mercoledì 26 giugno 2013

Israele, Giugno 2013

Israele 2013- Seconda missione

Devo ammetterlo: ora come ora sono un po' in low battery. Sarà il fatto che dopo nemmeno una settimana son di nuovo in viaggio, sarà che in meno di un anno sono arrivato a 17 viaggi (nemmeno Colombo alla ricerca delle Indie è stato così tanto in giro!!!), sarà che siamo a fine stagione e le energie residue son sempre meno...sarà quel che sarà, ma devo proprio ammetterlo: sono un po' stanchino.
Niente di importante, per carità: faccio il lavoro più bello del mondo e non ho la benché minima idea o intenzione di lamentarmi, altri lavoratori, quelli veri, hanno ben più importanti diritti, se non doveri, di lamentela, semplicemente esprimo una mia condizione, più mentale che fisica. Per questo motivo il viaggio israeliano che sto affrontando me lo sarei onestamente risparmiato: non per disinteresse, non per superficialità, non per scarsa voglia di lavorare; solo perché tra altri sette giorni sarò di nuovo via, in Camerun per l'esattezza, e avrei bisogno di una minima ricarica. Un po' come quando hai il garmin a terra di batteria (vero prof?) e poco prima di un'uscita lo attacchi alla presa sperando “assorba” l'energia necessaria per coprire tutta la durata della seduta, senza che ti abbandoni a metà corsa. Ecco, allo stesso modo avrei bisogno di attaccarmi alla presa anch'io in questo momento, per evitare di non coprire degnamente il mio ruolo, di non svolgere adeguatamente il mio compito e deludere, soprattutto me stesso, su questi campi del mondo.
E' la testa che conta più di tutto, dico sempre, e allora basta lamentarmi, non ne ho diritto: sgombra la testa e concentrati su questa nuova missione: Israele, questa volta lontano da Nazareth, da Raz e da quel progetto di unione che ancora stenta a decollare; questa volta siamo in visita di check, per conoscere nuovi partner locali con cui finalmente, forse, riuscire a lavorare sui campi delle due parti del muro, al di qua e al di la, con bimbi Ebrei e Palestinesi allo stesso tempo. Magari non sullo stesso campo, inizialmente, ma sicuramente con la stessa maglia. Yasha, il ragazzo che ci “ha chiamati” da queste parti mi ha fatto una bella impressione: ci siam conosciuti ieri e mi è piaciuto; certo, bisogna frenare, anzi meglio contenere, il suo entusiasmo iniziale per muoverci nel migliore dei modi e porre delle solide basi su cui poggiare le fondamenta del progetto, senza voler fare passi più lunghi di quanto le nostre corte gambe possano permetterci, ma il suo approccio a Inter Campus mi sembra molto positivo e mi piace la sua voglia di fare. E' in gamba, ha una bella testa ed è interista: i pre-requisiti sono tutti positivi. Vedremo. Domani mattina si inizia: kibbutz e villaggi alle porte di Betlemme, per incontrare eventuali allenatori da “accogliere” sotto la nostra bandiera e bambini con cui giocare. Di nuovo in viaggio, di nuovo con Max, io e lui soli, come i primi anni di Africa.  

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