sabato 18 luglio 2015

Lubumbashi

SPORT A LUBUMBASHI


…e invece no, niente calcio: la giornata si è dilungata, prima sul campo di Djamaetu, poi su quello di Bakanja Centre e quando rientriamo non abbiamo il tempo per organizzarci e andare a sfidare nel nostro sport i ragazzi grechi. Meglio per loro, ma peggio per noi: dopo i due allenamenti di oggi e la formazione agli allenatori, avevo proprio voglia di calciare una palla. Amen, mi sfogherò con una bella corsa vicino alla Place Forrest: li, in mezzo a due grandi vialoni, prende forma un piccolo spazio verde, il cui perimetro è disegnato da una sorta di corsia in terra battuta, della lunghezza di 1500mt, uno spazio sufficiente per dar fondo alle mie riserve energetiche. Il tempo di rientrare, quindi, ed eccomi, Garmin al polso(prima che il bastardo decida di impallarsi!!!) pronto per seguire il mio programma di allenamento: riscaldamento, 1500, tabata e hiit finale da 8’. Le gambe girano più del previsto e nonostante la polvere e il casino attorno, dovuto alle mille macchine che sfrecciano lungo il viale, porto a termine la seduta con soddisfazione. Son contento di aver trovato anche qui uno spazio, seppur proprio ritagliato, ove correre; quando dormivamo nella missione di Padre Angelo avevo il campo della casa degli italiani vicino, intorno al quale riuscivo ad allenarmi quotidianamente, ma da quando ci siamo trasferiti qui, dai salesiani, l’unica soluzione che avevo era la palestra del Mazembe dove andavo con Gabriele a “bruciare” il tapis roulant, ma…che palle correre su quel coso! Sembra di essere un criceto sulla ruota! Manca solo la vaschetta con le bucce di mela! Molto meglio questa soluzione. 

D’altra parte la città è in continua espansione, è in continuo cambiamento, pur senza i frenetici ritmi di Kinshasa, e il traffico, le strade, le nuove costruzioni stanno limitando ogni giorno di più gli spazi verdi…assurdo scrivere una cosa del genere da queste parti del mondo: quando uno dice Africa nella mente dell’interlocutore si palesano leoni, giraffe, savana o giungla selvaggia, ma la realtà è ben diversa. Seppur a Lubumbashi la brusse circondi la città e bastino dieci minuti di macchina per ritrovarsi nella savana, in mezzo a terra rossa, alberi di ogni tinta, forma e dimensione, con case di terra cotta ai margini della pista certo non asfaltata, restando “in centro” si fa fatica a trovare anche solo un giardino pubblico e l’inquinamento, la polvere e la sporcizia la fanno da padroni. E così, bisogna sapersi accontentare e ingegnarsi per poter buttar giù qualche migliaio di metri e alzare un po’ il proprio battito cardiaco, esattamente come siamo costretti fare a Milano. È il progresso, no? Non si chiama così? Quello che abbiamo fatto noi mzungo anni fa, ora è qui che prende forma, a discapito, ancora una volta, di nostra madre terra. E perché dovremmo impedir loro di fare ciò che abbiamo noi, e stiamo ancora, perpetrato?


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