martedì 2 aprile 2013

Angola 2013


28 Marzo

Se dovessi pensare a un posto che non sia l'Angola dove incontrare il fra Tuk di Carsoli, credo avrei serie difficoltà a individuare un luogo. Non lo vedo da nessun altra parte, se non qui: per quel poco che conosco, in nessun altro paese Inter Campus c'è bisogno come qui di un incazzatissimo cane da guardia che ringhi sul collo dei ragazzi, e non solo, per indicar loro cosa fare e come fare, che non concede spazio a opzioni diverse dalle proprie, che corre a trecento all'ora dalle 5.30 del mattino, fino a quando anche l'ultima pecorella del gregge non si è assopita, che non solo contiene, ma cancella con forza ogni possibile comportamento "non salesiano"; insomma, in nessun altro paese hanno bisogno come qui di un dittatore travestito da salesiano! Dico sul serio. Mi son reso conto nel poco tempo trascorso in questi anni quaggiù che lasciando spazio ad alternative, allentando il controllo, cercando il dialogo per arrivare insieme al risultato che si vuole, il più delle volte, se non fatalmente la totalità, ci si perde per strada. Basti pensare all'episodio di ieri, per dirne una: i ragazzi, mentre io e Lorenzo facevamo allenamento, non avevano il cane a ringhiare alle spalle, abbaiando loro di seguire i bambini, di non giocare, di raccogliere le merende e i succhi dati ai vari piccoli giocatori che mano a mano terminavano la seduta; risultato: un letamaio! O ancora, terminata la seduta, il cane da guardia era ancora assente, quindi il pensiero unico dei giovani allenatori ninos de rua era giocare, ma nel frattempo i bambini stavano andandosene con indosso le maglie inter (qui non si possono lasciare ai bambini: arrivati a casa mamme, papà, zii, amici, fratelli vari, prenderebbero possesso del materiale inter, disperdendolo e impedendo al bimbo di continuare a fregiarsi di quella maglia) e i palloni, da noi raccolti al termine della partita finale come consuetudine con tutto il materiale tecnico, giacevano abbandonati  nel mezzo del campo. Ho dovuto vestire io i panni del cane rabbioso e richiamare i vari Simao, Dunga, Chuki, Isaac, Sassi, Lau, Eduardo, eccetera, eccetera, affinché si dedicassero ai loro compiti e non si perdesse nulla. Ecco, la situazione è questa e, escludendo qualche raro caso illuminato, i cambiamenti, le migliorie sono poche, pochissime. Ma questo è il modus vivendi-operandi non solo dei nostri ragazzi, ma un po' di tutta la realtà Angolana con la quale padre Stefano combatte quotidianamente dal 2004: nei giorni precedenti il nostro arrivo è piovuto molto nella capitale angolana e nelle favelas, ma anche nel resto della città, la rete fognaria non è studiata con attenzione e precisione propriamente svizzera, per cui le vie sabbiose di Mota, di Lixeira sono dei veri e propri fiumi neri da giorni e da giorni Ste chiama e richiama chi dovrebbe "chupare" via l'acqua, ma..."il carro è rotto"..."è tardi, non posso venire a Mota se no finisco troppo tardi"..."arrivo domani"..."domani"...risultato: la via crucis di domani si farà a nuoto!!!
Ecco perché il pretaccio è sempre così autoritario con tutti, noi compresi; ecco perché non accetta nessuna idea che non sia la sua; ecco perché o la pensi come lui o...la pensi come lui; ecco perché sa tutto di tutto e non contempla la possibilità di un opinione che non sia la sua. 
Ed ecco perché non riesco a vederlo altrove e son contento tutte le volte di venire qui, in questa parte di Africa, che, grazie a lui e al rapporto che si è creato con lui,  è entrata nel mio cuore. Grande Ste! Grazie.

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