lunedì 15 gennaio 2018

Ritorno a Teheran

In Teheran
Sul volo, ripensando agli ultimi viaggi, mi son reso conto che forse son poche le persone, forse addirittura i diplomatici, che riescono a saltare da un paese all’altro con la stessa velocità, con la stessa semplicità, come si fa nel mondo inter campus. Ora son qui, a Teheran, poche settimane fa ero a Beirut, non molto tempo prima ero a Gerusalemme e Tel Aviv: paesi non proprio amici, paesi che nemmeno si riconoscono, paesi dove con il visto dell’uno non puoi certo pensare di entrare ( a volte entri, ma devi subirti un mega interrogatorio, ahimè), a meno che…a meno che tu non sia un intercampista e allora, grazie al tuo doppio passaporto, puoi non far sapere con precisione i tuoi ultimi spostamenti, riuscendo così a muoverti indenne fra le frontiere e giocare a calcio con i bimbi dell’uno e dell’altro schieramento. Eccomi quindi a Teheran, l’affascinante capitale iraniana, pochi giorni fa scossa da violente proteste, sedate con altrettanta violenza, oggi sede della nostra missione: cinque giorni dedicati ai bimbi figli di famiglie profughe, di famiglie scappate dall’Afganistan e oggi qui, senza documenti, senza diritti, senza nemmeno qualcosa che attesti la loro…esistenza. Niente. Loro ufficialmente non esistono, pur essendo una parte consistente della popolazione, pur essendo la maggior parte degli abitanti di questo quartiere a sud della città, e per questo non possono lavorare regolarmente, non possono accedere alle cure sanitarie, i figli non possono accedere alle scuole. Fortunatamente per loro l’ong con cui collaboriamo, Popi, si occupa di loro, almeno una parte di loro, e per questa minoranza ha attivi diversi progetti che permettono a queste persone di provare, per lo meno, a vivere una vita normale. E noi…be’, noi facciamo il nostro. Noi coinvolgiamo 80 bambini nel progetto sportivo, facendoli allenare due volte alla settimana allo “stadio” del quartiere e facendoli seguire dai nostri due misters che stiamo cercando di formare, di crescere, ogni volta che torniamo. Una goccia nel mare, vero, ma…piutost che nigot. E allora sotto, domani si inizia: doppia seduta e incontro con gli allenatori in aula. La giornata è piena e il viaggio, pur breve (4 ore e 50) e comodo (in aereo saremo stati al massimo una sessantina) mi ha ben sfiancato. A dormire.

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