domenica 30 ottobre 2016

we all speak the same language

OGGI, TEL AVIV, GOALTIME…


“We all speak the same language” è uno dei motti di Ghetton, nostro partner su questi campi del mondo e mai come oggi ho visto concretamente, sul terreno di gioco, questa frase prendere forma. 105 bambini riuniti sotto una stessa bandiera, una stessa maglia, la nostra, quella splendida e neroazzurra, provenienti dalle 4 cellule di Inter campus Israele/Palestina; 105 bambini, chi ebreo di tel aviv, chi palestinese del “nostro” villaggio in West Bank, chi profugo etiope, congolese o eritreo, chi ancora gerusalemita, ebreo e mussulmano che fosse, tutti insieme, divisi solo dall’età su quattro campi diversi, dove si sono sfidati in due ore filate di partite. 105 bambini con le loro incomprensibili lingue, ebreo e arabo, cui si aggiungevano francesi e inglesi, più qualche italiano, a seconda delle origini di ciascuno, tutte accantonate per lasciar spazio alla palla, la vera lingua universale, il vero e reale esperanto del nostro mondo. Bello, veramente bello ciò che siamo riusciti a combinare oggi. Non senza momenti di tensione e problemi vari, chiaramente, come ad esempio quando il responsabile dei bambini di Deir Istia ha minacciato di portare via i bambini, perché in un paio di squadre c’erano bimbetto con la kippah in testa; o ancora quando una mamma ha protestato perché era troppo tardi e lei avrebbe dovuto portare via il figlio a causa dell’incombenza dello Shabbat; ma tutto è rientrato, tutto si è risolto, ancora una volta grazie…alla palla, alle partite, al divertimento che solo quell’oggetto sferico può scatenare in bimbi e adulti. E quindi ha vinto la voglia di giocare, di stare insieme, anche se diversi, lontani e non troppo amici e anche se, magari, questo incontro avviene solo nelle occasioni in cui inter campus li “costringe”, ma nonostante tutto capaci oggi di abbracciarsi dopo un gol, dopo una bella vittoria, o anche solo alla fine di una partita, perché si sono divertiti. Certo, anche questa volta, non tutti, perché non siamo nel mondo delle favole e sarebbe sciocco, ipocrita, oltreché falso, dire che oggi tutti sono andati d’accordo e ha vinto l’integrazione, però a noi bastano anche quei pochi gesti, a noi basta vedere che qualcosa può cambiare calcando lo stesso campo, a noi basta anche solo instillare il dubbio nelle menti di questi bimbi, cui tutti hanno sempre detto che al di la del muro ci sono i nemici, coi quali non si deve avere nulla a che fare. Non sono scemo, non credo che facendo giocare bambini dell’una e dell’altra parte risolveremo i problemi decennali di questa terra martoriata, ma mi piace pensare che forse in futuro i “nostri” bambini, una volta adulti e con figli, avranno un approccio diverso nei confronti del “vicino”.

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