venerdì 14 ottobre 2016

Columbus day

Columbus day
Oggi è il 12 Ottobre, un giorno di festeggiamenti in Spagna e di commemorazioni in molti paesi delle Americhe, per ricordare quando nel 1492 Cristoforo Colombo arrivò nel Nuovo Mondo, chi con feste, chi con manifestazioni di protesta.
Se infatti in Spagna è festa nazionale e si chiama Día de la Hispanidad, in molti paesi centro e sudamericani è una data celebrata per rivendicare i diritti dei popoli indigeni, schiacciati, massacrati proprio a causa di quell’invasione e viene chiamato “Día de la Raza” (giorno della razza), “Día de las Culturas” (giorno delle culture) e “Día de la Resistencia Indígena” (giorno della resistenza indigena).
I messicani portano fiori ai piedi del monumento alla razza situato a Città del Messico e, tra canti e balli, mentre gli indigeni alzano le loro voci nella Piazza dello Zocalo;
in Costarica, è chiamato il Día de las Culturas e con un carnevale si festeggia l’unione della cultura spagnola, indigena e afro-caraibica; i colombiani festeggiano questo giorno nelle scuole, dove con delle opere teatrali rappresentano il significato che questo giorno ha avuto per la storia; in Argentina, nel 1917 il 12 ottobre è stato stabilito come giorno della riaffermazione dell’identità ispanoamericana di fronte agli Stati Uniti, ma le comunità aborigene hanno denunciato il massacro delle comunità indigene e il giorno della razza è diventato così il Día della Resistencia de los Pueblos Originarios (giorno della resistenza dei popoli originari); in Bolivia si chiama “giorno della decolonizzazione” e infine qui, in Venezuela, dal 2002 Hugo Chávez e Samuel Moncada (all’epoca ministro dell’istruzione superiore) hanno deciso di ricordare questa data come il Día de la Resistencia Indígena, perché non lo considerano come la data di una scoperta, ma come la commemorazione della resistenza aborigena contro l’invasione spagnola.
Insomma, lo si chiami come si vuole, lo si viva come meglio si crede, quel lontano 12 ottobre ha segnato in ogni caso la storia dell’umanità, per noi europei positivamente, per gli indigeni delle americhe un po’ meno, visto che da quel giorno prese il via il più feroce eccidio della storia dell’umanità. Nei decenni 1491-1550 infatti, per effetto delle malattie tra l’80% e il 95% della popolazione indigena delle Americhe perse la vita: un decimo dell’intera popolazione mondiale di allora (500 milioni circa). La prima malattia nel Nuovo Mondo, causata da un germe dell’influenza dei suini, nel 1493 a Santo Domingo, annientò la popolazione: da 1.100.000 a 10.000 abitanti.
Poi il vaiolo, che destabilizzò l’impero Inca favorendo la campagna di conquista di Francisco Pizarro e il massacro della popolazione. E dopo ancora il morbillo e le epidemie che giungevano dall’Africa insieme ai nuovi schiavi. E ancora, alla ricerca di oro, bruciavano villaggi sterminando le intere popolazioni e facendo prigionieri e schiavi. Infine, dove non uccisero le malattie, lo fecero le armi, la schiavitù, la deportazione, i lavori forzati e la fame.
Oggi si contano più di 800 popolazioni indigene, per una popolazione di circa ai 45 milioni di persone dove i governi progressisti riconoscono i loro diritti. Riconoscono…diritti…insomma, anche qui, oltreché in Africa, mi sento fuori luogo.

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