mercoledì 15 luglio 2015

Come John Stokton...o quasi.

BUTTIAMOCI NEL BASKET!

Arriviamo a Lubumbashi che è già buio, un po’ perché il Congo è immenso (grande come l’Europa, dal Portogallo alla Russia!!!) e un po’ perché il volo della Corongo airline, la compagnia congolese, non è un diretto, ma fa anche sosta nel mezzo del nulla, in una “cittadina” di cui non ricordo il nome. Dall’alto non si vedeva nulla, solo foresta e qualche falò sparso qui e là: siamo nella stagione secca e devono preparare i terreni da coltivare e l’uso diffuso è quello che riporta all’uso del fuoco; addirittura quando atterriamo e arriviamo quasi in fondo alla pista, appena oltre la lingua di asfalto due bambini osservavano questo rumoroso uccello di metallo incuriositi e divertiti, prima di correre verso la loro capanna, costruita poco distante. Difficile crederlo, pensando ai nostri aeroporti, anche i più piccoli, con tutte le norme di sicurezza e le reti che li cingono, eppure…
La sosta è piuttosto rapida e anche l’arrivo nella capitale della regione del Katanga avviene in breve tempo, giusto quello che mi permette di finire anche il nuovo calcio di questo mese, ma comunque fuori è già buio e…cazzarola, non posso allenarmi. Che palle. Quando sono in viaggio una cosa che VOGLIO fare quotidianamente è proprio allenarmi, ma oggi è mancato proprio sia il tempo che…la luce, per cui devo ripiegare sull’elastico per scaricarmi un po’. Per fortuna la sveglia anticipata e la giornata piuttosto intensa mi hanno sufficientemente stancato, per cui la sera ci metto pochissimo a cadere nel sonno profondo (anche se “sleep better” continua a dire che non ho praticamente sonno profondo), pronto alle prime luci dell’alba per ripartire: obiettivo GoCongo, una delle cellule del progetto, una scuola poco fuori la città, costruita dentro una mega fattoria gestita da un ragazzo iraniano e sua moglie, due giovani Baham simpatici e molto in gamba. Parlando con lui a fine allenamento e dopo le due ore di aula con gli allenatori (figata che tutti gli allenatori del progetto siano sempre con noi! In questo modo aula e campo cambiano tutti i giorni, permettendoci così di unire concretamente le due parti e i mister), salta fuori che alla sera avrebbe fatto una partita di basket con gli amici e ci invita; basket…non è che sia proprio il mio sport, però si può sempre provare. La mia statura limiterà sicuramente la mia performance, ma così riesco a muovermi e a unire aerobico e forza.
Salutato Aziz e dopo la sosta alla fattoria del governatore del Katanga, dove ci fermiamo per vedere il centro di formazione calcistica in costruzione proprio all’interno della sua “umile” dimora (con un parco di soli 1000 ettari…) destinato a giovani ragazzi congolesi selezionati, mi rituffo sull’elastico per allenarmi, prima del mio debutto sul parquet…parquet…è asfalto e i canestri sono sicuramente più bassi di quanto non consenta il regolamento, visto che riesco ad arrivare quasi a schiacciare, ma il piccolo centro sportivo del club ellenico (la “casa” della comunità greca della città) è proprio bello, con il suo campo da basket, il suo campo a 11, i due a 5 e l’ampio ristorante. Giochiamo con dei ragazzi grechi, amici di Aziz, e suo fratello, tutti appassionati e capaci di giocare, ma nonostante la mia poca dimestichezza con la palla a spicchi mi diverto a correre, saltare continuamente per ogni cosa, anche inutilmente, e alla fine credo anche senza sfigurare di fronte a gente per lo meno più abituata a trattare una palla pesante con le mani. Dopo aver giocato in Chiapas, rieccomi tradire il calcio anche nella “mia” Africa. Ma domani si gioca a calcio, glielo ho detto subito, finita la partita: domani torniamo e ci spariamo una partitella 4<4 senza fine! 

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