venerdì 3 marzo 2017

Teoria e pratica a Nagallama

AULA E CAMPO A NAGALLAMA
Finite le cerimonie, le tanto adorate cerimonie ugandesi con tanto di master of the cerimony e scaletta degli interventi e delle attività (che guai se viene modificata in qualche modo!), finiti i canti e i balli per salutare il ritorno dei Basungo, i giorni si sono susseguiti in maniera molto serrata, tra aula, tutte le mattine, e campo, tutti i pomeriggi, per vedere insieme ai nostri mister l’insegnamento del gesto tecnico ai bambini di 8 e 10 anni, analizzando gli errori più frequenti commessi dai nostri giovani “calciatori” e cercando di trovarne l’origine. Tale analisi ci ha portato a considerare non solo gli aspetti strettamente tecnici che possono incidere sull’esecuzione del movimento ideale per calciare, ricevere o condurre, ad esempio, ma ci ha accompagnato a scoprire quelle aree, quelle dimensioni, che spesso gli allenatori nemmeno considerano, o forse conoscono, e che invece in campo, giocando, emergono naturalmente; tali "aree" della personalità, costituendo l’individuo nella sua complessità, si manifestano anche attraverso il movimento, che è ciò che più riguarda noi e il nostro lavoro, e tale manifestazione può essere migliorata, stimolata verso il meglio attraverso i giusti interventi, portando il nostro bimbo a compiere in maniera fluida e corretta i gesti tecnici e allo stesso tempo influenzando, se non determinando, il normale, armonico, sviluppo del bambino. E noi mister, diamine, dobbiamo conoscere e stimolare positivamente tutte e quattro queste aree, senza incaponirci sui soli aspetti legati al movimento, per crescere bambini e non limitatamente calciatori. Ma che lavoro farlo capire, che difficoltà far riflettere un allenatore proveniente da questo contesto, abituato a vivere l’allenamento come momento di fatica, di corsa, di regole ferree e disciplina militaresca, sul fatto che l’errore nel ricevere potrebbe essere dovuto ad un limite riconducibile all’area emotiva, ossia un problema che deriva da una scarsa fiducia in se del bambino, che lo porta ad eseguire il movimento in tensione, quasi spaventato, rigido muscolarmente, quindi condizionato, quasi bloccato nella gestualità e di conseguenza difficilmente efficace nella ricezione della palla. E quindi cercare di far comprendere che il suo richiamo al “non fare così”, al “farlo bene”, il suo continuo dimostrare, alterandosi progressivamente constatando il reiterarsi dell’errore non porterà nessun miglioramento, ma che se davvero si persegue lo sviluppo, la crescita di fronte a tale difficoltà potrebbe essere più utile avvicinarsi al bimbo, dargli fiducia, non richiamarlo, ma incitarlo, rinforzare il suo impegno, la riuscita, anche se non perfetta, dell’esercizio, correggerlo, ma costruttivamente. Difficile raggiungere questa crescita dei nostri mister. E allora giù con spiegazioni teoriche, ma soprattutto con esercitazioni pratiche, con esempi, perchè...tutto questo già lo fate! coscientemente o meno, positivamente o meno, ma già il solo essere in campo alla guida di un gruppo di bimbi è educazione. E allora, già che ci siamo, facciamolo bene!!!



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