giovedì 3 novembre 2016

In campo a Tel Aviv

A TEL AVIV
Bambini israeliani e bambini profughi, eritrei, filippini, sudanesi: questo il menù dell’allenamento di oggi. Obiettivo: farli giocare insieme e “magari” riuscire a migliorare lo schema motorio della corsa, insegnando loro, a seguire, come condurre palla. Insomma, un sacco di carne al fuoco anche oggi. E tutto in un campetto a cinque, all’interno di una scuola nella periferia sud di tel aviv e in poco più di un’ora, perché prima i bimbi hanno lezione e dopo viene buio e devono rientrare, soprattutto il gruppo “profughi”. Direi bene, quindi. La seduta si realizza abbastanza bene, nonostante i problemi legati ai comportamenti dei bimbi del gruppo profughi: vista la loro storia, viste le loro condizioni di vita, visto tutto quello che hanno alle spalle, il fatto che non riescano a stare attenti per più di tre secondi, che cadano spesso nel conflitto, che reagiscano male ai richiami, lo considero piuttosto normale. Per cui, alternando bastone e carota, richiamando fermamente i bulletti e sostenendoli, gratificandoli quando riescono positivamente nella seduta, le esercitazioni scivolano via positivamente, soprattutto quella situazionale, che diverte e coinvolge sempre un po’ più di tutto il resto. Visto come si stanno allenando e come si stanno divertendo io e il prof aumentiamo le varianti, più motorie che cognitive e, cacchio, arriviamo al momento della partitella che ci è rimasto poco tempo a disposizione. Rubiamo così una decina di minuti ai genitori ebrei in attesa fuori dal campo e alle educatrice degli altri bimbi, per portare a compimento il tutto e riunirli nel finale per una piccola chiacchierata riassuntiva di quanto si è fatto e, presumibilmente, imparato, e al saluto finale con l’urlo Inter Campus, sono soddisfatto di quanto fatto. Anche dell’attenzione di Ema e Yasha, i nostri due mister locali, per la seduta: in fin dei conti sono loro il mio vero obiettivo. Io voglio riuscire ad aiutarli a migliorare il loro modo di essere allenatori e di fare allenamento, nei pochi giorni in cui sono con loro, affinché poi il loro quotidiano lavoro sul campo porti reali e costanti benefici ai bimbi; di certo non è la mia seduta sporadica a raggiungere il grande obiettivo dell’integrazione, proprio di Inter Campus Israele/Palestina. Per cui…bravi ragazzi. Avanti così.
Chiusa la seduta, tocca a noi: ci trasferiamo sul tetto della scuola e scatta un mitico tre contro tre a sfinimento. Io, il prof, Francesco, un ragazzo dell’ambasciata italiana, Giulio e Vincenzo, due ragazzi che stanno realizzando un documentario su inter campus, e Ema, il nostro mister locale, con Yasha pronto a dare il cambio a chiunque ne abbia bisogno. Un’ora, forse anche qualcosa meno, ma…giocare è la cosa più bella!!! E mi serve da matti per conoscere e capire un po’ i “miei” allenatori nel mondo, perchè, come diceva Platone, si può capire più di una persona in un’ora di gioco, che in un anno di conversazioni. E allora…taca la bala!

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