martedì 6 giugno 2017

Retour á Kinshasa

Retour a Kinshasa
Toccata e fuga in Italia, parsa più lunga grazie al ponte del due giugno che mi ha permesso di tuffarmi a tempo pieno in Anna e Silvia, e dopo una settimana giusta, rieccomi in volo: destinazione RDC, più precisamente, vista la vastità del paese, la capitale, Kinshasa.
L’aereo su cui viaggiamo mi lascia un po’ interdetto al momento dell’imbarco, perché è piccolino e seppur la rotta Istanbul-Kin non sia lunghissima, vedere questo aeroplanino e pensare che le mie prossime sei ore le trascorrerò su di lui, un po’ mi inquieta. Ma mi sbagliavo. Il volo fila via liscio, anche grazie ad una inaspettata e rara botta di culo: la mia fila è completamente vuota e così dopo il pranzo ho sollevato i braccioli e mi sono abbandonato ad un sonno profondo, compreso anche di sogni (essendo la mia sveglia suonata alle 3:45, una sana dormita in volo ci voleva!). Peccato che il sogno comprendesse Yasha e una sua presenza strana a casa mia (chissà dove era, però, questa casa mia), mentre facevo lezione di inglese con Claire Lewis, una ragazza che ha lavorato in Inter fino a non molto tempo fa. Assurdo. Così, tra sogni assurdi, un film pallosissimo, Fences con D. Washington (che poteva anche essere bello per i temi che tratta, ma i dialoghi infiniti del protagonista e la staticità assoluta delle scene mi hanno fatto rimpiangere Yasha in casa mia) e un momento dedicato alla stesura degli staff per il prossimo semestre di viaggi, eccomi abbastanza velocemente a Kinshasa. Qui l’aeroporto è ancora migliorato ed è un altro posto completamente rispetto a quella bolgia infernale che ci accolse ormai dieci anni fa, la prima volta che sbarcammo su questo campo del mondo: aria condizionata, wi fi (che non funziona, però c’è), mille posti per il controllo passaporto, che riducono le attese, le valige consegnate in brevissimo tempo, un tempo totale dallo sbarco, alla macchina che ci aspettava di meno di un’ora. Insomma, uno spettacolo. Peccato che il progresso si fermi alla porta di uscita degli arrivi, perchè una volta in strada si torna alla vecchia e conosciuta situazione congolese: macchine da tutte le parti che ondeggiano tra le corsie, gente che attraversa in ogni dove, camioncini adibiti al trasporto delle persone (sono delle specie di ducato, cui hanno inserito delle panche di legno nella parte posteriore, senza finestrini e con solo il portellone posteriore come via di uscita) che sfrecciano e scartano improvvisamente per raccogliere altre persone (che non si sa come, riescono sempre a trovare spazio in uno di questi mezzi già stracolmi)…un delirio, con colpi di clacson di diverse tonalità come colonna sonora. Cara, vecchia, Kinshasa…

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