giovedì 7 febbraio 2013

Camerun 6 Febbraio


6 Febbraio

Ngaoundere', eccoci arrivati! Dopo 14 ore di surreale viaggio su binari, attraverso foresta, altopiano dell'Adamaua e ridiscesa verso il Sahel, questa mattina con le prime luci dell'alba ci siamo avvicinati alla nostra meta, dove intorno alle 8 siamo finalmente arrivati. La stazione e tutto il piazzale fuori sono cambiati tanto dall'ultima volta che son stato qui: non più confusione, bancarelle di legno, venditori di ogni genere di cose e strada sterrata e polverosa, ma un classico, spento piazzale in ciotolato, povero di gente, colori e rumori vari, con pochi bambini che si aggirano nei paraggi, tenuti a debita distanza dalla stazione da vari agenti di sicurezza, che sicuramente semplificano la vita al Nassara, come e' chiamato il bianco da queste parti (siamo in zona musulmana e nassara significa cristiano, generalmente bianco di pelle, appunto), ma tolgono un po' di folklore al tutto. Anyway, un po' stanchi, ma soprattutto eccitati e contenti per la giovane avventura in essere, accompagnati dal buon Francis andiamo a prender possesso delle nostre camere presso l'hotel della città ( e' da un po' troppi viaggi africani che ci riduciamo a dormire in hotel e la cosa non mi va proprio: preferisco di gran lunga le varie casette dove siam sempre stati, cacchio. L'hotel mi fa sentire così europeo, così ricco colonizzatore, così lontano dalla pura realtà locale; non mi garba proprio), per poi, subitamente, muoverci verso la scuola che ci ospiterà nei prossimi giorni per la parte teorica mattutina e quella pratica pomeridiana; qui facciamo conoscenza con il preside, un anziano prete croato trapiantato da decine di anni a queste latitudini e ormai camerunese a tutti gli effetti, e con il campo per i nostri allenamenti. Tutto perfetto, tutto pronto per domani e per i prossimi giorni, per cui il pomeriggio e' dedicato al riposo post odissea: bello il viaggio, ma piuttosto sfiancante! Io, Lore e Si decidiamo però di non buttar via il pomeriggio dormendo, ma ci avventuriamo per le vie sterrate di questo grand village, come lo ha definito padre Carlo, il prete della scuola, che si distende lungo i fianchi di alcune colline rocciose, tra polvere rossa e pietre granitiche, o almeno così mi paiono; Ngaoundere' e' il nome della più alta fra queste colline, sormontata da un pietrone tondo, in equilibrio miracoloso, e significa "monte ombelico" nella lingua locale, proprio per via della sua forma e del suo masso caratterizzante, e diventa subito il mio obiettivo, il punto verso il quale tende il mio cammino, passando tra le baracche e le capanne che costituiscono la "periferia" entro cui ci avventuriamo. Purtoppo non ho tenuto conto della fobia per i rettili di Silvia e il sole caldo in questo ambiente roccioso sono l'habitat ideale per vari lucertoloni innocui, ma mostruosi agli occhi di mia moglie, per cui riusciamo solo a muoverci ai piedi del monte, senza avventurarci troppo lungo le sue brulle e pietrose pendici. Poco male: il giretto e gli incontri vari con le persone del villaggio bastano per saziare momentaneamente la mia fame di scoperte. Ora posso andare ad allenarmi e infatti con Lore ci cambiamo, vesto il mio fedelissimo Garmin e via, verso il campo scoperto questa mattina, luogo ideale dove dar fondo alle mie energie, sfruttando il programma di lavoro del prof. Arrivati al campo un gruppo di ragazzi ci invita a giocare con loro, ma capisco che la partita non sarebbe stata di buon livello, quindi non sarebbe stata allenante e decido di declinare, lasciando Lorenzo ad inseguire la palla calciata per lo più a dieci metri di altezza con insistenza nei successivi 40 minuti, per dedicarmi a dei lavori specifici di cui, ora, ho più bisogno. E alla fine la mia scelta si e' rivelata corretta...

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