mercoledì 17 gennaio 2018

Allo stadio

ALLO STADIO
“Dopo allenamento volete venire allo stadio a vedere l’Esteglahal giocare in campionato?”. Domanda retorica, ho pensato. Allo stadio si va sempre e volentieri, soprattutto quando sono in trasferta, perché niente come il calcio, come lo spettacolo calcistico, può aiutarmi nel tentativo di comprendere la filosofia, l’idea legata a questo sport nei vari paesi e perché no, anche gli allenatori con cui ho a che fare, permettendomi di avere una idea, magari una impressione, più precisa di loro, completa di elementi anche extra lavorativi. In fin dei conti lo sport esprime meglio di qualsiasi altro spettacolo la vera essenza delle persone, superato solo da una partita insieme (per conoscere una persona non bastano due anni insieme, ma sono sufficienti cinque minuti di gioco, diceva non ricordo più chi) e poi…be’, il calcio è sempre calcio, quindi si accetta di buon grado. Usciti dal “normale” traffico locale e lasciata la macchina in una landa grigia e polverosa, piena di altre macchine uguali alla nostra e identiche tra loro (tutte squadrate, tipo la vecchia Giulia, tutte bianche o nere, a prescindere dalla casa produttrice), ci incamminiamo verso l’immenso stadio Azadi, capace di ospitare 100000 persone, dalla forma strana, che a detta loro dovrebbe ricordar la corona dello Scia. La partita non è di cartello, per cui riusciamo a entrare piuttosto velocemente, e lo stadio al suo interno è pieno solo nella zona dove siamo noi, il settore dei tifosi locali: saremo più o meno sessantamila persone…pardon, mi correggo, sessantamila uomini, tutti baffuti, o barbuti, fumatori e intenti a sgranocchiare semi di zucca, perché la donna ancora non è ammessa allo stadio, non può assistere ad eventi di questo genere. Giusto il tempo di sederci e la gara ha inizio: i cori da un lato all’altro dello stadio ci tengono svegli e ci fanno divertire, perché i 22 in campo non sembrano tanto dell’idea di offrire uno spettacolo degno di questo nome: errori tecnici a non finire, lentezza esasperante nel muovere palla e nel provare a costruire, rilanci sbilenchi realizzati col solo scopo di “sparecchiare” e continue simulazioni, scene degno del peggior melodramma napoletano ogni qualvolta un contrasto, un fallo di gioco coinvolgesse due giocatori. Che pena. Il clou si è raggiunto quando il portiere, ormai prossimo a battere il record di imbattibilità del campionato iraniano, in seguito ad un pallone che dopo aver battuto sul pallo lo ha colpito sulla nuca, finendo poi per sua fortuna in calcio d’angolo, ha finto un trauma cranico, accasciandosi al suolo e rimanendovi inerme per più di cinque minuti, il tempo necessario per raggiungere il suo scopo. Solo quando lo stadio ha iniziato il countdown a un minuto dal traguardo del record e ha poi cominciato a urlare, inneggiando il nome del numero uno, questi ha deciso di risorgere magicamente, tornando al suo posto fra i pali come se nulla fosse accaduto. Terribile. Una scena terribile. Questo il livello. Eppure loro andranno al mondiale e noi italiani no. Abbiamo dunque ben poco da parlare e da pontificare...

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