mercoledì 1 marzo 2017

Un mzungo di corsa

BYE MZUNGO
Al termine della prima, intensissima giornata, il mio programma di preparazione in vista della mezza di Jerusalem mi consiglia di affrontare due ripetute sui 2km e sei sul chilometro e sono indeciso sul da farsi: rimango dentro l’African village, girando come un criceto tra i vialetti che conducono ai vari bungalow e che da parte a parte mi permettono di coprire mille metri, oppure esco per strada e corro su e giù lungo la strada principale, passando tra casette, capanne, moschee e chiese, con la foresta alle spalle, ma anche tra matatu (taxi collettivi che vanno a mille all'ora e sono tenuti insieme con scotch e colla) e boda-boda (moto taxi)  a tenermi compagnia, con la loro guida spericolata e i loro gas di scarico? Alla fine opto per questa seconda ipotesi, seppur non del tutto convinto, ma da qui, dove siamo, villaggio di Kalagi, a Nagallama, il villaggio vicino, ci sono circa otto chilometri di sali e scendi, quindi posso tuffarmi su quell’asfalto ed evitare di girare sempre intorno allo stesso punto. Via, allora, si esce. E si parte. Anche piuttosto bene, devo dire: mi sento abbastanza leggero, fresco, nonostante le dodici ore di viaggio di ieri, le cinque ore di sonno di questa notte e tutta la lunga e pienissima giornata di oggi. Saranno forse i bimbi che incontro a spingermi? Ce ne sono a centinaia lungo la strada, che scorgendo da lontano questo folle bianco correre, ridono e urlano contenti all’unisono “bye mzungo”! Non che mi faccia piacere essere chiamato a quel modo: questo nomignolo affibbiato al pallido europeo non è proprio un complimento, un saluto amichevole, ma piuttosto una maniera direi quasi dispregiativa per identificare, chiamare l’uomo bianco. Ad ogni richiamo di questo tipo rispondo quindi con un continuo “my name is not mzungo”, ma non sempre ho sufficiente fiato in corpo per segnalare ai bimbi il mio dissenso, quindi tanti di loro nemmeno sentono ciò che provo a dir loro e si lanciano sorridenti al mio inseguimento, chi in ciabatte, chi a piedi nudi; chi per cento, chi per cinquecento metri, tutti stupiti, divertiti, nel vedere l’italiano che corre lungo le loro strade. Credo di essere l’unico, anzi son quasi certo che siamo gli unici, a correre lungo questi saliscendi, visto che in tanti anni che vengo qui (quest’anno sono dieci), non ho mai incontrato, incrociato nessun altro allenarsi da queste parti, per cui per questi bimbi sono una cosa più unica che rara, un’attrazione, come il treno che passa dal paese del ragazzo di campagna e che desta stupore nei compaesani di Artemio (per i pochi che non lo sapessero, sto citando quel capolavoro de "il ragazzo di campagna"). Per di più il mzungo che corre è di un colore diversissimo dal loro e per alcuni questa è la prima voltache possono vedere da vicino un bianco, per cui... Altro che treno: un astronave, paio ai loro occhi!

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