martedì 20 marzo 2018

A spasso per Nablus

Sentendo parlare di questa città della cisgiordania solo dai telegiornali e sempre con notizie non proprio positive, l'immagine che ho costruito nella mia mente è molto diversa da ciò che mi trovo davanti ora: pensavo ad un villaggio spento, mezzo fatiscente, cadente a pezzi, con foto di martiri ovunque, stile Teheran, e poca, pochissima...vita. Invece ciò in cui mi imbatto è tutt'altro: un gran casino in "puro stile palestinese" (non me ne vogliate, però siete un po' casinisti!), una folla di persone in giro, macchine da tutte le parti, clacson a ripetizione e una grande energia diffusa. Meno male che viaggio, mi dico ancora una volta, così da poter vedere e non solo immaginare le cose.
E meno male che sono con Buma, da queste parti, così mi porta a vedere le cose in profondità, mi porta a vedere realmente ciò che succede, senza filtri. E così eccoci in giro per il mercato della città, tra bancarelle di frutta secca, spezie e carne varia, urla, richiami e bambini che corrono tra gli stretti vicoli; saluti in italiano, qualche parola buttata li' in inglese e richiami a visitare la merce, segno tangibile dell'abitudine di questa gente ad incontrare stranieri, turisti, uomini-selfie, tra le strette strade del mercato. Usciti dalla confusione i nostri due accompagnatori ci dicono che vorrebbero portarci in un parco vicino, una specie di riserva naturale, a vedere una fonte d'acqua che è stata per mesi, e forse lo è ancora (ma non ho ben capito a causa degli "inglesismi" particolari della nostra comunicazione), motivo di continui "dispetti" da parte dei coloni dell'insediamento che domina il la città di Nablus, scatenando le conseguenti reazioni da parte degli abitanti della città. E di Buma, che più di una volta è venuto in questo luogo per riparare i tubi d'acqua tagliati dai coloni, per fermare la costruzione di piscine improvvisate da parte dell'insediamento, che avrebbe tolto acqua alla gente (ci racconta che dopo che ha fermato i lavori giusto all'inizio, è tornato in questo parco e ha trovato installata una piscina di quelle esterne, grandi, quelle che si montano, che vediamo anche in alcuni nostri giardini, piazzata li per dar sollievo dal caldo a "loro" e rubare acqua agli "altri"), o anche solo per verificare che non ci fossero altre dispute in corso. È da un po' che non viene da queste parti, però, perché l'acqua che sgorga dal terreno non finisce nel serbatoio previsto, ma devia e finisce tra l'erba li vicino, formando una sorta di stagno, disperdendosi, quindi, inutilmente. Il nostro accompagnatore si scalda subito e inizia a raccontarci la storia dell'insediamento soprastante e dei continui disordini nella zona causati da quella presenza, senza nemmeno accorgersi della camionetta dell'esercito che passa lentamente sulla strada vicino, osservandoci attentamente e facendo inversione di marcia, per venire proprio da noi. Iniziano i guai, penso un po' spaventato. La jeep ci passa alle spalle a passo d'uomo, scrutandoci; si ferma, scende un ragazzo in mimetica con un mega fucile in mano, che si limita ad uno "shalom"; meno di due minuti e altre due jeep si uniscono alla festa: una sempre dell'esercito, un'altra invece nera, con uno strano simbolo sulla portiera. Da questa scende un colono, anch'esso armato come se fosse alle porte di Kobane durante l'assedio, che ci viene incontro alterato, parlandoci in maniera piuttosto concitata in ebraico. Io ovviamente non capisco una parola, ma il non verbale mi è piuttosto chiaro: "cosa ci fate qui, cosa pensate di fare? Andatevene subito, non siete graditi su questo terreno", desumo. Buma però è israeliano e capisce bene quel che sbraita questo nano con la kippa (nano perché è più basso di me), tant'è che si incazza come un'ape! Ne nasce una discussione piuttosto accesa, alla quale si unisce un altro colono arrivato con un'altra jeep, scortata da un altro mezzo dell'esercito. Siamo quindi a 5 mezzi loro, che fanno circa 20 tra militari e coloni ben armati, e 5 sfigati in calzoncini e maglia di allenamento. Non male la situazione. Considerando poi il terrore che genera in me la vista delle armi, inizio ad avere abbastanza paura. Ma Buma è sempre più incazzato! E richiama anche i ragazzi dell'esercito "perché obbedite a queste persone?" Unbelievable, continua a ripetere "voi non siete ai loro ordini! Lasciate che si arrangino e se la cavino da soli", mi dice dopo di avergli detto. I ragazzi in divisa sembrano toccati nell'orgoglio e, dopo aver diviso Buma e il colono (Buma continuava a volerlo fotografare, minacciandolo di fargli passare dei guai e questo si copriva il volto e gli inveiva contro...armato!) mandano a casa in malo modo i due dell'insediamento con la loro scorta, per fermarsi a parlare col nostro incazzoso amico. Un ragazzotto grande e grosso in particolare si apparta con Buma e si sofferma con lui una decina di minuti a discutere con calma, condendo le parole con sorrisi e pacche sulle spalle. La situazione lentamente torna alla calma, i ragazzi salutano con rispetto Buma e ci lasciano andare, con mio grande sollievo. Non so bene cosa si siano detti "in privato", ma so per certo che il mio rispetto e la mia considerazione per Buma crescono ad ogni viaggio. Sia perché mi ha tolto dalla vista quei cacchio di fucili, sia perché coi suoi modi bruschi e apparentemente antipatici, sta facendo delle grandissime cose per la gente del posto, in questa terra segnata da continue dispute, da continui, quotidiani, scontri, di cui noi non siamo per nulla a conoscenza. 

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