IL FESTIVAL
Devo ancora abituarmi a
certe “coccole”: ero abituato a rimboccarmi le mani, pulirmi i campi, gonfiarmi
i palloni, raccogliere i cinesini, ma qui…be’, c’è sempre qualcuno che lo fa
per te e quasi si stupisce se lo aiuti. Anzi, oggi mi hanno proprio impedito di
prendere il sacco nero per raccogliere le bottiglie di plastica lasciate per
terra durante il torneo.
Quindi altro che pulire
noi il campo: questa mattina quando siamo arrivati allo stadio nazionale era
bello e ripulito dalla neve. Due trattorini in meno di un’ora hanno rifatto
emergere il verde dal bianco e una ventina di omini armati di pale da neve
hanno rifinito il lavoro, accumulando esternamente delle belle montagne bianche.
Tutto pronto, quindi,
per farmi preparare i nove campi dove bambini e bambine, qui alla fine son
stati 104, hanno giocato girando tra tutte le stazioni per poco più di 90
minuti di attività insieme, almeno per una parte, a ex calciatori chiamati
apposta per rendere ancora più unica questa giornata.
E, riprendendo quanto
scritto ieri, anche il festival appena concluso “è stato fin qui il più bello”
a detta di tutti e tre. Sicuramente per le persone che hanno partecipato,
allenatori e bambini: super coinvolti tutti, disponibili, sorridenti,
desiderosi di imparare, di mettersi in gioco, di ascoltare e di migliorarsi,
veramente speciali. È stato proprio speciale. Quando poi alla fine, spenti i riflettori
(anche sto giro intorno al campo c’era il mondo: ministro dell’educazione,
ministro dello sport, presidente della federazione, telecamere, giornalisti…)
ci hanno accompagnato negli spogliatoi per la partita finale tra noi, classica
partita finale, il tutto, almeno per me, è diventato ancora più speciale. Hanno
preparato maglia pantaloncini e calzettoni per tutti, abbiamo fatto l’ingresso
come se fosse una partita della nazionale, tre arbitri hanno seguito la partita…peccato
solo che questo ginocchio di merda mi abbia impedito di godermela fino in fondo.
Mi son piazzato li in mezzo e avrò fatto 500 metri in tutta la partita,
evitando ogni contrasto e facendo solo giocate corte, senza sentir dolore, devo
ammetterlo, ma rosicando ogni volta che avrei voluto fare una corsa o un tiro
in porta e che invece ho evitato. Nonostante questo, anche questa volta ho
potuto toccare con mano la magia di quella palla e il fatto che, come dico
sempre ai miei compagni di avventura “non c’è niente come la partita con gli
allenatori per chiudere splendidamente i lavori”.
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