venerdì 14 giugno 2013

Brasile: Rio del Janeiro

13 giugno

Si entra in favela, si ride come sempre con Alex, intanto si sgranano gli occhi verso il mondo la fuori e all'angolo una lunga fila di gente attira la mia attenzione; gente in fila, anche piuttosto ordinata, ad aspettare...che cosa? Il venditore ritira soldi e li infila in una busta trasparente e in cambio cede un pacchettino di carta stagnola...be', non sono un genio, ma ci vuole poco a intuire che non sono galatine quelle che vengono smerciate. Alex fuga ogni dubbio: " sim. es droga. Aqui es normal. Voce es em una favela"! eh, già, che sciocco. 
Rispetto alle altre volte, in questi giorni la tensione, la differenza tra il mondo la fuori e quello dentro e' evidente, e' papabile; anche le altre volte si incrociavano sentinelle armate e gente non proprio di stampo salesiano agli angoli delle strade, ma questa volta si avverte proprio un'aria diversa, mi sento meno sicuro, meno tranquillo, più estraneo, osservato e studiato da lontano, da occhi interlocutori. Certo, essendo questa una delle ultime favela non pacificata i suoi abitanti si sentono circondati, avvertono la pressione della policia alle porte, quindi questa tensione generale non può non propagarsi nell'aria, tra le persone; in più le bande delle altre favela da poco pacificate, fuggite alla "pulizia" delle forze dell'ordine, si son riversate in questi ultimi luoghi fuori controllo centrale, fuori dal controllo della città, entrando in contrasto con chi già governa la zona, con chi da tempo vive entro questo ghetto di povertà, generando ulteriore tensione, per cui e' abbastanza normale avvertire questa elettricità vibrante nell'aria. Però mi rimane comunque strano vivere questa sensazione, almeno fin quando non scendo in campo: li sono tranquillo, li sono a casa, a Rio, come a Kinshasa o Luanda, o Villasanta. Li non c'è tensione che tenga. 
Anche quando in campo inizi con 16 bambini e nel corso della prima esercitazione ti accorgi che il numero continua a crescere, a crescere, a crescere, fino a trovarti all'inizio del situazionale con 22 bambini e poco prima della partitella finale con 27! Ma la cosa più bella e' trovarsi in tre allenatori contemporaneamente in campo, io, Juri e Gabri, 7 cinesini, 5 palloni e un numero risicatissimo di casacche a disposizione per ciascuno. No, be', un po' di tensione li la si avverte...

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