mercoledì 30 novembre 2016

El Festival Inter campus

Il festival finale
Come da tradizione, la settimana di lavoro a l’Havana si conclude con il “festival” di Inter Campus, come lo chiamano qui, ossia con il torneo finale, che vede coinvolti tutti i nostri bambini, oggi sessanta, parte di tre municipi della città, Plaza, Boyero e Playa, tutti tra i sei e gli otto anni e che coinvolge sopratutto i genitori sugli spalti del Pedro Marrero. Come da noi, come in Messico, come in Nicaragua, come in quasi tutto il mondo dove lavoriamo e dove i nostri bimbi hanno i genitori, questi ultimi sono sempre i più scatenati il giorno delle partite. Sarà anche per questo motivo che a me il torneo finale non piace per nulla… non so, fatto sta che durante le partite i bambini si divertono, o almeno così pare, e si entusiasmano per ogni pallone che per caso riescono ad indirizzare verso la porta avversaria, o per qualche dribbling strampalato che è loro riuscito, per cui…che torneo sia. Perché non mi piace il torneo? Perché quando i bambini coinvolti sono così piccoli, qui quasi tutti di sei anni, la partita non è altro che una battaglia tra mille piedini che scalciano contemporaneamente quel povero oggetto sferico, muovendosi come uno sciame di mosche su di una zolletta di zucchero, sperando di riuscire a spostarla da un lato all’altro del campo, risultando così assolutamente, per me, inutile ai fini della formazione, della crescita dei bimbi. Se potessi limiterei le partite a dei confronti 3<3, con campi più ampi che lunghi, sempre con delle porte da “sfondare”, per cercare di essere più efficaci per il nostro obiettivo. E perché non lo faccio? Perchè ci manca il materiale, potrebbe essere già un valido motivo: oggi abbiamo giocato su tre campi, costruendoli con circa cinquanta cinesini e 10 coni, 5 palloni e nessuna casacca, mentre per far giocare contemporaneamente il maggior numero di bambini, in modo da evitare sommosse popolari, dovrei costruire per lo meno 5 campetti (in una situazione come quella di oggi vorrebbe dire 30 giocano e 30 riposano). Ad ora impossibile. E visto che al centro del nostro intervento c’è il bambino e il suo divertimento, finché si diverte a scalciare compagno, terra e se capita pallone, a me può andar bene; sfrutterò le sedute e le farò sfruttare al massimo ai "miei" allenatori, per “allenare” nel senso stretto del termine (sempre in ottica inter campus, tale senso stretto, sia chiaro!).
Quasi due ore di sfide si sono susseguite sul campo della nazionale, sul cui tabellone troneggiava il risultato dell’ultimo incontro disputato (Cuba-Usa 0-2), prima che un nostro nuovo “amico” non venisse a trovarci, per realizzare una foto che rientra nel suo progetto "terzo paradiso. Nuovo amico che è Michelangelo Pistoletto, a me sconosciuto fino a poche ore prima della fine del torneo, ma agli appassionati di arte super conosciuto, col quale ci fermiamo a parlare un po' del nostro intervento, di ciò che riusciamo, proviamo, a combinare nel mondo attraverso il calcio e lui attraverso la sua arte e che si rivela una piacevole, nuova conoscenza.  

Concluso il torneo, una leggera pioggerella ci accompagna all'uscita dello stadio e chiude la nostra missione in terra cubana: vediamo ora da qui a sei mesi cosa succederà...

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