere l’attrezzo vicino al proprio piede, evitando di rimanere col corpo, col busto indietro, ma bensì portarlo in avanti, sopra la palla, ecco che ho generato un gruppo di cammelli in conduzione palla, gobbe e con la testa rivolta verso il basso! Che ridere che mi son fatto. Fortissime.

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