domenica 26 febbraio 2012

Congo, Lubumbashi, 21 febbraio

21 febbraio Dopo un estenuante viaggio aereo, rimbalzando tra Milano, Adis Ababa e Lilongwe, in Malawi, dopo circa 15 ore di viaggio, eccoci finalmente a Lumumbashi, eccoci finalmente in Congo, nella regione del Katanga. Realtà questa diametralmente opposta rispetto al Congo fino ad oggi conosciuto, Kinshasa, a partire semplicemente dall'ambiente, dal paesaggio che ci accoglie: non baracche, strade polverose, rifiuti e pochi, pochissimi alberi, per lo più malaticci e ricoperti di polvere, bensì immensità di verde, spazi infiniti entro cui si disperdono case, si case, non solo baracche, e alberi di ogni genere e specie, ovunque il mio sguardo riesca a spaziare. Non mi illudo certo di essere arrivato in svizzera, non lo vorrei nemmeno e comunque già conosco questo posto, ma l'accoglienza dopo l'odissea patita, e' quella migliore per prepararsi nel migliore dei modi alle lunghe ed intense giornate a venire. Il sole caldo, i 26 gradi, i colori, i suoni e i trambusti tipicamente africani, fanno poi il resto, e così arrivato alla procure salesiana dove alloggiamo il mio primo pensiero non e' sdraiarmi sul letto per riposarmi, ma uscire per scoprire, per respirare, per lasciarmi avvolgere e sommergere ancora una volta di Africa! Eccomi quindi, in breve, di nuovo in strada, occhi, orecchie e naso spalancati, per non lasciar perduta alcuna sensazione, sfruttando anche il fatto che qui posso muovermi da solo per strada, senza rischiare di finire appeso in qualche vicolo a testa in giù, spogliato di tutto e derubato. Siamo in n altro posto, rispetto all'ultima volta, in una zona più trafficata, forse più vicino al "centro" della città, infatti uscendo e' un continuo susseguirsi di macchine, camion e moto variamente fatiscenti, di fischi di polizia più o meno intensi e di odor di gasolio bruciato, di terra bagnata e di sudori vari; un'accozzaglia di sensazioni non proprio gradevoli, dunque, mi accompagna, e con esse migliaia di persone, chi in  movimento, chissà dove vanno, chi sdraiato, seduto, sbragato sotto un albero, al riparo dal sole cocente, che mi fissa, che mi guarda come fossi un rarissimo esemplare di scimmia. Un traffico umano ordinatamente confuso, tipicamente africano, che tutte le volte mi conquista e mi trascina via, nel suo vortice sconclusionato, apparentemente, e forse proprio per questo così intrigante. Rientrato a casa, doccia e lotta con la stanchezza crescente fino a dopo cena, quando il Napoli mi accompagna nel regno di Morfeo, che abbandono solo  l'indomani presto, pronto per il primo giorno di corso e di allenamenti.

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